Le opinioni superbe . SUPERBIA
Sette scene di ballo in film in cui non si balla
In 21 Gennaio 2024 da Fabio MuzzioFacile parlare di film tutti ballo e musical, con canzoni famose e intramontabili, passi di danza imitati e che magari finiscono pure negli spot pubblicitari: ma le pellicole dove si balla ma il genere è un altro?
Ne ho scelte sette come sempre in modo personale e soprattutto opinabile con una certezza: le scene di ballo sono tutte entrate nella storia del grande schermo.
Franz, Odile e Arthur al Madison Café
Quando ho pensato a questa OpinioneSuperba la Divine Comtesse è subito intervenuta ricordandomi la Nouvelle Vague e il suo adorato Jean-Luc Godard. “Mon chou chou, prendi il ballo di Band à part“. E allora, pur rivendicando la scelta tanto personale quanto opinabile della mia premessa introduttiva, devo accreditare a lei il prezioso suggerimento.
Girato in un solo mese, dal 17 febbraio al 17 marzo 1964, Band à part (uscito in Italia anche con il titolo di Separato magnetico) è una pellicola a basso costo e di culto, connubio frequente per il grande schermo. Di culto e molto di nicchia, nel quale Anna Karina, in quel momento moglie (la prima delle tre) e musa di Godard con cui ha girato sette film, torna davanti alla macchina da presa subito dopo due tentativi di suicidio risalenti alla fine del 1963.
Il film è bianco e nero, in formato 1.37:1 non può che avere un ambientazione parigina e racconta due giovani (Franz e Arthur, rispettivamente Sami Frey e Claude Brasseur) che girano per le strade della capitale francese con la loro Simca e si rivelano poco propensi al lavoro e piuttosto dediti a vivere di espedienti se non di furti. I due, a un corso, conoscono una ragazza, Odile e se ne innamorano. L’opportunità di un furto dai soldi facile, propiziato casualmente proprio dalla ragazza, poi convinta a esserne l’aiuto indispensabile, porterà alle conseguenze tragiche e a una fuga in Sudamerica per alcuni dei protagonisti. Perché ho limitato la sinossi? Mi è stato imposto dalla Divine: “Il film è di dominio pubblico, consigliane la visione“. E io obbedisco.
La scena del ballo al Madison Café rappresenta una delle tre scene iconiche del film: la prima è nei titoli di testa con la sequenza sui tre protagonisti, la seconda è la corsa nei saloni del Louvre, che Bernardo Bertolucci citerà in The Dreamers e, appunto quella del ballo.
A proposito di citazioni il ballo, che Odile inizia con Franz e al quale si aggiunge Arthur, sarebbe stato ripreso anche da Quentin Tarantino, altro grande cultore del cinema europeo e in particolare di quello francese, per la scena al Jack Rabbit’s Slim in Pulp Fiction, dove Mia Wallace, dopo aver ordinato, tra gli altri lo shake Martin e Lewis, si esibisce con Vincent Vega. Considerazione personale: se la corsa al Louvre è praticamente simile in The Dreamers, il ballo è totalmente diverso anche nei passi in Band à part: tuttavia i critici sottolineano questa cosa per la quale sono parzialmente d’accordo.
Ultima curiosità: Godard è la voce narrante del film, scena del ballo compresa.
Band à part ballo
Il ballo improvvisato di Ben e Kid
La coppia Bud Spencer e Terence Hill ha segnato come poche, sia per i successi che per longevità, il cinema italiano. Nel 1974 esce il film che, con tutta probabilità insieme ai due “Trinità“, rimane il più famoso e di culto: si tratta di Altrimenti ci arrabbiamo che, curiosamente, venne all’epoca etichettato dalla critica come un film senza troppe “invenzioni”. A distanza di anni tra il killer infallibile Paganini, il coro dei pompieri, la sfida birra e salsicce, la dune buggy “rossa con la cappottina gialla” e la lunga scena del ballo dalla musica che difficilmente qualcuno non ricorda, lo hanno trasformato in una pellicola memorabile ricca di citazioni.
