Zora

Zora

A te che arrivi per la prima volta, voglio dare un consiglio. Zora è una città particolare, in tutto e per tutto uguale alle altre che già conosci, stesse vie, piazze, giardini, insegne, fontane e monumenti, ma stai attento a come ti comporti. Intendiamoci, non che la città ti faccia male, ma per quello strano disegno sovrannaturale che t’impedirà di dimenticare il pur minimo gesto o la più flebile parola, nemmeno uno dei momenti che qui passerai, sarà la tua memoria una benedizione o una condanna. Perché a Zora niente cade nell’oblio. Il nome delle strade, la scritta sui campanelli, la serenata di un innamorato, la sgridata a un bambino che di dormire non ha voglia, la foglia che ondeggia e cade sul marciapiede, il tacco che la calpesta, la calza velata che attira il tuo sguardo, il dindondare del campanile del duomo, il cristallo infranto d’una gioielleria, la sirena che rincorre un ladro, la macchina parcheggiata con i vetri appannati, il cincin di un anniversario, il bouquet di fiori avvolto nella cartapesta. Niente, a Zora, cade nel dimenticatoio. Quindi, tu che arrivi per la prima volta, accetta il mio suggerimento, non fare o dire niente che possa da te stesso esserti rinfacciato. Perché Zora è bella per chi coltiva intenzioni buone, ma non è altrettanto per chi commette un’ingiustizia. La vera condanna, qui, non è la prigione, i giudici, anzi, sono clementi, perché tanto non puoi scappare alla tua coscienza. Se rubi un bacio, un sorriso, una carezza, una notte d’amore segreto, nessuno ti punterà il dito, ma di quel gesto squallido, sarà il tuo stesso rimorso la più grande penitenza.