IRA . Lettere dall'Ira
Pezzo e il caporale
In 24 Agosto 2018 da Chiara Menardo
Giallo, verde, rosso, nero, bianco.
Fotte niente di chi sei e da dove vieni, sono tre euro e cinquanta a cassone. Chinati e raccogli, che più raccogli più guadagni e riesci a darmi i soldi che mi devi per l’alloggio, la bottiglia d’acqua, la cena e il pranzo, la benzina per portarti qui ogni mattina e riportarti indietro la sera.
Quindi chinati e rialzati, con le mani piene di frutta, e non rovinarla.
Tu, Pezzo. Non sei altro che un pezzo di carne da soldi. Intercambiabile come una vite in un buco: non importa se è una vite piuttosto che un’altra, basta che faccia il suo porco lavoro. Ecco, pure tu, pezzo di ferraglia con gambe e braccia.
Muto, pezzo di carne, quarto di bue, bestia da soma. Con la frusta, cazzo, ci vuole la frusta.
Come i cavalli da tiro che quando sono troppo stanchi gli spari un colpo pietoso in mezzo alla fronte, che quando boccheggiano sotto il sole gli assesti due randellate e loro vanno, senza pensare, continuano, senza ribellarsi: si girano e ti guardano con quegli occhi scuri che sembra ti chiedano solo perché. Me lo raccontava mio nonno, cosa voleva dire arare con i cavalli da tiro. E adesso ci sei tu al loro posto, Pezzo.
Non mi scassate la minchia con le vostre regole, non ci provate, che ho una famiglia. Questi che vengono la mattina all’alba all’incrocio questo cercano, tre euro e cinquanta a cassone, tanti cassoni arrivi anche a quei venticinque, trenta euro in un giorno. Conta, cazzo, conta quant’è alla fine del mese!
Che c’è gente che ammazzerebbe per avere quei soldi. C’è gente che pagherebbe per avere quei soldi, pezzo. E tu, allora, di che ti lamenti?
Se non ti sta bene, quella è la porta, pedala, raus, sciò. Che di pezzi come te che cercano tre euro e cinquanta a cassone, è ben pieno il mondo.
Non ti piace? Torna a casa, dovunque sia. Ma prima mi paghi gli arretrati per il vitto, l’alloggio, il trasporto. Se no, col cazzo che ti do il passaporto indietro. Ho sostenuto delle spese, io. Sono un imprenditore, io, non la Fatebenefratelli.
E della polizia, del rischio che corro, ne vogliamo parlare? E di tutto quello che devo pagare, io, ne vogliamo parlare, Pezzo?
Tu non lo sai, la fai facile, tu devi solo chinarti e rialzati con le braccia piene di frutta, e fai bene attenzione a non rovinarla, cazzo!
Tu la fai facile, fai il tuo turno dall’alba al tramonto e te ne torni a dormire, che vuoi che sia, Pezzo?
Tengo famiglia, e poi c’è la Famiglia. Non si scappa, Pezzo. Non posso scappare e, minchia, nemmeno lo voglio. Dopotutto, così sono sempre andate le cose, tra polvere, caldo, furgoni scassati e bombole che scoppiano la notte davanti alle saracinesche dei negozi di quelli che non apprezzano tutto quello che facciamo per loro. Ingrati.
Lo sai tu che fine fanno gli ingrati, gli infami, Pezzo?
Ecco, non chiedertelo neanche, che non ti piacerebbe. Tu raccogli e non pensare.
Pensare…
Raccomandazione inutile, i pezzi non pensano. I pezzi si chinano per tre euro e mezzo a cassone. Solo qualche quintale poi puoi andare a dormire, che vuoi di più?
In fondo, fate tanto can can ma non fai una brutta vita, lo sai? Non hai un pensiero al mondo: ti svegli, lavori, mangi, dormi, ti svegli, lavori, mangi, dormi, ti svegli, lavori, mangi, dormi…
Che faresti tutto il giorno se non ci fossi io che ti vengo a prendere all’alba all’incrocio per portarti nei campi, tre euro e mezzo a cassone? Un cazzo faresti.
Ciondoleresti sotto il sole, in piazza, a dar fastidio alle femmine, così dovrei venire e riempirti di botte perché le nostre femmine non si toccano, non si guardano. Alle nostre femmine non ci devi nemmeno pensare, Pezzo. Sono nostre, ti è chiaro?
Quindi vedi che ti tengo pure lontano dai guai? Ringraziami, Pezzo, che ti salvo la buccia ogni giorno che Dio manda in terra. E se non ti piace, alza quei tacchi impolverati e fila, torna da dove sei venuto, oppure crepa, che non fa differenza per me. Tanto, a tre euro e cinquanta a cassone, ne trovo migliaia, di pezzi.
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