Il film risulterà il più visto del 1974, davanti a La stangata, Papillon, Sessomatto, Il mio nome è nessuno, sempre con Hill e un altro culto, Piedone lo sbirro con Spencer, e potrà fregiarsi di un incasso di quasi sei milardi e mezzo e oltre undici milioni di spettatori.
Come è risaputo tutto ruota su una dune buggy vinta, contesa, distrutta e nuovamente richiesta da Ben (Spencer) e Kid (Hill) al cattivo della città, il Boss interpretato da John Sharp e consigliato di essere cattivo e di non cedere dal Dottore, che parla con accento tedesco ed è interpretato da Donald Pleasence, attore famoso per i ruoli ne La grande fuga negli anni successivi ne La notte dell’aquila e 1997 fuga da New York dove è il Presidente degli Stati Uniti che Jena Plissken deve liberare. Curiosità: sia Sharp che Pleaseance sono stati doppiati dal grande Oreste Lionello; la coppia Spencer-Hill si avvale invece ancora delle voci di Glauco Onorato e Pino Locchi.
La scena del ballo, che dura tre minuti, rimane uno dei momenti più divertenti, con ballerini professionisti che creano la coreografia, con il mitico pugno del cambio partner e con Attila, il guardiaspalla del Boss, che finisce a fare il trenino invece di occuparsi dei due scocciatori abili a liberarsene; la stessa “arena” diventa poi il luogo della rissa con i palloncini che coprono il pavimento (e probabilmente i materassi per le cadute) e dove Terence Hill ha finito comunque con il rimediare una pancata vera con tanto di infortunio.
Il remake del 2022 merita meno di una riga.
Altrimenti ci arrabbiamo- Scena del ballo
La Giga di Joe Hallenbeck
Se esco vivo da questa storia, giuro che mi metto a ballare una Giga.
Gli anni d’oro di Bruce Willis, passato dali ruoli commedia a quelli di azione contemplano anche L’ultimo boyscout del 1991. Il film, diretto da Tony Scott, viene ricordato anche per le numerose citazioni che gli appassionati ricordano bene, tra cui quella dei pantaloni di pelle da 650 dollari o “in alto o in basso”.
La trama vive sulla coppia Joseph Cornelius ‘Joe’ Hallenbeck (Willis) e Jimmy Dix (Damon Wayans che ritroveremo in anni più recenti nella serie tv ispirata ai cult movie Arma Letale): il primo ex grande guardia del corpo che aveva salvato anche il Presidente Jimmy Carter ma poi era stato messo da parte per aver picchiato un Senatore troppo violento con una escort, si ritrova a fare l’investigatore privato bevendo troppo, fumando troppo e trascurando soprattutto la moglie; il secondo un ex giocatore di football americano, che tra doping e droghe per il dolore della morte di moglie che aspettava un bambino, si ritrova disoccupato e fuori dal giro.
La coppia si contraddistingue per inseguimenti, voli dai viadotti, molte botte prese e date per fermare il cattivo delle scommesse clandestine.
La mia pigrizia nel proseguire sul raccontare la trama oscilla dal “lo avrete visto” al”ma come, non lo avete ancora fatto?” per cui aggiungo ancora qualcosa: intanto la presenza di una quasi sconosciuta Halle Berry che, come ballerina di lapdance lascia il segno in chi guarda la pellicola; poi l’eccessiva violenza di alcune scene, caratteristica di Tony Scott e infine il lieto fine con i buoni che trionfano, perdonano e trovano una strada per il futuro.
E così, quasi alla fine e a conclusione del confronto con il braccio destro del cattivo, Joe si mette a ballare, davanti a tutto lo stadio e illuminato dai riflettori, la Giga: questo ballo si dice abbia origini britanniche, forse inglesi, forse scozzesi, forse irlandesi. Ne parla anche William Shakespeare nella commedia romantica “Molto rumore per nulla” del 1598 ed ecco come la descrive Beatrice nel secondo atto.
For hear me, Hero, wooing, wedding, and repenting is as a Scotch jig, a measure, and a cinquepace.
