IRA . Racconti da Kepler
Mario Chiesa
In 17 Febbraio 2017 da Il ViaggiatoreÈ un pomeriggio particolarmente ventoso, qui a Milano ma questo può portare un vantaggio: l’aria è meno inquinata rispetto a quella che ho respirato in altri viaggi. Piazza del Duomo con il termometro davanti a me segna 4 gradi: oggi è il 17 febbraio 1992.
Meglio prendersi un caffè. Mi dirigo verso i portici, mi infilo nel primo bar che trovo. La velocità, certo, è una caratteristica: velocità alla cassa e velocità al bancone. Le 1000£ che ho pagato portano l’effige di Marco Polo. Amo il caffè: su Kepler non abbiamo una bevanda simile. All’inizio berlo mi provocava una certa insonnia, che mi spaventò non poco, ma ora – be’ – mi ci sono abituato. Lo amo semplice e amaro e devo dire che questa semplicità sorprende il barista, abituato alle richieste più varie. Ha l’aria sveglia, avrà vent’anni o giù di lì. Ha una camicia bianca e un farfallino nero. Canticchia Don’t let the sun go down on me nella versione di George Michael ed Elton John, la canzone del momento e proprio ora in onda alla radio. L’ultimo goccio di caffè è andato, poso la tazzina. Prima di uscire intravedo i due quotidiani principali, da quel che ho capito: il Corriere della Sera e la Gazzetta dello sport, ne approfitto. A Palazzo Chigi è in carica il settimo Governo Andreotti e il Presidente della Repubblica è Francesco Cossiga, sul finire del mandato e in rotta di collisione con buona parte del mondo politico: lo hanno ribattezzato il Picconatore. Il sistema politico italiano, che ho scoperto essere uno dei più interessanti del vostro mondo, sta cambiando: la caduta del muro di Berlino e l’avvento della Lega Nord di Umberto Bossi, che proprio oggi promette attraverso un’intervista di diventare il terzo partito italiano, sono state le prime spallate. Quella che viene definita Prima Repubblica è infatti lenta agonia, con diversi scandali, arresti e indagini che interessano quasi tutti i livelli della società ma è da oggi che inizierà la sua parabola discendente e definitiva con l’episodio che, seppure tra i più marginali, ha scatenato un effetto domino di reazioni.
Ho capito che in un bar è abitudine parlare di calcio. Il Milan è in testa ma la Juventus ha vinto riducendo le distanze in classifica. Va male l’Inter, che ha messo in panchina – mi par di capire, – una vecchia gloria: Suárez. Non mi è ben chiaro il concetto di vecchia gloria ma poco importa. La discussione tra due avventori è qui piuttosto animata e divertita: alla fine questi si danno appuntamento al prossimo derby. Qualcuno parla pure di uno sciatore, Alberto Tomba, favorito per la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Albertville. Uno si avventura in una discussione politica: da un mese Milano ha un nuovo Sindaco, Giampiero Borghini, perché Paolo Pillitteri, quello che si firma nei corsivi CdC, – che ho scoperto significare Cognato di Craxi – si è dimesso per dissidi tra i due partiti maggiori della giunta, DC e PSI. Craxi è stato in prima linea sulla questione: del resto Milano è la sua città. Mi verrebbe voglia di intervenire e dire loro che tra poco Ghino di Tacco sarà impegnato in ben altro ma la consegna del silenzio è d’obbligo. Guardo fuori dalla vetrina e capisco quanto il calore del bar contrasti con il freddo lì fuori. Ma devo uscire: il mio appuntamento mi attende. Sono le 16.45.
