ACCIDIA . Monológos
Credo nelle rovesciate di Bonimba
In 20 Febbraio 2017 da Fabio MuzzioRitorniamo nel 1998 e all’esordio cinematografico di Luciano Ligabue: Radiofreccia fu un successo quasi inaspettato. Il film è tratto dalla raccolta di racconti Fuori e dentro il borgo dello stesso cantautore di Correggio.
Radiofreccia è il paese di provincia e gli anni Settanta, l’Italia del bar di paese e dei personaggi che ci ruotano attorno, che vivono tra illusioni, cinismo, dubbi e problemi la loro giovinezza. Quelli sono stati gli anni del terrorismo e delle bombe, delle rivolte studentesche e delle radio private. Radio Raptus International diventa Radiofreccia il giorno in cui Ivan Benassi muore per overdose di eroina e terminerà le trasmissioni nel 1993 un’ora prima di diventare maggiorenne.
Il monologo che abbiamo scelto è proprio quello di “Freccia” che si confessa in piena notte chiedendosi, le domande e i dubbi che ci si pone tra amici: in cosa credere, i valori che si devono avere nella vita, quello che si desidererebbe avere nel presente e nel proprio futuro.
Oggi ho avuto una discussione con un mio amico; lui… lui è uno di quelli bravi, bravi a credere a quello in cui gli dicono di credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente. Be’ non è vero… anch’io credo… Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards.
E da quella radio che “non ha mai coperto tutta la Provincia” come dice il suo fondatore Bruno, Ivan racconta il suo disagio, che è un disagio palesato da quasi tutti che, nel bene o nel male attraversa tutti i decenni e i giovani che li vivono: l’affitto, il lavoro mal pagato, l’amore e le paure che nascono da dentro. In fondo qualche volta il rimedio c’è:
… il rock n’ roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
C’è pure il desiderio di andarsene, di scappare via:
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
Il fascino del micorofono che si intreccia con quella della notte permette di mettersi a nudo, sapendo che qualcuno dall’altra parte c’è e ti sente anche se stai parlando a te stesso. E parlare diventa un esercizio di sincerità, che senso avrebbe mentire, soprattutto per chi, come Freccia, è un animo fragile.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po’ di ricaricare le vostre scorte con questo…
Ivan chiude il monologo mandando in onda Rebel Rebel* di David Bowie, una tra le canzoni simbolo di quel decennio.
Radiofreccia, monologo Freccia (Stefano Accorsi)
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