Le opinioni superbe . SUPERBIA
Un viaggio, perché…
In 31 Gennaio 2021 da Redazione Seven BlogGennaio 2021 è per noi di SevenBlog il mese dedicato al viaggio. Una cartolina per tutti!
da Debora
- Luogo: Andalusia, Spagna
- Cartolina: Barrio Triana, Siviglia, 2006
Note:
Quella sera, a mangiare tapas e bere vino bianco caldo in bicchierini graffiati, sotto una ventola che muoveva afa, su un tavolino che ricordava tanto quello della chiaroveggenza – (ricordi?) – eppure sembrava così coerente con le luci soffuse, o bruciate, e le voci grosse, e le mani che sapevano ipnotizzare. La musica, quella sera, non mancava di accompagnare il rintocco nostalgico dell’ultimo giorno, un pezzo che lasci lì e tanti che porti via. Il Guadalquivir si intravedeva da un arco fatto di mattoncini colorati, e scorreva placido, lasciava l’odore di fiume in ogni angolo del barrio. Entrava nei garage dove si ballava flamenco (che belle, le ragazze con lo chignon a un lato, e le spalle larghe, e le labbra rosse), si avvolgeva insieme alle tende in iuta dei balconi (ti sei mai chiesta come si svolge la vita lì dentro, in quella casa lì? o nell’altra, che so, là dove si accendono per prime le luci, la sera?), e riecheggiava lontano, ripercorrendo tutto il viaggio: le cuevas sopra l’Albaicín di Granada, il mare affollato di Málaga, il deserto di Tabernas, i vini di Jerez, i patios di Cordova.
da Fabio
- Luogo: Scozia
- Cartolina: Spleen, 2018
Note:
I viaggi sono momenti che si sovrappongono, sottili lamine una sopra l’altra che ti restituiscono alla fine lo spessore di ciò che hai visto e vissuto. E nel tempo persino gli imprevisti e le difficoltà si addolciscono e ti rendi conto che forse sono proprio l’essenza del vissuto lontano dal nido. Scozia, una freccia per accostare e fermarsi a guardare un panorama unico: le Highlands. Fine estate, ultimi momenti, verde, acqua, colline, pioggia, sole, nuvole e giubbotto già di buon peso. Il profilo di una sedia e il click della macchina fotografica in un raro momento di questo piacere. E un messaggio: non ti puoi sedere, quanto hai ancora da vedere? La macchina riparte.
da Chiara
- Luogo: Le Isole Svalbard
- Cartolina: Il viaggio tra vento e silenzio
Note:
Le Svalbard: arcipelago norvegese nel Mar Glaciale Artico, oltre il circolo polare. Sono le isole abitate più a Nord della Terra. Densità di popolazione: 0,44 abitanti per chilometro quadrato. 2940 abitanti.
Il centro principale, che non si può definire città, si chiama Longyearbyen e, in tutto l’arcipelago, non c’è un albero. Solo ghiaccio, tanto. A parte in estate quando, qua e là, verso la costa e nei fiordi, cresce un po’ d’erba.
Da – 40° di temperatura minima a vette di caldo che arrivano a toccare i 5 – 6 gradi in estate.
Perché un luogo così? Ci sono gli orsi polari. È dove il nulla trova il suo senso, tra la potenza del freddo e la bellezza dei fiordi. E ci sono foche, trichechi, balene, beluga, volpi artiche e narvali.
Il cielo delle Svalbard in estate è attraversato da migliaia e migliaia di uccelli marini che migrano e nidificano tra i sassi freddi delle coste mentre in inverno, da novembre a marzo, dalle aurore boreali che illuminano la notte perenne e danzano, e cantano.
Un viaggio alle Svalbard è una ricerca. Di altro mondo e un’altra vita, tra vento e silenzio, nel luogo in cui il cielo si accende.
da Gianluca
- Luogo: João Pessoa, Brasile
- Cartolina: Viaggio a João Pessoa, gennaio 2015
Note:
João Pessoa è la capitale dello stato del Paraiba situato nel nordest del Brasile. Quello che ti colpisce di quelle persone è la loro musicalità. C’è musica in tutto quello che vedi, in tutto quello che senti, perfino in quello che mangi. Anche nel nome di questa meravigliosa città, lontana dalle mete più ambite del Brasile, c’è musica. Sarà sicuramente merito della lingua, della natura incontaminata che ti sorprende ogni volta, ma quello che rende così melodioso il tuo soggiorno è il coinvolgente sorriso delle persone che ti circondano. È questo il segreto della serenità che ti regala questo paradiso dove il sole sorge prima di ogni altro posto nell’intero continente. Sembra di entrare in un musical dove la protagonista principale è la natura.
