IRA . Racconti da Kepler
Gli 80 di Cinecittà
In 28 Aprile 2017 da Il ViaggiatoreVi ho lasciato a Parigi per la Tour Eiffel e oggi sono a Roma, in questo gradevole mercoledì pomeriggio. È il 28 aprile 1937 e l’Italia è in piena dittatura fascista. Da un anno e diventata Impero, come ha annunciato Benito Mussolini dal balcone di Piazza Venezia, in quanto il Negus è scappato dall’Abissinia. L’aria primaverile si mescola a quella della guerra che si avvicina, complice un alleato come Adolf Hitler che tra non molto cercherà di conquistare il mondo e con il quale il 23 ottobre scorso è stato siglato l’Asse Roma-Berlino. I totalitarismi, a prescindere dal giudizio morale e personale che ognuno può dare, rappresentano casi di studio interessanti, alla luce anche delle motivazioni sociali e sociologiche dalle quali traggono origine e sviluppano terreno fertile ove conquistare interi sistemi politici.
Ma non sono qui per parlare di politica, perché sono in via Tuscolana per raccontarvi storie di cinema, dell’inaugurazione di Cinecittà. Roma è una città tranquilla e quando non lo è lo nasconde bene, perché non si può parlare e dire nulla: tutto funziona, tutto è perfetto. Mussolini, al quale certamente non difetta la capacità comunicativa, voleva competere anche nel cinema, entrando in competizione, almeno nelle intenzioni retoriche, con Hollywood (nel 1932 ha creato il Festival del cinema di Venezia) ma pure con gli “amici” tedeschi o i francesi e ha dato la sua benedizione a quest’opera, altro motivo di vanto del Regime, un centro di produzione cinematografica proposto subito dopo l’incendio della Cines, che era la fabbrica precedente, più piccina e non così trionfale. “Il tutto in 457 giorni”, mi diceva questa mattina il barista mentre mi serviva un orribile caffè in via Veneto. L’Italia domina nel calcio, è campione del mondo e Olimpico in carica e si appresta a concedersi il bis nella Rimet, l’anno prossimo, ambisce a essere una potenza mondiale e affronta l’embargo più formale che sostanziale e ha una propaganda che funziona, e pure bene, anche per far digerire l’autarchia: manifesti, radio, simboli e orgoglio nazionale ritrovato sui fasti degli antichi romani. Radio, già, ho scoperto che costa quasi 1000 lire, più o dello stipendio di un dirigente con la laurea e quattro volte quello di un operaio. La fragilità del regime salterà fuori con l’ingresso in guerra ma oggi poco mi importa. Osservo gli italiani di questi anni, in particolare i borghesi: qualcuno guida una Lancia Astura, qualcuno la 508s Balilla o la macchina del momento: la FIAT 500 Topolino. Un garzone che usciva per le consegne della drogheria canticchia Anna del Trio Lescano:
Anna…
l’ultimo sogno sei tu,
Anna…
l’ultimo sogno e poi più.
Credi
non posso amare che te
credi
tu sei la vita per me.
T’amo;
tu m’hai rubato il cuor.
ma va per la maggiore anche Pippo Barzizza: le canzoni si ispirano allo swing e lo sono soprattutto quelle di un certo Natalino Otto, un precursore del genere per l’Italia e che è appena rientrato dagli Stati Uniti anche se la sua Saint Louis Blues è stata tradotta Le tristezze di San Luigi e l’EIAR, l’ente radiofonico di Stato, non manda in onda le sue canzoni perché è
una barbara antimusica negra
La traduzione letterale fa ridere ma le parole estere sono bandite, quindi si mangiano solo tramezzini e il tennis è diventato pallacorda, manco fossimo nell’Ancien Regime, per non parlare del maglione di cachemire che ho visto in vetrina come “maglione di casimiro“. Del resto pure il calcio ha visto rivoluzionata tutta la terminologia e il traversone ha sostituito il cross, altro che le sciabolate moderne! A proposito, il Bologna vincerà il campionato sulla Lazio, squadra del regime, e il Torino.