The first suit is hot and hasty like a Scotch jig, and full as fantastical;
the wedding, mannerly modest as a measure, full of state and ancientry;
and then comes repentance, and with his bad legs falls into the cinquepace faster and faster till he sink into his grave.Perché credimi, Ero: corteggiamento, matrimonio e pentimento sono come una giga scozzese, un passo lento e un cinque passi. Il corteggiamento è caldo e svelto come una giga scozzese, e come quella pieno di fantasia; il matrimonio è manieroso-impettito come un passo lento, pieno di pompa e vetustà; e poi viene il pentimento e, con le sue gambe indolenzite, attacca il cinquepassi e va sempre più svelto, sempre più svelto sino a un passo dalla tomba.
L'ultimo BoyScout - Il ballo di Joe
Nanni, Anna e El Negro Zumbón
Nel 1993 Nanni Moretti firma e interpreta Caro Diario e l’anno successivo ottiene il premio per la regia al Festival di Cannes.
Suddiviso in tre capitoli, Vespa, Isole, Medici è una sorta di viaggio: il primo nella Roma del 15 agosto, tra monumenti, incontri (tra cui Jennifer Beals), cinema, riflessioni sulla politica e che culminano con il luogo in cui venne ucciso Pier Paolo Pasolini. Lo “splendido quarantenne” come si è definito al contrario dei coetanei invecchiati male e comunisti da giovani e borghesi in età matura, prosegue con le isole, il viaggio vero e proprio con l’amico poeta, con la grande passione per la soap opera Beautiful, Gerardo, che si è rifugiato a Lipari; il viaggio contempla Salina, Stromboli, Panarea, Alicudi, tra genitori succubi dei figli unici, organizzatrici di feste di divorzio, oppure politici che vogliono creare viali di palme con in sottofondo le note di “Scion Scion” di Ennio Morricone. L’ultimo viaggio, quello più doloroso, è nella malattia, quello del linfoma di Hodgkin diagnosticato dopo molto tempo e dal quale guarisce: alcuni inserti sono davvero relativi ai momenti delle cure.
Nanni Moretti che non è nuovo a inserire scena di ballo, lo farà per esempio ne La messa è finita e in Aprile oltre che nella balera del primo episodio proprio di Caro diario, dove si esibisce in un altro vezzo, il canto, pur essendo molto stonato, non resiste a imitare Silvana Mangano, la protagonista di Anna, il più grande successo di botteghino di Alberto Lattuada uscito sul finire del 1951. Il film verrà citato anche da Giuseppe Tornatore in Nuovo cinema paradiso, tuttavia nella sequenza, divertente e in puro stile morettiano, vengono catturati i due momenti di Anna: novizia in un ospedale e prima cantante di night club. La pellicola, girata in lingua inglese e poi doppiata in italiano, ci sono, anche, Vittorio Gassman e Raf Vallone. Il flashback alla base dell’esibizione è una canzone scritta da Franco Giordano, che compare come direttore d’orchestra nell’esibizione e da Armando Travajoli. Si tratta de El negro Zumbón, una sorta di samba. Non so se oggi il titolo sarebbe questo, tuttavia la canzone ha avuto un successo mondiale.
Silvana Mangano è in playback, perché a cantare la canzone, sia in versione orginale che in italiano è Flo Sandon’s, nome d’arte della vicentina Mammola Sandon, cantante molto conosciuta tra gli anni Quaranta e Sessanta.
Moretti, dopo aver ordinato un panino viene catturato dalle immagini della tv, tra l’altro sintonizzata su RAI2 e si mette a ballare imitando i passi di Silvano Mangano.
Caro diario il ballo
La prova di mascolinità di Howard Brackett
Cosa succede se outing sulla tua omosessualità a farlo non sei tu ma un tuo ex allievo durante la notte degli Oscar®? E sei a un passo dalle nozze? E, soprattutto, sei convinto di essere eterosessuale?
Matt Dillon è Cameron Drake, l’attore che alza la statuetta più ambita del cinema e ringrazia il suo Professore Howard Brackett, interpretato da Kevin Kline, perché è stato una guida e che saluta con un frase: “ed è gay“. Il tutto mentre Emily Montgomery, la promessa sposa così orgogliosa del fidanzato, una strepitosa Joan Cusack, è seduta a fianco sul divano.
