
Le poesie superbe . SUPERBIA
Giacere
In 13 Marzo 2022 da Claudia OlivaGiace sopra di me. Sul petto, in agguato.
Spalanca le mascelle e divora.
Si attacca ai seni, succhia le mammelle, azzanna il cuore.
Lo mastica, gli piace, lo sputa nel vortice buio del burrone.
Scatto, tremo, precipito. Bisogna riprenderlo.
Senza il cuore, non so, cosa sarei?
Armatura di frivolezze, la mia.
Lui giace sopra di me. Affonda gli artigli ed io sprofondo con gli arti, e no, stavolta non son quelli degli altri.
Sono caduto a mani vuote ai piedi di imponenti radici.
Le unghie cercano, graffiano il terreno nero e cola sangue.
Non fluttuo mai nell’aria, precipito, inciampo e cado sui miei passi, ininterrottamente.
Senza ali, senza paracadute, lontano dalla mia stella.
E giace sopra di me. Mi guarda in faccia. Ridacchia.
E ruba, sì, anche la luce nei miei occhi.
L’ha fatto ancora. Ha scovato il terrore, gli è piaciuto, se l’è scopato.
È goloso. Ghiotto di gusto vizio e piacere.
Brucio, le fiamme scrostano la pelle.
Incendio di solitudine.
Solo, con gli artigli feriti, le ali spezzate, vago senza stella.
Ho le budella fuori, e lui è un corvo che becca le brame, i sogni, le speranze.
Solo, con la faccia piena di tagli, la mia faccia vale una grossa taglia.
Ha inferto tagli e ha riscosso la taglia.
Verme strisciante che giace sopra di me.
Sono il fuoco fatuo dentro la cassa bianca del bambino nel mausoleo.
Incendio di decomposizione.
Solo le larve mi possono vedere.
E loro, grasse e sazie, strisciano dentro le viscere.
Mi hanno scoperto. Hanno visto chi sono davvero.
Nelle orecchie incalza un suono.
Un vecchio organo è nel cortile di Lucifero solo per me.
Ora dai, scattami una foto. Mostra a tutti chi sono.
Apro la bocca, provo a urlare, niente voce.
Ha portato via anche la parola. Le parole erano l’unica cosa dove ci sapevo fare.
E precipito di nuovo, privato del cuore, arso nel corpo e con le orecchie sanguinanti.
Paura e vuoto incombono alle mie spalle. Attendo il rumore di schiena spezzata. Aspetto il respiro tagliato.
E quando con le unghie non tocco più radici nere, afferro disperato una coperta di seta sudata.
Sa di me, sa di notte, sa di terrore.
Ora sono in un incubo più infernale: il nulla della mia realtà.
Nota: L’immagine di copertina è opera del fotografo Giovanni Gastel (Milano, 27 dicembre 1955 – Milano, 13 marzo 2021), Angelo caduto 26. Serie angeli caduti. Plaubell 20/25 300nn pellicola polaroid, anno 2014.
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