I posti da vedere sono tanti, le spiagge tutte incantevoli. Quella che mi ha colpito di più è Praia Coquerinho, altro nome che suona molto piacevole all’orecchio. Una piccola insenatura di spiaggia bianca, piena di palme, che si apre su un mare cristallino e tiepido. Perché un altro miracolo di Joao Pessoa è questo: il mare è calmo e caldo grazie a una serie di barriere coralline che caratterizzano gli specchi d’acqua del posto. Ma ciò che ha reso davvero magico il mio viaggio a João Pessoa è stato lo spettacolo del Por do Sol a Jacaré: un tramonto unico sul fiume Paraiba, un carnevale di colori mai visto prima. Il tutto condito dalle note del sassofonista Jurandi che ogni sera, a bordo di una canoa, suona il Bolero di Ravel. Perché il Brasile è musica e João Pessoa non poteva omaggiare la musica meglio di così.
da Francesco
- Luogo: Cambridge, UK
- Cartolina: Cambridge in a hug, 2016
Note:
Fatevelo pure scappare un “sarebbe bello laurearsi qui”, nei rinomati college, anche se vi stupiranno di più i prezzi delle toghe nelle vetrine dall’altra parte della strada. Fatevi un giro in barca sul Cam, imparate il punting senza finire in acqua. E non dimenticate di godervi lo spettacolare cocktail di luci della King’s Chapel. Poi, davanti a una bella birra -suggerisco al mango-, vi renderete conto che avrete esaurito le attrazioni pop imperdibili. Ma il bello inizierà proprio in quel momento, se amate perdervi ad ammirare anche la forma dei cassonetti locali. La Regent Street è un formicaio di studenti e impiegati in giacca e cravatta dall’aria indaffarata, le biciclette a forma di carriola per ottimizzare sui consumi, lo spaccato di lingue diverse captate lungo la colorata Mill Road… Città giovane, cosmopolita. Sdraiatevi su uno uno dei mille parchi della città, apprezzati da sportivi e universitari in pausa. D’estate ci potreste trovare decine di mucche che brucheranno l’erba a fianco. Guardate il cielo. Noterete quanto le nuvole passeranno veloci. Dopo un po’ alzatevi: i gruppetti di studenti intorno saranno già cambiati. Così anche negli Starbucks o nei pub-confettini con i muri a graticcio: gli universitari studiano, si laureano e spariscono. Tutto è fluido, forse troppo. Vi sentirete un composto di frammenti negli sguardi occupati e frettolosi dei passanti. Qui non c’è tempo per fermarsi molto. E questo non-tempo a voi avrà insegnato qualcosa.
da Manuela
- Luogo: La Luna
- Cartolina: Pierrot desidera la Luna
Note:
Mi sto mangiando la notte. Cazzo, che sensazione erotica. Veli su veli di caramello liscio, vitreo, e dolce. E mamma mi ha fatto diabetico. Non importa. Continuo a mangiare lo stesso. Lo faccio solo per te. Per raggiungerti.
Luna, che fai, posi lo sguardo sulle mie labbra? Riesci a capire il sacrificio? Cristalli notturni spezzati da denti fragili, schegge che graffiano la gola, zucchero-veleno iniettato nel sangue. Tutto per accorciare la notte. Così, tu, sarai più vicina.
Vorrei piangere. Solo una lacrima mi è stata concessa. La lascio qui, attaccata alla guancia destra, come un tatuaggio. Per ricordare chi sono. Un Pierrot che sogna di possedere la luna.
Ho la speranza che, entro le ore 3-00, riesca a divorarmela davvero la notte, a raggiungerti, a toccarti con questo polpastrello, affondare in un paradiso-cratere. Oppure, oppure, sarò morto prima. Te l’ho già detto che mamma mi ha fatto diabetico? E sono anche storto per lune di miele e viaggi da sogno, e quanto altro Cristo abbia inventato per renderci felici.
