Le opinioni superbe . SUPERBIA
Un film, perché…
In 31 Dicembre 2020 da Redazione Seven BlogDicembre 2020 è per noi di SevenBlog il mese dedicato al cinema. Un film per tutti!
da Debora
- Titolo originale e italiano: Nirvana
- Regia: Gabriele Salvatores
- Anno: 1997
- Maggiori interpreti: Christopher Lambert, Diego Abatantuono, Stefania Rocca, Emmanuelle Seigner, Sergio Rubini, Gigio Alberti, Claudio Bisio
- Citazione: «Solitudine, questo è quello che provo qui dentro. E freddo. Sono solo una telefonata che galleggia in attesa di collegarsi. O almeno questo è quello che devono credere. Solitudine e nebbia. È così che ci si sente quando si è morti?».
Note:
Deve succedere questo. Un giorno ti svegli, ti prepari il caffè, ti lavi, ti vesti, ti pettini guardando allo specchio qualcuno che ti sfugge, che al momento non riconosci, ti avvicini alla superficie, naso contro il freddo del vetro, lasci l’alone del respiro, occhi negli occhi. Aspetti un attimo, forse quello lì dall’altra parte farà qualcosa di diverso da me, forse lì dentro c’è uno che mi somiglia giusto un poco.
Quel giorno il mondo ha improvvisamente un sapore, un odore, l’aria sa di una cosa acre, verdura bollita. Mica te ne eri accorto ieri. Il futuro, distopico e pietoso, è già dentro quell’aria.
Deve succedere questo. Il mondo in contenitori-piccole-dosi; la realtà che dura un istante e muta geneticamente, come un virus; la città colma di indizi e tranelli; ma il cervello che non accetta l’automatismo.
Scrivevo anche prima di Nirvana. Dopo Nirvana ho iniziato a scrivere guardando le imperfezioni del mondo.
da Fabio
- Titolo originale e italiano: La leggenda del pianista sull’oceano
- Regia: Giuseppe Tornatore
- Anno: 1998
- Maggiori interpreti: Tim Roth, Peter Vaughan, Gabriele Lavia
- Citazione: «Perché perché perché perché perché… Mi sa che voi sulla terra sprechiate troppo tempo a porvi troppi perché. D’inverno non vedete l’ora che arrivi l’estate, poi d’estate avete paura che ritorni l’inverno. Per questo non vi stancate mai di viaggiare, di rincorrere il posto dove non siete: dove è sempre estate. Non dev’essere un bel lavoro».
Note:
Da appassionato di cinema riesco a guardare meno film di quanto vorrei. Una sorta di continuo appetito che aumenta solo la conoscenza. Il cinema segna le nostre vite, un momento, un ricordo, un evento, un incontro, un amore o una fase della propria vita. La leggenda del pianista sull’oceano non è il mio film preferito, ma, come spesso accade più di quanto non si percepisca, la nostra esistenza è segnata da cicli che si aprono e si chiudono. Proprio uno di questi è stato contrassegnato dal capolavoro di Giuseppe Tornatore tratto dal monologo scritto da Alessandro Baricco, ed è stato l’inizio e la fine di un’esperienza professionale intensa e indimenticabile e che il destino, qualcuno dice cinico e baro, ma io direi anche beffardo e ironico, mi ha riservato.
da Chiara
- Titolo originale e italiano: Breakfast at Tiffany’s – Colazione da Tiffany
- Regia: Blake Edwards
- Anno: 1961
- Maggiori interpreti: Audrey Hepburn, George Peppard
- Citazione: «Lui è buono, vero Gatto? Su, vieni qua, povero amore, povero amore senza nome… ma io penso che non ho il diritto di dargli un nome… perché in fondo noi due non ci apparteniamo, è stato un incontro casuale. E poi non voglio possedere niente, finché non avrò trovato un posto che mi vada a genio… non so ancora dove sarà, ma so com’è».
Note:
«Ehi, ci beviamo qualcosa insieme?».
Iniziavano così i messaggi su WhatsApp. Un bicchiere, lei sul suo divano, io sul mio. Vino per lei, un San Simone con ghiaccio per me. Due amiche, da tantissimo tempo, che fanno quattro chiacchiere attraverso lo schermo del telefono.
«Chiara, stasera danno Colazione da Tiffany: ce lo guardiamo?».
«Canale?».
Ci scambiavamo le foto dei bicchieri pieni, alzati, cin!, brindisi, dai che comincia il film.
