
Le storie superbe . SPECIALE QUARANTENA . SUPERBIA
Teresina e la “terza ondata” dù virus
In 9 Aprile 2021 da Redazione Seven Blogdi Caterina Levato
Teresina, approfittando della bella giornata, era uscita per fare la spesa. La mascherina le dava un poco di fastidio, che la faceva respirava a fatica, però era necessaria e, quando stava fuori, non se la toglieva mai, manco per prendere nu pic d’ fiato.
Al mercato della frutta, aveva incrociato Nannina che, preoccupata, si era fermata a parlare, mantenendosi ad una certa distanza.
La madre si era presa il raffreddore e tosse forte e febbre, e ora, pareva che stava meglio, ma la badante non sentiva né puzza e né sapore. Che giubillero in casa, perciò stavano facendo il tampone, e aspettavano la grazia dalla Madonna. Teresina, dopo aver ascoltato bene bene il fatto, aveva cercato di tranquillizzare Nannina, le aveva detto di salutare la commara, che sperava che guariva presto.
Finita la spesa, le toccava andare dal medico per le pillole della pressione, che la segretaria era un poco pasticciona, e ci dovevi stare dietro quando scriveva una medicina, che quella, a sbagliare, era pratica assai.
Allo studio del dottore, Teresina, era arrivata con l’affanno, un poco per le buste, che erano pesanti, e un poco per il caldo, che si faceva sentire e, pure, per quella benedetta mascherina. Sulla porta stava, appoggiato alla stampella, m’ba Nestin, che era fatto grosso assai e la occupava tutta, ma quando vide arrivare Teresina, il compare si fece da parte, e le disse:
– Passa, passa, Teresina.
Teresina, che non voleva passare avanti, gli rispose di rimando:
– Tranquillo m’ba Nestin, aspetto il turno mio.
– E che turno e turno, io non sto nel turno. Sta mia nipote dentro al dottore.
– So’ tempi brutti assai – rispose Teresina – e la commara è sempre nel letto?
– E che per questo che sto qua, che quella poveretta tiene diritto al vaccino a casa, ma aspetta aspetta… Mo speriamo che la ragazza ci capisce qualche cosa.
Nella fila stava pure Carmela che la mamma teneva la malattia. Per fare un favore, era andata a casa di Antonietta a fare ‘na siring e ora teneva febbre e tosse. Tutto p’ na puntura che aveva fatto… e che cappr, vai per fare il bene e invece…
E poi era morta la cognata di Francesco delle bombole, e stava grave pure un ragazzo giovane, che non si capiva a chi appartenesse…
Insomma mezzo paese si trovava nei guai grossi. A Teresina si torceva lo stomaco a sentire quei fatti brutti, che arrivavano veloci come il vento, quando soffia la tramontana. Ma la fila è fatta così, per far passare il tempo, ognuno apre la bocca per dire qualcosa.
Finito il servizio, era tornata di corsa a casa, piena di sconforto. Aveva poggiato per terra le buste e senza togliersi il cappotto e nemmeno la mascherina, si era seduta alla poltrona. Il gatto la guardava fisso, visto che, entrando, manco una carezza gli aveva fatto.
Teresina pensava e si guardava intorno: casa sua era netta netta, lavata con l’acqua e l’ammoniaca e tutto pareva normale, come se fuori non stesse soffiando la bufera. Con tanti problemi che già stavano, s’era messo pure u virùs, che si stava portando via conoscenti e amici, e il dolore, che teneva dentro, lo poteva sapere solo lei.
Tutto l’inverno era stato triste assai. Ora chiusi e ora un poco aperti, ora arancioni e ora rossi, poi nu pic gialli. Alla fine tra apri e chiudi, chiudi e apri, non si capiva più niente, e la malattia camminava, e prendeva pure tanti giovani, variante inglese, si diceva.
Finito il tempo delle trasmissioni belle, Teresina cercava il telegiornale, ma poi si stancava; le veniva la tristezza, spegneva tutto, e accarezzava il gatto. Il problema grosso era il fatto che, al contrario du virùs, il vaccino camminava troppo piano e non si prenotava facile facile, ci voleva internèt, che pare una brutta parola, ma era solo una cosa un po’ difficile da capire, ma ancora più difficile da usare, specie per i vecchi come lei. Per fortuna, lei, si era prenotata alla farmacia, che quella bella ragazza bionda, gentile gentile, aveva fatto tutto.
Insomma gira e volta, Teresina era triste assai. Teneva quel dolore forte per quei poveretti che stavano malati e pativano le pene dell’inferno, e una preghiera non bastava ad aiutarli.
Il gatto, per farsi notare, le si strusciava vicino alle gambe e Teresina voleva essere come lui, che quando sente un pericolo si mette nell’angolino e aspetta, quatto quatto, il momento giusto per scappare.
Finalmente, si alzò, si tolse il cappotto, che teneva ancora addosso, e la mascherina, che s’era dimenticata pure quella, e iniziò a mettere a posto le cose della spesa. Solo allora si accorse che il gatto la guardava strano. Gli allungò una carezza sulla pelliccia nera nera, mentre il sole entrava dalla porta di dietro, era un raggio tanto bello che faceva ballare la polverina fina fina, sembrava la brillantina di Natale. Sorrise Teresina, che le cose sue stavano tutte al posto loro. E sì! teneva il cuore grosso, ma intanto tutti speravano che con il vaccino e con quel fatto del gregge e delle pecore, che ancora non riusciva a capire bene bene, u virùs se ne doveva andare, così come era successo all’Asiatica, che quella, proprio lei, se l’era presa, più di sessant’anni prima.
Nel piccolo giardino stava sfiorendo la mimosa e, sotto il tronco, su cui il gatto si era rifatto le unghie, s’era raccolto un tappeto di palline gialle. La primavera, tutta profumi e fiori, era arrivata rapida e ignara e, come sempre, puntuale.
Il primo racconto dedicato a Teresina lo trovi qui
Il secondo racconto dedicato a Teresina lo trovi qui
Il terzo racconto dedicato a Teresina lo trovi qui
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