Appunti di viaggio . IRA
Si vis pacem, para bellum
In 24 Febbraio 2023 da Matteo Rosiello - Matt RossDicono che tutte le strade portino a Roma. Se questo è vero, è ancor più vero dentro Roma.
Mi spiego meglio. Guardando dall’alto una piantina della città, non si può non notarne il centro geografico. Un fitto dedalo di stradine che confluiscono in assi viari maggiori, la maggior parte dei quali costruiti attraverso gli sventramenti postunitari. Sì, perché la Roma rinascimentale sprofondava le sue radici nella città medievale e in quella imperiale ancor prima.
Rispetto alle altre capitali europee, quella italiana è la più ricca di storia e l’unica non andata a fuoco in grandi incendi. In questo modo la stratificazione è stata un’evoluzione naturale che ha portato il conservarsi di vicoli antichi.
Dopo il 1861 ed ancora più specificamente durante l’età fascista quindi Roma, più che una città moderna, aveva le sembianze di un grande paese, cresciuto disordinatamente.
I primi piani regolatori videro così la necessità di adeguarla a standard che sembravano irrinunciabili. Roma perse così il rapporto con il suo fiume, il Tevere, a vantaggio di muraglioni alti oltre 18 metri che l’hanno protetta dalle piene disastrose. Ma non solo. Scomparvero interi quartieri come Spina di Borgo per far spazio a grandi assi viari. Nacquero così Via Della Conciliazione, Corso Vittorio Emanuele II, Via Nazionale, Via Cavour, i chilometrici Lungotevere e molte altre grandi vie di comunicazione.
Seguendo la vecchia Via del Mare, ora Via del Teatro Marcello, arriviamo nella sede di uno dei maggiori sventramenti del XX secolo. Un intero quartiere popolare venne abbattuto per far spazio non ad un’infrastruttura di viabilità, ma ad un monumento, che doveva rappresentare il simbolo di un’intera nazione in battaglia, l’impero che attraverso la guerra rinasce e si espande negli altri continenti. Stiamo parlando del “Vittoriano”.
Disegnato dall’architetto Giuseppe Sacconi, che vinse un concorso pubblico per la sua realizzazione, il monumento è intitolato al primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II. La costruzione iniziò nel 1885 e si fece in modo che allo scoccare del primo cinquantenario dall’unità fosse già fruibile al pubblico.
La sua collocazione portò all’abbattimento di chiese, ospedali, case e al trasferimento coatto di una gran quantità di persone in quartieri periferici di nuova costruzione. Il luogo scelto era simbolico: il Campidoglio, sede comunale della città di appartenenza e uno dei Colli dove venne fondata la Città Eterna. La bellezza di alcuni palazzi che ricadevano nell’area della sua realizzazione portò allo spostamento di questi, mattone dopo mattone. Insomma, un’opera colossale per il tempo in cui è stata realizzata.
Uno dei molteplici nomi con cui questo simbolo di potere militare è stato ribattezzato è “Altare della Patria”. Infatti al centro del piazzale mediano sorgono due braceri dal fuoco perpetuo, sorvegliati da una guardia d’onore, che richiamano la simbologia classica della memoria al sacrificio per amor patrio. Questo nome gli fu dato dopo che, al termine del primo conflitto mondiale, vi trovò sepoltura la salma di un militare senza nome. Infatti tra i suoi vari nomi si annovera anche “Monumento del Milite Ignoto”.
Tutto ciò è collocato appena al di sotto della grande statua rappresentante la Dea Roma, in onore alla città che ospita questo Altare laico.
Una grande curiosità è che da “contraltare”, alle sue spalle, sorge una delle chiese più affascinanti di Roma, ovvero Santa Maria in Ara Coeli, celebre per la sua scalinata che sembra infinita (124 gradini!).
La maestosità del Vittoriano è grande almeno tanto quanto la storia del luogo in cui sorge. Durante gli abbattimenti e la successiva costruzione venne creata una commissione apposita per stabilire se i vari ritrovamenti archeologici che si susseguivano dovessero essere risparmiati, ricollocati o distrutti. La scelta spesso è stata così ardua che vari sindaci, archeologi ed esponenti politici si sono contrapposti a gran voce alle distruzioni in atto, fino ad alzare la voce in parlamento. Il progetto stesso è stato più volte rivisto e modificato, per far spazio a luoghi sotterranei di cui all’inizio non si conosceva nemmeno l’esistenza. I locali ritrovati durante gli scavi sono così estesi in profondità da essere stati utilizzati anche come rifugi antiaereo durante la seconda guerra mondiale!