Proprio quest’anno viene abolita la stretta di mano, perché non è igienica e nemmeno virile e il saluto sarà solo quello romano. Teoricamente non ci si può dare più nemmeno del lei ma del tu o del voi, come mi ha ribadito in tono deciso questa mattina dopo il mio incauto: “Quanto le devo per la camera?”.
Al cinema gli spettatori si struggono per i filmo, non film, di Marlene Dietrich, Luisa Ferida, Doris Duranti, Alida Valli, Vittorio de Sica, Fosco Giachetti, Amedeo Nazzari, Gino Cervi e ridono con Totò e Macario. Stanno per imporsi Vittoria Carpi e Clara Calamai, che nel 1941 si contenderanno il primo seno nudo della storia del cinema italiano. I registi, che spaziano dal bellico al romantico dei “telefoni bianchi” sono tra gli altri Alessandro Blasetti e Carmine Garrone. Alcuni dei più giovani saranno poi i protagonisti del Neorealismo, il vero rilancio del nostro cinema, in grado di tornare a essere genere apprezzato nel mondo.
Torno a parlarvi di questo centro mentre mi guardo attorno per studiare le espressioni e i commenti, tutti favorevoli, da parte dei presenti: quattro ingressi e un centro all’avanguardia con 21 teatri di posa: lo hanno progettato l’architetto Gino Peressutti e l’Ingegnere e Onorevole Carlo Roncoroni, quest’ultimo nominato a capo della Società Cinecittà, istituita il 29 gennaio 1935 a Palazzo Torlonia. Lo Stato ha contribuito con 4 milioni di lire, il resto è capitale privato. La soddisfazione è grande e la macchina celebrativa è in moto. Sono nel viale principale, dove leggo striscioni inneggianti il Duce, bandiere italiane e fasci littori, in prossimità dell’ingresso da dove entrerà Benito Mussolini che passeggerà, si dice a partire dalle 17.00, tra la folla festosa insieme all’ambasciatore Giacomo Paulucci de’ Calboli, che è pure il Presidente dell’Istituto Luce, la società che crea i cinegiornali del fascismo. E così attori, sceneggiatori, maestranze, figli della lupa, gioventù del Littorio, grande seguito di gerarchi e camicie nere a cui si aggiunge una parte del bel mondo romano che non poteva mancare all’evento celebreranno quella che verrà chiamata l’Hollywood sul Tevere.
La giornata di Mussolini, scriveranno i giornali domani, è stata impegnativa: prima una visita nella zona di Palidoro, tra Fregene e Ladispoli, che è stata bonificata ed è stata scelta per ospitare l’Esposizione universale del 1941 che non si terrà mai per lo scoppio della seconda guerra mondiale. L’incontro con i rurali della zona evidenziano l’incontro del dittatore con il suo popolo e annunciano un’opera grandiosa per sottolineare la grandezza italiana. Poi qui, per questa inaugurazione. La banda inizia a intonare Giovinezza ed eccolo spuntare con al fianco ambasciatore e Roncoroni. La folla presente acclama Mussolini che passa in rassegna prima gli artisti poi le maestranze e si incammina per visitare qualche padiglione. Nel numero 6 lo attende il figlio Vittorio che è sceneggiatore con la moglie Orsola, perché sono in corso di ultimazione le riprese di un colossal, Luciano Serra pilota con Amedeo Nazzari. Il film, vincerà a Venezia la Coppa Mussolini. A celebrare la presenza illustre, l’Orchestra del Teatro reale dell’opera esegue il tema principale del film. Nel numero 9 ha assistito alla realizzazione di una scena de Il feroce Saladino di Mario Bonnard che ha nel cast Alida Valli.
La visita si conclude con Mussolini che sale sul terrazzo di un edificio per salutare ancora una volta la folla che dal piazzale lo acclama nel miglior stile dei regimi dittatoriali. Il 28 aprile per Benito Mussolini sarà una data fatidica: tra 8 anni, infatti, verrà fucilato a Giulino di Mezzegra mentre tenterà la fuga verso la Svizzera. Ho preferito essere qui, dove si parlava di cinema e arte, seppur al momento sotto il controllo di un regime autoritario.
Alla prossima!
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