
Le storie superbe . SUPERBIA
Superbia
In 20 Dicembre 2015 da Viviana Gabrini
Viviana Gabrini
L’uomo più bello del mondo si guardò allo specchio e fece un cenno di assenso al cameriere che lo aveva aiutato a indossare la giacca da sera: era semplicemente perfetta e cadeva senza il minimo difetto dalle spalle larghe e armoniose fino ai fianchi snelli. Il cameriere gli tolse una lanugine invisibile dalla manica per poi allontanarsi con molta discrezione, senza fare rumore.
L’uomo più bello del mondo si aggiustò il nodo della cravatta di pura seta e gettò uno sguardo alla stanza, trasformata per intero in un armadio: le giacche, a decine, pendevano dalle grucce ordinate per sfumatura di colore, così come i pantaloni e le camicie. Tutto rigorosamente cucito a mano perché l’uomo più bello del mondo, che era pure il più ricco e il più potente, non tollerava nulla che fosse seriale o dozzinale.
Uscì dalla stanza, attraversò con passo svelto e sicuro la camera da letto la cui vetrata si affacciava su una delle baie più famose al mondo e scelse con cura i gemelli da una collezione di pezzi unici e antichi. Si concesse un breve sorriso compiaciuto e chiamò l’ascensore perché lo portasse al primo piano: di lì a poco sarebbe iniziata la sua festa di compleanno.
La lista degli ospiti si fermava a duecento nomi, tutti esclusivi, tutti scelti ad uno ad uno: quella notte, in quella splendida tenuta che amici e nemici gli invidiavano, un’oligarchia opulenta e spietata si sarebbe riunita a rendergli il dovuto omaggio.
Il suo arrivo nel salone delle feste, stucchi veneziani e fregi dorati, ammutolì in un istante lo stuolo di camerieri che stava ultimando i preparativi: gli fu sufficiente una sola occhiata per capire che tutto procedeva secondo i suoi ordini. Annuì, impercettibilmente, e il personale, all’unisono, riprese a respirare.
La cena di festeggiamento si sarebbe svolta in giardino, lungo i bordi della piscina colma di acqua termale riscaldata: attorno, un parco di alberi secolari arrivava fino al limite della baia.
Per chiunque sarebbe stato impossibile costruire in quel paradiso. Lui, però, non era chiunque.
Il meglio era sempre stata la sua ossessione, fin da bambino. E il meglio doveva raggiungere. Sempre e in ogni circostanza. Anche a discapito del suo prossimo. Non agiva mai con crudeltà o cattiveria consapevoli; semplicemente, raggiungeva con determinazione ogni obiettivo che si poneva e poco o nulla gli importava degli eventuali ostacoli che si frapponevano fra lui e le sue mete. Che questi ostacoli fossero materiali, psicologici o umani, era del tutto irrilevante.
La temperatura dell’aria era perfetta, una brezza leggerissima gonfiava appena le tovaglie di lino e scuoteva con grazia le corolle di fiori che dai tavoli scendevano fino a terra.
La festa sarebbe iniziata al tramonto, quando il sole, inghiottito dall’oceano, avrebbe infuocato i colori del mondo. Del suo mondo.
Il party planner, un giovane americano biondo dall’aria allarmata e perennemente in ansia, lo raggiunse per ragguagliarlo sugli ultimi dettagli, sull’orario di inizio dell’accompagnamento musicale e sulla temperatura dello champagne.
Il chiacchiericcio stridulo di quel ragazzo lo innervosiva e decise che dopo la festa lo avrebbe liquidato con una discreta buonuscita purché sparisse per sempre dalla sua vista.
Lo allontanò con un gesto infastidito della mano destra e ordinò al capo cameriere di far aprire il cancello del parco: le guardie del corpo erano ovunque, discrete ma efficaci, i parcheggiatori si sarebbero occupati delle auto degli ospiti. Alcuni erano attesi all’eliporto della tenuta: ci avrebbe pensato un autista a prelevarli e ad accompagnarli in villa.
Alle 19 in punto, mentre i cancelli si spalancavano su un viale di ortensie in fiore, un silenzio irreale cadde sul parco, sul giardino e sulla villa.
Il vento prese a spirare un poco più forte, portando fino a lì l’odore dell’oceano misto all’aroma degli eucalipti. A un suo cenno, i musicisti attaccarono a suonare i brani jazz scelti da lui personalmente.
Si fece versare champagne da un cameriere e si sedette al centro della tavolata, su una poltrona dallo schienale alto e imponente. Lo champagne era delizioso. La vista mozzafiato.
Non gli rimaneva che attendere.
E attese.
Fino all’alba del giorno dopo.
L’immagine di copertina è di © Giovanni Dall’Orto e rappresenta una statua di Adolfo Wildt, Sant’Ambrogio, ospitata all’interno dei cortili dell’Università degli Studi di Milano. © All rights reserved
Viviana Gabrini è scrittrice. Recita e fotografa per passione, e le piace fare la blogger. Ha pubblicato il libro I fili di Arianna per Primula Editore.
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E anche stavolta ci hai sorprese e spiazzate ☺