Une Chanson en Enfer
Marilyn loop
In 10 Luglio 2021 da F.G. SimonISPIRATO A DENTRO MARILYN DEGLI AFTERHOURS
D’un tratto, la porta si spalanca.
Lei mi trova sul divano. In onda, Giochi senza frontiere. E la solita limonata. Con la cannuccia e il ghiaccio, e una foglia di prezzemolo. E mi ricordo che la Polo è macchiata di sudore.
Marilyn è sulla porta. Marilyn. I capelli, stavolta, hanno lo stesso colore della fragola. Anche gli occhi. E il sorriso. Una fragola. Tipo fresca ostinazione che sfonda. Sfonda e scava. Sfonda e scava. E il profumo diventa sadico. Profumo-Marilyn. Sadico. Tipo spina conficcata bene bene dentro un polpastrello.
Rimango come l’idiota nel romanzo l’Idiota. Un po’ imbambolato, ma pieno di sani principi dentro. Che mica è facile quando ti ritrovi Marilyn davanti. E per un attimo ho vergogna del sudore. Infilo le narici in un’ascella. Merda. Sa di Infasil fermentato.
Marilyn è vicina. Incomincia a accarezzarmi. Come al solito. Le dita sono piccole e perfette, e tenere. E le unghie appuntite tipo artigli da gatta. Ma non graffia. E la lascio fare. Come al solito. E mi strofina la mano sulla barba. Folta. E vorrei chiederle scusa. Che tipo non aspetto ospiti. Che non la aspetto da tempo ormai. Ma dimentico pure chi sono. E mi soffermo sulla macchia-oltre-Marilyn. In alto. Un bel rosso su un paio di mattonelle porose. E Marilyn si mette a ridere facendo cadere la testa all’indietro. I capelli, tipo nuvola di zucchero, mi finiscono un po’ sulla bocca e un po’ sul naso. Ma non danno fastidio. Così, respiro Marilyn a polmoni bucati. E sudo goccioline d’inferno. E chissà perché, penso all’acqua che scorre nel cesso. Che fa lo stesso rumore di una sorgente. E penso alla purezza dello scarico. E penso che le intenzioni di Cristo stanno tutte dentro una bella bugia.
Una cosa tira l’altra. Il tubino bianco cucito addosso. Tipo seconda pelle. Che non riesco a metterci le mani sotto. E lei mi aiuta. Anche con le mutandine di pizzo. E il reggiseno. Tutto via. E sento quella pancettina tenera. E le tette che sanno di mamma-gatta. Una bella polpa di latte. E lei dice che mi avrebbe punito. E ride. Lo dice sempre, e io la lascio fare.
Qui siamo al sicuro da cristo, sussurra lei. I salici piangenti non sono mai esistiti. E delle vacche, adoro la testa. Continua. Ride. Spruzzando succo acrilico insieme a una dolce risata. Che le labbra mi si stringono sui denti. Per uno strano disgusto. Non mi importa. Ingoio l’amaro. Vorrei parlarle. Vorrei dirle che questa è l’ultima volta. L’ultima. Ma sono sempre più gonfio. Gonfio. E penso al mare, alle barche e al bianco sullo sfondo azzurro. E Marilyn schiocca le dita.
Il bambino della Kellogg’s sprizza di felicità. Fra un gioco e l’altro, di Giochi senza frontiere. E mangia cereali che trasformano il latte in cioccolata. E il ghiaccio nel bicchiere s’è sciolto. E la foglia di prezzemolo sta nel fondo. La limonata, invece, bevuta da un pezzo. E qualcosa gorgoglia. E fa una schiuma bianca, con tante bolle. Esito. Riesco ancora a vedere le punte delle Adidas. Non posso essere io. Sono ancora lucido. E non può essere lei.
La testa della vacca si trova sul pavimento. E la pelle è scuoiata. E gli occhi sono stati cavati via. Posso solo immaginarle, le pupille. Piccole e liquide. Con le mosche davanti. Invece, delle cervella, non è rimasto neanche uno schizzo. Pure le corna sono andate a farsi fottere. Così non danno fastidio. E Marilyn la afferra, e la solleva. E ride. E il sangue non sgocciola più. E chissà perché, penso al Santo Graal riempito di Kellogg’s. E Marilyn la indossa come una maschera. La testa vuota di vacca. E ride e mi guarda, con la testa di vacca che le copre la faccia. E dice che sono pazzo. Sei pazzo. Pazzo. Pazzo.
Marilyn dice che non mi abbandonerà mai. Che non ci sono dettagli da definire. Perché sono stato bravo. Bravo a mentire. E la testa di vacca mi bacia. E mi viene da piangere. Sei morta. Grido. Sei morta. Capisci? Ride. Con la testa vuota di vacca al posto della faccia. Ride. Il corpo che è uno spettacolo carnale. Anche morta. Anche così. Me la sbatto. Anche morta. Com’era la cioccolata con l’acido di batteria? Le domando. Sei morta. Sei morta. Ride. Ride. Ride. Come una giostra-di-vacca. Ride.
E rinuncio a parlarle. Non si può parlare con un’illusione. Che questa è l’ultima volta. L’ultima. Ma lei lo sa che non è vero. Lei. Marilyn.
D’un tratto, la porta si spalanca.
Lei mi trova sul divano.
La canzone:
Afterhours - Dentro Marilyn [HQ]
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