
CattiviConsigli . IRA
uòzzappdàun
In 8 Ottobre 2021 da Gianluca Papadia.
Ore 17:45
«Papi, WhatsApp non funziona».
«E?»
«Non posso fare i compiti».
«Ti serve WhatsApp per studiare?»
«Ho dimenticato il libro sotto il banco e ho chiesto a Stella di mandarmi le foto degli esercizi».
«Hai riavviato il telefono?»
«Non è un problema mio. WhatsApp si è bloccato in tutto il mondo».
«Non te le può mandare via Facebook?»
«Crashato anche quello».
«Via Instagram?»
«È giù anche quello. Papi ma dove vivi? Gli ashtag #Facebookdown #WhatsAppdown e #Instagramdown sono in tendenza da più di cinque minuti».
«Vedrai che tra un po’ tutto funzionerà di nuovo» rispondo a mia figlia che torna a rinchiudersi nella stanza da dove è emersa solo perché i principali social sono offline. Maledetto Zuckerberg, lui e le sue manie di grandezza. Prendo il telefono per controllare. Effettivamente le tre piattaforme sono fuori uso, l’unico social che funziona è Twitter.
«Non può inviarteli via Twitter? » urlo a mia figlia.
«Stella non ha Twitter!» risponde lei facendo capolino dalla porta della sua stanza.
«Ci sarà qualcuno in casa che ce l’ha» insisto.
«Stella è a casa con la nonna che ha novantatré anni» ribatte ironica e richiude la porta.
Raggiungo la sua stanza e riapro la porta velocemente per farle capire che non avevo ancora finito il discorso.
«Perché non le chiedi di fare un video su TikTok?» chiedo alla mia bambina che mi guarda allibita perché mi sono permesso di violare la sua privacy aprendo la porta della sua cameretta senza bussare.
«Stella dovrebbe mettere un video su TikTok mentre sfoglia il libro di matematica? Papi, sei impazzito?»
«Non può fare un video privato? Una cosa che puoi vedere solo tu?» chiedo dal corridoio. Mia figlia non mi ha dato il tempo di formulare queste domande: mi ha spinto delicatamente fuori dalla sua camera e mi ha chiuso la porta in faccia.
«Aspetto che torni su WhatsApp» le sento urlare quando sono ritornato in salotto.
Ore 18:48
«Papi, ancora nulla».
«Sì, lo so. È un’ora che sto cercando di organizzare una partita di calcetto via SMS. Nessuno li legge più ormai. Ho provato anche a inviare una mail a tutti… Scusa ma Stella non può inviarti una mail? Scatta una foto e te la allega a un messaggio di posta elettronica».
«Papi, Stella ha dieci anni. Non sa scrivere un’email».
«Chiamala e chiedi se lo sa fare».
«Papi, senza WhatsApp come la chiamo?»
«Amore mio, questo è un te-le-fo-no. È progettato per te-le-fo-na-re. Devi semplicemente farle una te-le-fo-na-ta» sbraito sillabando le parole come se stessi parlando a un sordo.
«Papi, Stella non ha una scheda te-le-fo-ni-ca. Si connette a WhatsApp tramite WiFi. Riesci a ca-pi-re?»
«Non hanno un telefono fisso?»
«Pure se ce l’hanno non conosco il numero» e, senza darmi la possibilità di replicare, torna in camera sua.
«Aspettiamo che torni su questo maledetto WhatsApp» le urlo quando sento sbattere la porta della sua stanza.
Senza WhatsApp ormai non si può nemmeno organizzare una partita di calcetto. Ho provato con Telegram ma non tutti ce l’hanno. Duo nessuno lo conosce. Non ci resta altro che aspettare. Maledetto Zuckerberg ma cosa diavolo stanno facendo i suoi tecnici? Solo a me in ufficio mi stressano se una email arriva in ritardo?
Ore 19:32
«Papi, mi fai la giustifica di matematica?»
«Amore mio possiamo sempre fare come si usava una volta. Tu sai, dove abita Stella?»
«Sì».
«Perfetto. Adesso andiamo a casa sua, ci facciamo prestare il libro di matematica, cerchiamo in zona qualcuno che abbia una fotocopiatrice, facciamo la fotocopia degli esercizi e riportiamo il libro a Stella. Sbrighiamoci però perché le copisterie chiudono alle otto».
Ore 19:49
«Signora sono il papà di Aida, un’amichetta di Stella, dobbiamo salire a prendere un libro di matematica» supplico al citofono. Siamo sotto casa di Stella da dieci minuti ma la nonna non vuole aprirci il portone.
«Mi dispiace non posso aprire a nessuno. Se lei è un rumeno che vuole rubare la mia pensione?»