«Ma quanto è bello quel tubino nero? Sai che mi sono vestita da Holly Golightly a una festa?».
«Sì, lo so, ho visto le tue foto su Facebook, stavi da Dio».
«Occhio, ci siamo: – ci vogliono quattro secondi per arrivare alla porta: te ne do due!»
Le battute la sapevamo a memoria, e questa la digitavamo in contemporanea, appariva nello stesso istante sui telefoni.
Nella mia vita ho scritto una sola poesia: parlava di bicchieri di vino, di fili di fumo persi nel vento, di Colazione da Tiffany. L’ho scritta per lei, il giorno dopo che se n’è andata via.
da Gianluca
- Titolo originale e italiano: Bin jip – Ferro 3 La casa vuota
- Regia: Kim Ki-Duk
- Anno: 2004
- Maggiori interpreti: Lee Seung-yeon, Lee Hyun-kyoon, Kwon Hyuk-ho
- Citazione: «Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno».
Note:
Ferro 3 è il film che mi ha fatto conoscere il regista sudcoreano Kim Ki-Duk prematuramente scomparso l’11 dicembre scorso, vittima del Coronavirus. Per fortuna la magia di questa pellicola non sfuggì alla giuria della Mostra del Cinema di Venezia e questo film rimase nelle sale italiane per un po’ di tempo dandomi così la possibilità di conoscere questo genio del cinema mondiale. Ferro 3, come spesso accade nelle pellicole di Kim Ki Duk, è un film muto o quasi, in cui i dialoghi sono ridotti al minimo. La storia però è dirompente e, nonostante le immagini scorrano lentamente – altra caratteristica del cineasta sudcoreano -, lo spettatore non riesce a staccare gli occhi dello schermo. Ferro 3 è stato l’unico film che ho visto due volte di seguito. Di solito quando vedo un film, ho bisogno di far “decantare” le emozioni prima di riuscire a dare un giudizio lucido su quello che ho visto, in questo caso invece ho subito sentito l’esigenza di rivederlo. Non mi era mai successo prima ma quella sera quando uscii dalla sala, rifeci il biglietto e vidi anche lo spettacolo successivo. Non contento, qualche giorno dopo tornai a cinema con la mia ragazza per rivederlo ancora perché Ferro 3 non è un film, è un quadro che devi contemplare scena dopo scena per riuscire a cogliere tutte le sfumature. Un elogio all’invisibilità nel quale il protagonista principale è la forza misteriosa che permette a ogni individuo di sognare a occhi aperti.
da Francesco
- Titolo originale e italiano: Her – Lei
- Regia: Spike Jonze
- Anno: 2013
- Maggiori interpreti: Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde
- Citazione: «Ti facciamo una semplice domanda. Chi sei? Chi potresti essere? Dove stai andando? Cosa c’è nel mondo? Quali possibilità ci sono? La Element Software è orgogliosa di presentare il primo sistema operativo di intelligenza artificiale. Un’entità intuitiva che ti ascolta, ti capisce e ti conosce. Non è solo un sistema operativo, è una coscienza. Ecco a voi OS Uno».
Note:
Sono Theodore Twombly già alla prima scena: il suo viso malinconico in primo piano, mentre detta una lettera d’amore al computer. Scorrono poesia e dolcezza nelle sue frasi, che inventa però per lavoro: è impiegato in un’azienda che scrive lettere personali. Un suo collega lo saluta chiamandolo “scrivi-lettere 612”. Alienante, come un’inquadratura frequente: un Theodore smarrito, pensieroso e sullo sfondo lo skyline di una metropoli con la foschia. Il fil rouge del film che passa pure dentro di me, quando per un lavoro frustrante o un amore non corrisposto mi sento nient’altro che un numero. Sullo schermo emerge un Theodore solo, imploso su se stesso per via di un matrimonio fallito, incapace di gestire e comunicare i propri sentimenti. La città, lontana e indifferente, offre innovazioni tecnologiche così evolute da soddisfare il bisogno tutto umano di intimità e di essere ascoltati. Il protagonista acquista un Sistema Operativo che ascolta e capisce, finendo per innamorarsene. Un amore impossibile, una sorta di inganno felice. Come me quando sui social ricevo centinaia di like e tengo accesa la TV per avere compagnia.
da Manuela
- Titolo originale e italiano: Pulp Fiction
- Regia: Quentin Tarantino
- Anno: 1994
- Maggiori interpreti: John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Bruce Willis, Tim Roth
- Citazione: [Barzelletta] Tre pomodori camminano per la strada. Papà pomodoro, mamma pomodoro e il pomodorino. Il pomodorino cammina con aria svagata e papà pomodoro allora si arrabbia e va da lui, lo schiaccia e dice: «Fai il concentrato!».