Frank Oz dirige In&Out nel 1997 una commedia davvero gradevole e dove il cast funziona davvero. Troviamo sia Tom Selleck, nell’immaginario il machissimo Magnum P.I., nel ruolo di un reporter che si butta a capofitto nella notizia e indaga sulla rivelazione e lo scompiglio venutosi a creare (oltre a essere lui stesso omosessuale) sia Debbie Reynolds nel ruolo della madre di Howard.
Il film gioca sull’ironia e su alcuni luoghi comuni seppur, alla fine, Cameron Drake aveva ragione. Credo che non debba aggiungere molto sulla trama e vale il consiglio di sempre: se non lo avete mai visto recuperatelo. Sottolineo, invece, la meritata candidatura come attrice non protagonista della Cusack ma la statuetta verrà consegnata a Kim Basinger per L.A. Confidential. Nell’anno di Titanic il film di Oz si piazzerà al 25mo posto negli Stati Uniti con oltre 60 milioni di dollari di incasso; in Italia, nell’anno in cui La vita è bella, che si è piazzato dietro sempre al film di James Cameron, In&Out è il 17mo film più visto con quasi un miliardo e mezzo di introito.
La scena del ballo rientra nel corso di virilità con cui Howard cerca di scacciare i dubbi sulla sua omosessualità e rappresenta, con tutta probabilità, il momento più divertente e iconico del film, tra “prese virili”, tendine e postura quando si è seduti. La prova del fuoco è però rappresentata dal resistere a ballare, cosa da “veri uomini”. Ma sulle note di I Will Survive di Gloria Gaynor resistere è impossibile e così i dubbi aumentano.
Una piccola curiosità: la voce del corso è del grande Michele Gammino, doppiatore storico e protagonista anche di qualche commedia sexy degli anni Settanta/Ottanta.
In&Out scena del ballo
Alejandro ed Eléna quasi in un tango
Ci sono generazioni di bambini che a Carnevale si sono vestiti da Zorro: ebbene sì, ci rientra anche la mia, tanto che persino Elio e le storie tese, nel video Disco Music del 1999 non mancano di indossare i panni della famosa “volpe” giocando sull’ironia dell’effetto nostalgia.
In realtà il personaggio nasce nel 1919 dalla penna di Johnston McCulley e nel 1920 era già un film, ovviamente muto, che viene ricordato come il primo della storia del cinema: The Mark of Zorro – Il segno di Zorro, quella “zeta” che lascia agli avversari con la sua abilità di utlizzare la spada di stocco (insieme alla frusta): il primo don Diego della Vega è stato Douglas Fairbanks.
Da lì le trasposizioni cinematografiche, che hanno visto nel ruolo da Tyrone Power ad Alain Delon, per transitare persino da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ne I nipoti di Zorro che sono Franco e Ciccio La Vacca nel 1968 a Franchi da solo ne Il sogno di Zorro sette anni più tardi sono state davvero numerose e non sempre azzeccate.
Tornando a noi bambini con mantello nero, maschera, spada di plastica e baffi disegnati il vero Zorro è Guy Williams, nome d’arte di Armando Joseph Catalano nato a New York da genitori palermitani, nella produzione Disney realizzata tra il 1957 e il 1962 con 82 episodi e approdata alla nostra TV negli anni Settanta, con i diversi mitici personaggi che si muovono soprattutto a Monterey nella California ancora spagnola.
Due curiosità: parodie di un certo genere a partema queste le tralasciamo, la prima è che ho scovato è (solo) una versione sexy ambientata però in Cile, a Ciudad De La Reina, e dal titolo Le avventure erotiche di Zorro: Don Diego (Douglas Frey) si finge omosessuale con tanto di vestiti rosa di giorno per poi trasformarsi nell’eroe di nero vestito e gran seduttore di donne la notte. Credo sia intuibile la qualità complessiva di questo lungometraggio; la seconda è una serie televisiva in uscita a gennaio 2024 con il ritorno della Volpe.
