Le interviste superbe . SUPERBIA
Luisa Scarlata – I vizi dell’advertising
In 13 Settembre 2015 da Fabio MuzzioLuisa Scarlata vive tra New York e Barcellona: oggi è copywriter e direttore creativo di BadShark, agenzia fondata con Marco Lisci.
Appassionata di serie tv, suona l’armonica, il piano, canta e da sempre scrive articoli, racconti e poesie. So che non è mai stata tenera con il mondo dell’advertising e ho trovato interessante proporle sette domande.
Veloce e-mail e pronta risposta da Barcellona: “Vorresti parlare di Advertising? Guarda che per me corrisponde all’ira!”.
“Non avevo dubbi” è stata la mia risposta, e le ho girato subito le sette domande che condivido con voi.
1. Perché se ti parlo di advertising me l’associ all’ira?
Dunque… quest’anno, dopo sette lunghe stagioni, si è chiusa la magistrale serie tv americana “Mad-Men” dedicata appunto al mondo dell’advertising (ma gli italiani, almeno i pubblicitari, l’avranno vista?). Ecco, quello che penso – per esperienza personale – è che quel mondo lì è finito già parecchi anni fa, direi agli inizi del 2000, più o meno. Io ho avuto la grandissima fortuna di viverne la coda, ma le nuove generazioni di pubblicitari italiani, tristemente, non sanno neppure che è esistito (ed è proprio a loro, in particolare, che consiglio il serial targato AMC). Parlo di un mondo in cui se ogni volta che scrivevi una headline non pensavi di voler vincere un leone d’oro a Cannes allora non ti facevano neppure entrare dalla porta di un’agenzia di pubblicità. Di un tempo in cui presentavi, recitandoli, i tuoi comunicati radio alle 3 del mattino come se nulla fosse, in cui partecipare, in giugno, al Festival di Cannes era un sogno che si avvera, un onore, non di certo un vezzo o uno spreco. La serie tv di Matthew Weiner quest’atmosfera qui (magari con un po’ di alcool e di maschilismo in meno, ma mica poi tanto), la racconta assai meglio di come posso farlo io in poche righe. Però ti assicuro che è bello, per me, poter dire di averla vissuta sul serio, tanto quanto fa rabbia dover ammettere senza mezzi termini che non esiste più.
2. Italia, Spagna e USA: a quale vizio capitale assoceresti questi tre Paesi?
In Italia vincono senz’altro la superbia e l’invidia. Negli USA direi metaforicamente la gola e la lussuria. La Spagna è talmente bonacciona che è difficile parlarne male. Se costretta direi che ogni tanto, per la lentezza, pecca di accidia.
3. L’ultima volta che guardando uno spot hai esclamato: “Wow!”.
Di recente, l’ultima volta che ho ri-esclamato “Wow” è stato ri-vedendo il primo, indimenticabile, rivoluzionario spot tv della Apple (Macintosh 1984), quello in cui delle persone tutte uguali si muovono come degli automi. Una sorta di prequel del geniale pay-off “Think Different” coniato poi negli anni ’90. Davvero bizzarro – tra l’altro – tale spot rivisto adesso, perché di questi tempi a sembrare tutti uguali sono proprio i consumatori Apple con i loro iPod, iPad, iPhone, iWatch. Anzi, con buona pace di Steve Jobs, direi proprio che oggi lo slogan “Think Different” potrebbe tranquillamente essere usato in maniera provocatoria da un competitor della casa di Cupertino. Ops. Ho regalato un’idea a qualcuno?
4. Il politicamente scorretto creativo che si vede, soprattutto nel web, è reale o si tratta di una maschera del conformismo?
Per il 90%, la seconda che hai detto.
5. Ci regali qualche verso creativo, degno di Seven e che hai scritto nel corso di questi anni?
Degno di Seven? Beh, allora scelgo senz’altro la campagna radio per i negozi di tappeti persiani Zinouzi. Bisognava trovare qualcosa di forte per dire che gli storici punti vendita di Roma liquidavano tutto per cessata attività. Ci inventammo che il povero Signor Zinouzi aveva deciso di chiudere bottega perché non ne poteva più della sua vita: negli innumerevoli comunicati radio, confessava infatti di essere cresciuto fin da neonato a suon di torture (un esempio? Il piccolo Zinouzi aveva dei fratellini: loro potevano dormire nel letto ma lui doveva dormire su un tappeto persiano) e schiaffoni da parte della madre. Questi ultimi, poi, si sentivano davvero! Tutti i comunicati, in effetti, chiudevano proprio così: con un roboante, sonoro ceffone! Ricordo che fu un grande successo ma anche un bel pasticcio: in agenzia (la allora Reggio Del Bravo) chiamarono delle madri imbestialite che volevano denunciarci per istigazione alla violenza.
6. Siamo un blog irriverente: qual è il tuo rapporto con i sette vizi capitali?
Naturalmente non ne sono affatto immune. Quello che detesto di più però è l’invidia, mi salvo abbastanza dalla gola ma il mio preferito è…l’ira, ovviamente! Scherzi a parte, fra tutti sono fermamente convinta che sia il sentimento negativo più utile. Serve a reagire e, soprattutto, ad indignarsi.
7. La tua prossima frontiera è il “code-writing”: ce lo spieghi?
“Datemi qualcosa da scrivere e io sono contenta” – è quello che dico da sempre. Fino ad oggi sono state parole, adesso però sto imparando a scrivere anche codice, CSS e HTML. Lo scopo è quello di poter lavorare – oltre che come copywriter – anche in veste di Front-End Developer. I veri “Mad Man” – adesso – stanno da quelle parti, proprio dove voglio tornare anch’io.
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