Note:
Marta e il figlio di un prete. Facciamo così. Facciamo finta che lei si chiami Marta. Marta. Una ragazza di diciannove anni che una sera decide di guardare Pulp Fiction. Forse sono i capelli di Mia Wallace, quel caschetto nero con la frangetta, forse per il frappè da cinque dollari che Mia ordina al Jack Rabbit Slims, forse perché Marta vuole cambiare pelle. Marta lo fa, si taglia i capelli, alla Mia, e poi parte per Amsterdam.
Amsterdam. Una notte al The Bulldog. Marta ha una visione. Si sente sciogliere le interiora su quel cazzo di divano bucato, tra filtri, i The Lion King e luci al neon. Un ragazzo, dal viso un po’ vago, come il fumo che Marta aspira, le afferra la mano. Marta sa solo che è il figlio di un prete. Lo sa, lo sa e basta. E si sente morire. Poi uno schiocco di labbra umide. Marta non è mai stata così felice. Tutto merito del figlio di un prete. Sorride, la ragazza, perché adesso vede Mia. Sì, quella Mia, la stessa di Pulp. La fissa con uno sguardo da gatta, e le sussurra: «You never can tell, baby!».
da Caterina
- Titolo originale e italiano: The Lion King – Il Re Leone
- Regia: Roger Allers, Rob Minkoff
- Anno: 1994
- Citazione: «Il passato può fare male. Ma a mio modo di vedere dal passato puoi scappare… oppure imparare qualcosa».
Note:
Uno dei classici Disney più amati è Il re leone, film d’animazione che ho visto tantissime volte insieme alle mie figlie e che è stato, in assoluto, l’unico prodotto cinematografico capace di farmi venire la pelle d’oca. La scena che ha suscitato in me tale sensazione è tra le più famose di tutto il film. Simba si trova sullo sperone di roccia, è riuscito a riprendere il potere che gli spetta, e ruggisce verso la valle. Bellissima scena, bellissimo film, con una conclusione degna della struttura carica di pathos, che si alterna ad una visione ironica e scanzonata della vita, interpretata da parte dei suoi compagni di avventura. Alla fine, infatti, tra mille peripezie, il bene trionfa sulla frode e Simba sarà un buon re.
dal Giovanni
- Titolo originale e italiano: Forbidden Planet – Il pianeta proibito
- Regia: Fred M. Wilcox
- Anno: 1956
- Maggiori interpreti: Walter Pidgeon, Anne Francis, Leslie Nielsen, Warren Stevens
- Citazione: «Comandante: “… la grande macchina… comandata dagli impulsi elettromagnetici del cervello di ogni individuo Krell.”Morbius: “A quale scopo?”Comandante: “Ad ogni comando quella macchina avrebbe proiettato materia solida in qualunque punto del pianeta, di qualsiasi misura e colore desiderati e per qualsiasi scopo, Morbius!”».
Note:
Il mio immedesimarmi nella storia del film Il pianeta proibito, visto alla fine degli anni Cinquanta, fu talmente forte che ancora oggi ho un vivido ricordo delle scene che più mi affascinarono: la proiezione olografica tridimensionale della ragazza, il robot Robby ubbidiente alle tre leggi della robotica ideate da Isaac Asimov e l’utilizzo del megacomputer per creare i mostri dormienti dentro di noi.
Oggigiorno, Elon Musk ha presentato un microchip per collegare il cervello a pc esterni e un articolo su “Scienza e conoscenza” ci racconta di come le più recenti teorie della Fisica Quantistica portino a una idea dell’universo costituito da una grande rete di comunicazione, in cui spiritualità e scienza costituiscono una nuova e più soddisfacente modalità di accesso alla conoscenza. “La mente genera materia” è la sintesi estrema che riassume le teorie dello scienziato Amit Goswami. Tutto già immaginato nel film quando il dott. Morbius si collega al supercomputer alieno dando corpo ai suoi più terribili e inconsci desideri.
I doppiatori italiani erano dei fuoriclasse. Tra gli altri: Roldano Lupi, Riccardo Cucciolla, Paolo Ferrari, Nino Manfredi e Alberto Lupo.
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