Salendo verso la sommità si notano le statue di quattro vittorie alate e sulla sommità di un porticato enorme, imponente (lungo 72 metri, con colonne alte 15 metri), sono poste le statue della Quadriga della Libertà e della Quadriga dell’Unità, riconoscibili da lontano, da moltissimi celebri affacci in città. Sul cornicione superiore del colonnato sono presenti le raffigurazioni delle Regioni d’Italia.
Per capire la grandezza di questo monumento serve qualche numero: 17550 metri quadrati di estensione in superficie, è largo 135 metri e si eleva per 81 metri. Le fondamenta scendono fino a 17 metri e sono necessarie a sostenere il peso della struttura, delle statue e di tutto il rivestimento marmoreo di cui è interamente ricoperto. Infatti sia dall’alto, sia da Piazza Venezia (anch’essa ampliata per garantire alla vista la maestosità dell’opera), compare come una lucente apparizione, tra palazzi rinascimentali ed architetture antiche.
Un’altra curiosità: data la sua forma del tutto particolare, unica, il sarcasmo dei cittadini romani l’ha ribattezzato “la macchina da scrivere”. Guardandolo di fronte non è difficile capire il perché.
Al centro del Vittoriano troneggia la statua equestre di Vittorio Emanuele II. Forgiata in bronzo, è l’unica statua che rappresenta una persona e non una simbologia ed è a cavallo proprio in onore alla vita guerriera del soggetto rappresentato. Terza ed ultima curiosità riguarda l’interno cavo di questa opera: nella sua pancia, in occasione di una visita di Vittorio Emanuele III, venne allestito un banchetto in cui parteciparono più di venti persone. Non si direbbe così spaziosa dall’esterno!
Il pacifismo dilagante registrato nella seconda metà del secolo scorso ha portato all’oblio di questo monumento, quasi dispregiato, simbolo di una civiltà guerrafondaia in cui i cittadini italiani non si riconoscevano più. Basti pensare che la parata delle forze militari del 2 giugno, festa della Repubblica, arriva in grande spolvero proprio qui.
Il 150° anniversario della Repubblica, unito alla riscoperta di un sano patriottismo, incentrato però sui valori europei, ha portato alla lenta rinascita di questo luogo.
Proprio grazie a questa riscoperta, negli ultimi anni sulla sua sommità vi hanno trovato sede un bar/tavola calda, in cui fare una piacevole sosta con vista sul Colosseo, sul complesso dei Fori e della Suburra (l’odierna Monti) e dal 2007 un ascensore che permette di arrivare alla sommità, vicino alle quadrighe, per godere di un panorama unico. Certo, questa sarebbe anche raggiungibile percorrendo i 196 scalini che partono dal sommoportico, in aggiunta ai 243 gradini esterni…
Ad oggi all’interno del Vittoriano si trova un importante spazio espositivo, sede permanente del Museo del Risorgimento ed ospitante mostre temporanee. Durante l’ultima visita ho avuto la fortuna di imbattermi in “Roma Silenziosa Bellezza”, una mostra in cui sono esposte le fotografie, realizzate durante il lockdown di marzo 2020 ad una Roma deserta, da Moreno Maggi, maestro internazionale di fotografia di architettura. Beh, la fortuna è stata poter vedere quelle immagini dal vivo. Alcune grandi fino a 1×3 metri. E rivivere le emozioni e le sensazioni di quei giorni, in cui affrontavamo un’altra guerra, contro un nemico invisibile.
Ma la fortuna ancora più grande è stata imbattermi nel Maestro che ha realizzato quegli scatti: potergli chiedere informazioni sul materiale e le tecniche utilizzate per scattare, avere la possibilità di parlare più in generale di Fotografia, di mostre fotografiche, dei messaggi che lascia uno scatto. Il Vittoriano è anche questo. Storia contemporanea e grandi maestri di oggi.
Al prossimo racconto!
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