Tu, una eccezione. Il viaggio, forse, sarà dannato, ma varrà comunque la pena. E il cielo è un giallo caramello. E prima che possa accarezzare la tua pelle di sabbia, io sarò soffocato di zucchero. E succhierai la mia lacrima. E sarà dolce fino al disgusto. E il sapore ti renderà certa di una cosa.
Che io ti ho desiderato fino alla morte.
Pierrot
da Caterina
- Luogo: Bari
- Cartolina: Lungomare
Note:
Se si parla di gastronoma e si pensa alla Terra di Bari, il primo piatto che viene alla mente sono le orecchiette con le cime di rape; molti non sanno che una stuzzicheria tipica è costituta dalle sgagliozze, fette di polenta fritta, vendute agli angoli delle strade della “città vecchia”, proprio lì dove le donne del popolo mettono ad asciugare le orecchiette. La città, antesignana delle street food, ha prodotto da secoli il cosiddetto cibo da passeggio: il panzerotto, le popizze e la famosa focaccia barese, da consumare con una buona birra ’nganna a mare, ne sono l’esempio più evidente. Poco discosta dal mare, protetta dalla “muraglia”, si erge la Basilica di San Nicola, simbolo della vocazione multiculturale della città, essa conserva le spoglie del vescovo di Myra (Turchia), che un pugno di marinai, sorretti da fede e da tanta audacia, trafugarono e custodirono in segreto per molti anni.
Il lungomare è fatto di scogli, di piccole insenature, dove l’azzurro del cielo si confonde con il verde dei fondali, un mare fonte di lavoro e di commercio, sulle cui rive, ancora oggi, i pescatori arricciano i polpi sbattendoli sugli scogli aguzzi, e ebbene sì, altra prelibatezza gastronomica è il pesce, specie il crudo di mare.
dal Giovanni
- Luogo: immaginario
- Cartolina: Landscape with House and Ploughman, Van Gogh
Note:
Questo luogo è uno dei tanti angoli che ho amato, e dove ho amato, che si incontrano e si rivelano sulle colline del Piemonte e dell’Oltrepò Pavese.
Perché questo viaggio? Perché i luoghi della memoria sono le mete più visitate in questo tempo di impedimenti fisici.
Fermo l’auto nel piccolo spiazzo a lato della strada. Quello che mi si presenta alla vista è un immenso patchwork cucito dalla compagna del Demiurgo e calato sui morbidi saliscendi di quest’angolo di mondo. È un armonico susseguirsi di spazi, geometrie, linee, punti, macchie, dove i colori danno il senso e il limite delle cose. Le siepi di more, i filari delle vigne ancora vuote di grappoli, i campi coperti da stoppie giallastre e quelli colorati dal verde scuro dell’erba medica pronta allo sfalcio, le squadrate coltivazioni del granoturco, gli orti, le serre, i piccoli boschi lasciati nelle zone più impervie: tutto ha un suo posto, tutto è parte della memoria smarrita.
Lascio che i graffi, incisi dall’aratro sulla pelle della terra, accompagnino il mio sguardo fino alla casa adagiata nella piega della collina, appena prima che il terreno riprenda il suo montare verso il colmo che si staglia nell’azzurro del cielo.
Metto in moto e proseguo lungo la stradina delimitata dalle gaggie e dai salici. Dopo l’ultima curva, quasi per sorprendere chi si trova a passare, l’edificio si presenta con la sua bellezza discreta e rassicurante.
Le rose canine, un separé naturale dalla stradina di accesso, sono in fiore nell’angolo assolato del giardino. Un prato, tra il frutteto e gli alberi che la circondano, libera la vista fino ai monti che sembrano a portata di mano, appena oltre il profilo delle colline. Degli sfolgoranti nastri di sole, sfuggiti all’intreccio dei rami e delle foglie, disegnano sui muri i miei ricordi.
Ha un angolo ammantato di glicine, un balcone al primo piano dal quale debordano gerani e petunie dalle cento sfumature di rosso.
Riconosco il luogo, riconosco la casa.
La porta è socchiusa.
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