«Non sono un rumeno! Se si affaccia al balcone con sua nipote, capirà che le sto dicendo la verità».
Dopo altri cinque lunghissimi minuti, Stella e sua nonna escono sul balcone. L’anziana donna ha un paniere attaccato alla ringhiera e, dopo avergli messo dentro il libro, lo cala molto lentamente verso di noi.
«Sa, dove posso fare una fotocopia?» le urlo dopo aver recuperato il libro, ma la signora non mi sente.
«C’è una tipografia proprio qui all’angolo ma a quest’ora mi sa che è chiusa» mi dice un vecchio che da quando siamo arrivati non ci ha tolto gli occhi di dosso. «La signora Maria non ha tutti i torti, lei un po’ la faccia da rumeno ce l’ha» aggiunge e, dopo aver aperto il portone con le chiavi, s’infila nel palazzo, dove abita Stella.
Corriamo fino all’angolo della strada e becchiamo il tipografo che sta per abbassare la saracinesca del suo negozio.
«Scusi, dovremmo fare delle fotocopie» gli chiedo agitando il libro di matematica.
«Ma che è successo oggi? Tutti a fare le fotocopie?» mi risponde lui e ferma la saracinesca a metà. «Se devo riaccendere tutto, le costerà 1 euro a pagina».
«Affare fatto! Maledetto Zuckerberg!»
Ore 20:12
«Papi, ma sono in bianco e nero! » esclama mia figlia quando siamo quasi arrivati sotto casa di Stella. «Come faccio gli esercizi di geometria se non vedo i colori?»
Corriamo di nuovo fino all’angolo della strada e becchiamo il tipografo nella stessa identica posizione di prima.
«Ci servivano a colori» pronuncio a denti stretti trattenendomi dal rompere il libro di matematica sulla testa di mia figlia.
«Le costerà 3 euro a pagina».
«Accettate resi?»
«No ma con 5 euro posso darle una scatola di pastelli con i quali colorare le fotocopie in banco e nero».
«Mi sembra un’ottima idea! A casa abbiamo milioni di pennarelli, matite e pastelli a cera» esclamo entusiasta ma lo sguardo incupito di mia figlia mi fa subito perdere tutta l’esaltazione del momento.
«Che faccio, riapro?» domanda il tipografo.
«Riapra! Maledetto Zuckerberg!»
Ore 20:43
Quando usciamo dalla tipografia, vedo che sotto casa di Stella c’è un carro attrezzi che sta caricando la mia auto.
«Fermi! Aspettate! Quella è la mia auto!» grido al vigile urbano che sta scrivendo la multa mentre corro verso di lui.
«Guardi, è fortunato che il carro attrezzi non ha ancora caricato la sua auto» dice lui con una disponibilità che mi sorprende.
«Ero andato a fare delle fotocopie. Sarò stato qui solo cinque minuti» rispondo cercando di riprendere fiato. Noto che il vecchio che mi ha dato del rumeno è ritornato in strada e allora gli chiedo: «Non poteva dirglielo lei? Prima ha visto tutta la scena».
«Non mi fido degli extracomunitari» esclama il vecchio e per sua fortuna è lestissimo a rientrare nel palazzo.
«I 150 euro del carro attrezzi gliele faccio risparmiare ma la contravvenzione ormai non la posso più annullare. La prossima volta cerchi di non parcheggiare su un posto riservato ai disabili» dice l’agente di polizia municipale e, dopo avermi consegnato la multa, risale nell’auto di servizio guidata da un suo collega.
Quando l’auto dei vigili riparte con una sgommata, leggo l’importo della contravvenzione.
«180 euro e 2 punti sulla patente? Maledetto Zuckerberg!»
Ore 21:39
Rientriamo finalmente a casa con il nostro plico di fotocopie che mi è costato una fortuna.
«Dove siete andati?» mi chiede mia moglie appena apro la porta di casa.
«A prendere il libro di matematica da Stella» risponde mia figlia e corre in camera sua a fare i compiti.
«Il suo l’ha lasciato sotto il banco» dico a mia moglie e vado in bagno a lavarmi le mani.
«Sì, lo so. La maestra me l’ha portato allo studio oggi pomeriggio. Te l’ho scritto pure su WhatsApp» urla lei dalla cucina.
Un picco di pressione mi fa arrivare tutto il sangue alle tempie e devo sedermi sul water per non cadere. Ho un fischio assordante all’orecchio sinistro ma riesco a sentire lo stesso l’ultima frase di mia moglie che è comparsa sulla porta.
«Scusa, ma tu i messaggi su WhatsApp non li leggi?»
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