Non vorrei essermi dilungato troppo ma, come avete intuito, è scattato, per dirla come Giovanni Storti “non ce la faccio troppi ricordi” e arriviamo al ballo oggetto dell’OpinioneSuperba: è tratto da La maschera di Zorro del 1998 il primo dei due film, il secondo è La leggenda di Zorro del 2005, dove Antonio Banderas si traveste per difendere i più deboli dalle ingiustizie. In realtà, ma credo lo sappiate, non è Diego della Vega, che è interpretato e presente solo nel primo film da Anthony Hopkins ma Alejandro Murrieta, lo scapestrato ladro da quattro soldi che diventa il successore della Volpe sposandosi pure Elena, la figlia di don Diego.
Non sarà sfuggito alla memoria che l’attrice chiamata a intepretarla sia stata la gallese Catherine Zeta Jones, perfetta nel ruolo di spagnola d’oltreoceano e che ha catturato anche per la sua bellezza e sensualità. Non mi addentro nella trama e trascuro il sequel decisamente meno perfomante del primo e arrivo al ballo: Alejandro, che si propone come damerino con buone entrature nella corte di Madrid, deve riuscire a introdursi nella riunione con i nobili locali che tramano per l’indipendenza: su suggerimento di Bernardo (in realtà Hopkins) coinvolge Elena in un tango sensuale e giudicato scandaloso ma che ci restituisce la carica erotica della coppia (ognuno scelga chi preferisce tra i due).
La maschera di Zorro - Il ballo
Il classico di “Driss”
Tratto da una storia vera, con i dovuti addattamenti per la sceneggiatura (i veri protagonisti che hanno ispirato la storia sono l’imprenditore Philippe Pozzo di Borgo e il badante di origini marocchine Abdel Yasmin Sellou), Quasi amici (Intouchables) è stato sicuramente un successo sia di critica che di pubblico: l’aristocratico milionario francese Philippe (François Cluzet), vedovo diventato paraplegico per un incidente con il parapendio, vive oramai su carrozzina e a letto avendo perso l’autosufficienza e con il bisogno di cure costanti; un giorno si trova di fronte, tra i tanti candidati al ruolo di badante, anche un ragazzone delle banlieu, Bakari “Driss” Bassari difficile, alla ricerca della conferma del sussidio ottenibile partecipando al colloquio e dalla vita difficile essendo appena uscito dalla prigione.
I due mondi, il ricco e il povero, il centro e la periferia si incontrano, si studiano e nel tempo trovano un punto di incontro che diventa non solo amicizia ma pure stima reciproca anche per la lungimiranza e la scommessa che Philippe ripone in Driss, che inizialmente appare rozzo e arrabbiato con il mondo ma che in fondo ha solo bisogno di un’occasione.
Uscito nel febbraio 2012 e diretto Olivier Nakache ed Éric Toledano Quasi amici, oltre allo straordinario successo in Francia, si è piazzato al sesto posto in Italia con oltre 14 milioni nell’anno in cui Benvenuti al Nord ha staccato tutti con i suoi 27 milioni; la pellicola è stata anche quella ad aver dato il primo grande successo a Omar Sy, che ha accumulato una consistente filmografia e avuto la grande consacrazione mondiale grazie alla serie Lupin, nella quale interpreta un emulo del ladro gentiluomo nato dalla penna di Maurice Leblanc.
Philippe compirà il proprio percorso uscendo dalla solitudine dovuta alla condizione fisica mentre Driss evidenzierà qualità umane e capacità di diventare un punto di riferimento per lo staff del milionario e di una figlia ribelle che non riesce a trovare nel padre quel rapporto che desidererebbe.
Il ballo è tratto dal compleanno di Philippe e giunge dopo la tradizionale ed elegante festa con musica classica e composta. Driss, dopo aver ascoltato musica che non apprezza in modo particolare, porta allegria e coinvolge tutti ballando e facendo ballare gli invitati su Boogie Wonderland degli Earth, Wind & Fire, singolo tratto dall’album I Am del 1979.
Quasi amici - Il ballo
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