
IRA . Racconti da Kepler
La Comune di Parigi
In 26 Marzo 2021 da Il ViaggiatoreOggi è il 26 marzo 1871. Sono a Parigi da otto giorni, da quando il 18 marzo, che sulla Terra, o meglio, in Francia, cadeva di sabato, mi hanno detto: vai, agli umani francesi sta succedendo qualcosa di straordinario.
La bandiera rossa, i cittadini armati, le strade sporche e polverose, le grida di rivoluzione, il cielo color acciaio. Ho avuto un déjà vu, sabato scorso. Era come se queste strade, ora molto più ampie e ariose, questi tetti di zinco, questa folla arrabbiata e affamata, fosse la stessa del luglio 1789, quando incontrai qui Élise de Berger.
Ma ora la folla era più matura, era consapevole. Sfilava con sicurezza. Vedo nell’evoluzione dell’uomo, in questi ottant’anni che hanno visto due repubbliche, tre monarchi e due imperatori, la pelle dura di chi non abbandona un sogno, lì a due passi, lì per sempre. È questa Parigi, il sogno, questa città trasformata dal barone Haussmann e dall’imperatore Napoleone III, ora sconfitto, come accade a tutti i leader forti e feroci. Lui non c’è ma Parigi è qui, sotto i miei piedi, davanti ai miei occhi di giornalista kepleriano, e come sempre mi sconvolge.
Ma sono qui per osservare e scrivere. Sono qui per voi umani, che sarete posteri, e vedrete questi otto incredibili giorni francesi attraverso la mia testimonianza.
«Monsieur, s’il vous plait, Monsiuer». Lo rincorro, non mi ha sentito. È un ragazzo forte, dal fare sveglio. Ha voglia di raccontare, deve, ne ha urgenza. Cosa volete ricordare di oggi?, mi pare di chiedergli.
«Basti, per noi, il ricordare in quali condizioni terribili versasse la Francia e particolarmente Parigi alla vigilia del 18 Marzo del 1871 – dopo Sedan – dopo la proclamazione della repubblica – dopo l’assedio – dopo la fame – dopo la capitolazione – dopo l’entrata dei Prussiani in Parigi – dopo i tentativi di restaurazioni monarchiche apertamente fatti dai reazionari e dopo che la repubblica, continuando nelle tradizioni autoritarie, nei vizi e negli errori dell’impero, non aveva salvato né la Francia dal disonore, né il popolo dalla miseria. Era un sentimento generale di mal compressa ira contro le vilissime genti, che, dopo avere sfrontatamente dichiarato che non avrebbero ceduto mai né una pietra delle fortezze né un pollice del territorio francese, gettavano, invece, la Francia ai piedi del vecchio imperatore di Germania e del gran cancelliere di Bismarck e lasciavano entrare i Prussiani in Parigi».
E poi gli chiedo del 18 marzo, del tentativo di Thiers di armare i cannoni a Montmartre, fallito in favore del popolo. E lui, fiero, mi dice, con lo sguardo rivolto all’altura, quelle viuzze che mi pare di vedere, e di sentirne la musica lieve che esce dai piccoli café: «Ciò, che avvenne a Montmartre si ripeté in altri punti di Parigi. L’aggressione ordinata dal governo fallì completamente. Il governo fuggiva da Parigi, abbandonando la città a se stessa. Il popolo trionfava. Era l’alba del 18 di Marzo».
Lo lascio andare, ché con sorriso orgoglioso mi dice che va alle urne. È domenica, la città si è svegliata felice. Duecentotrentamila elettori sono in fila per eleggere, per la prima volta, novanta consiglieri comunali tra cui diciassette membri dell’Associazione Internazionale dei lavoratori.
Bandiera rossa sventola. Parigi si autogoverna. Oggi è un buon giorno, mi pare di udire, e non pensiamo a ciò che verrà. Lasciamolo nella storia, a un’altra pagina violenta, a una nozione che gli studenti devono ricordare per l’interrogazione: la terza repubblica, la settimana di sangue, la lotta. Ma oggi ci sono solo diritti: per il popolo, per le donne, per la patria.
Guardo la città illuminata da un sole di mezzogiorno incerto. Mi dico che tornerò presto, magari quando non avrò nulla da scrivere, e potrò passeggiare come uno di voi, senza fretta, nel quartiere latino, e fermarmi a mangiare una crêpe su, al trocadero, ed entrare in una delle vostre chiese per sentire il profumo di incenso.
Sbarazzandola per un istante di tutte le circostanze drammatiche, che la provocarono, l’accompagnarono, la seguirono, la Rivoluzione del 18 marzo 1871 può riassumersi in due parole. Essa voleva il Comune libero. E, sulla base del Comune libero, l’Eguaglianza sociale.
Tutte le citazioni sono tratte da Andrea Costa, Il 18 marzo e la Comune di Parigi, Imola Lega tipografica, 1896.
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