
Le storie superbe . SUPERBIA
Lettera a…
In 28 Novembre 2021 da Caterina Levato
Caterina Levato
Mio amato,
sono in treno e da qui ti scrivo, è giunto il momento di raccontarti quello che non ho mai saputo dirti.
Non avevo ancora vent’anni quando lasciai il mio paese con la promessa di un matrimonio, ma, appena messo piede in città, compresi che era stato tutto un inganno: venduta per pochi soldi mi attendeva la strada.
Avevo il mio angolo in una viuccia di periferia; un ombrellino mi difendeva dai raggi del sole o dalla pioggia. Stavo lì, seduta, in attesa di un cliente, e leggevo. Alcuni si fermavano da me attirati dall’idea che su quella strada ci fosse “una” che leggeva romanzi. Altri mi cercavano illudendosi che scegliere me equivalesse a qualcosa di più di un amore a ore. La prima parola che mi veniva rivolta era sempre la stessa: quanto?
A volte mi immedesimavo nei personaggi dei miei romanzi. C’era chi rideva e mi assecondava, pensando quasi a un gioco perverso, e chi tentava la fuga, ma non potevo permettere che il cliente fuggisse e tornavo a essere accondiscendente, così come deve esserlo una brava puttana.
Mi sentivo me stessa solo nel giardino dietro casa. Chiudevo le porte al mondo e, sulle pagine dei miei libri, vivevo di fantasia e, senza accorgermene presi a comporre poesie.
Un giorno di maggio, mentre un profumo di rose si propagava nell’aria, fui presa dalla smania di fuggire. Mi alzai di corsa dalla sedia scalcinata, raccolsi quattro cose e fuggii.
Salii sul primo treno, scesi alla seconda fermata, e risalii su un altro treno, cambiavo direzione ogni volta mi fosse possibile. Non guardavo nessuno, non mi fermavo a parlare con la gente, avevo solo bisogno di un altro biglietto e di un altro treno. Raccoglievo pochi spiccioli di elemosina e scivolavo via, invisibile come un’ombra pur di non lasciare traccia.
Finalmente arrivai in una città che non avevo mai sentito nominare, tanto grande da farmi sentire sicura, così quanto può esserlo un chicco di sabbia tra milioni di altri chicchi. Come ci fossi arrivata non so raccontarlo, ma potrei parlare della fame, della stanchezza, della paura, della rabbia e dell’angoscia, sono quelle le uniche cose che ricordo.
In quella città imparai una fatica nuova e diversa: il brivido terribile della libertà quando si è veramente soli. Con me avevo ancora il mio quaderno di poesie, unico legame tra ciò che ero stata e ciò che stavo cercando di diventare.
Riuscii a trovare un lavoro, mi bastava appena per vivere, ma era un nuovo inizio e quando mi sentii un po’ più sicura, iniziai a frequentare la biblioteca. Seduta in quella sala ripresi a scrivere. Parlavo poco, ma leggevo molto e scrivevo tanto.
Un giorno, sebbene fossi più simile a una gatta selvaggia che a una donna, un giovane, seduto al tavolo vicino ebbe il coraggio di presentarsi. Si chiamava Fulvio, studiava l’origine delle comete e stava scrivendo un saggio che presto sarebbe stato pubblicato su di una importante rivista scientifica.
Gli risposi con timidezza e diffidenza, ma poi presi ad ascoltarlo con molta attenzione. Che mondo fantastico era quello delle comete, sorvolavo sui dati scientifici e immaginavo gli spazi interstellari, i pianeti, gli infiniti mondi possibili.
Prendemmo l’abitudine di ritrovarci in biblioteca e l’abitudine divenne necessità tanto che Fulvio mi chiese di andare a vivere con lui.
Fui presa dal panico e da una paura folle. Mi bastava un’amicizia, non volevo di più. Decisi che gli avrei raccontato della mia vita; speravo che si allontanasse da me, ma così non fu.
In quella biblioteca, tra gli occhi stupiti di studiosi e lettori, Fulvio si protese sulla scrivania, mi prese il mento tra le mani e avvicinò le sue labbra alle mie. Fu un bacio leggero, un tocco rapido e sincero e, per la prima volta, provai dentro di me l’emozione profonda di un amore, di un bacio vero e non pagato.
Questa, però, non è la sola verità, ce n’è un’altra più difficile da raccontare, ora sei un uomo e devi sapere. Ho amato Fulvio e lui ha amato te, ma lui non è tuo padre. Non ti spedirò questa lettera, te la darò a mano perché la vita va affrontata sempre a testa alta.
Stiamo progettando una rivista letteraria per aiutare le nuove voci a emergere. Abbiamo sempre la stessa vision: diffondere cultura e talento.
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Bellissimo racconto,dove risalta la forza,la voglia di libertà e l’amore di una donna coraggiosa!!!Complimenti Caterina!!!