Ho in tasca un biglietto della metropolitana preso all’edicola poco lontano da qui e ho ben in mente il percorso: metropolitana rossa, quella con capolinea Inganni (e non Molino Dorino: devo stare attento!). Otto fermate per arrivare alla fermata Gambara e poi in via Antonio Tolomeo Trivulzio, 15. Scendo le scale qualche minuto prima che precede la teorica chiusura degli uffici ma i pendolari sono già numerosi e i corridoi pieni: Milano corre, corre sempre. La cosa che mi infastidisce di più qua sotto è l’odore, davvero nauseante. Ne ho sentiti di peggiori e ben più forti ma questo miscuglio di ferraglia, cibo riscaldato nei baretti, piscio e via vai è davvero sgradevole. Attendo paziente l’arrivo del treno: mi posiziono in testa, preferisco. Arriva e salgo, la chiusura da ghigliottina della porta mi regala la sensazione della trappola. Si sta schiacciati: non vedo l’ora di arrivare.
Ho notato un particolare: nessuno sembra felice. C’è chi è immerso in un libro, chi guarda nel vuoto, chi distrattamente legge una pubblicità appesa ai sostegni, chi chiacchiera con l’amica dei guai sul lavoro. Al cinema danno un film commedia: Maledetto il giorno che ti ho incontrato e per chi vuole una pellicola più impegnata, invece, Lanterne rosse. I poster li avevo visti anche in piazza del Duomo fuori dal cinema sotto i portici. Da un quotidiano sbircio che questa sera dopo la Cartolina di Andrea Barbato ci sarà il Processo del lunedì. Un processo solo un giorno la settimana e pure in TV? Solo domani si leggerà di una trasmissione saltata all’ultimo su Italia 1, per un dissidio tra un giornalista, Giuliano Ferrara e l’editore nonché proprietario della TV dove è sotto contratto: Silvio Berlusconi, uno che, tra non molto non sarà più solo il Presidente del Milan, di Mediaset e l’amico di Craxi. Ho passato Pagano e stiamo per inserirci nel ramo di metro rossa che mi porta a destinazione.
Prima di calarmi in questa serata milanese mi è stato consigliato di vedere un film: Il portaborse. Lì, mi hanno detto in redazione, avrei capito molto di quel che stavo per vivere e poi raccontare: vediamo se è vero. Sono arrivato, scendo insieme a molti altri. Un sollievo. Il caldo era asfissiante, voglio riemergere e respirare aria fresca appena possibile. La metro riparte alle mie spalle. Sono le 17 passate e la Baggina di via Trivulzio mi aspetta.
Passeggio nel rumore di una città inconsapevole di quanto stia accadendo. Soffio sui miei guanti, perché le mani sono tornate velocemente gelide. Alzo lo sguardo e intravedo qualcuno entrare nel Pio Albergo Trivulzio: si tratta di un imprenditore, Luca Magni, Amministratore delegato della Ilpi, Impresa Lombarda Pulizie Industriali. Fuori invece tre Carabinieri in borghese stanno aspettando. Sono in ascolto, perché Magni ha microfono e telecamera nascosta e sta per consegnare una tangente di 7 milioni di lire a Mario Chiesa, il Presidente dell’Istituto. Tra un po’ i tre militari faranno irruzione cogliendo sul fatto colui che, dal suo segretario nazionale Bettino Craxi, verrà definito un Mariuolo. Le indagini vanno avanti da un anno, perché qui pare una prassi consolidata il pagare una percentuale per avere l’appalto. L’Italia comincerà a conoscere un’indagine che verrà chiamata Mani Pulite, episodio che darà il via libera a quella più nazionale che sarà denominata Tangentopoli. Se Bobo Craxi, Segretario milanese del partito e figlio di Bettino, il giorno successivo definirà “un caso isolato” l’evento, questo si dimostrerà tutt’altro che unico.
L’Alfa 164 che condurrà dopo le 22.00 Mario Chiesa al Commissariato di Moscova, aprirà una nuova stagione: la Repubblica vivrà momenti di alta tensione e le pressioni sul gruppo di magistrati impegnati nelle indagini, il pool di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, Gerardo D’Ambrosio, Francesco Saverio Borrelli, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Armando Spataro, saranno notevoli. La storia successiva la conoscete meglio di me: le stragi con l’uccisione di Giovanni Falcone prima e Paolo Borsellino poi, la Presidenza affidata a Oscar Luigi Scalfaro, l’ombra di un golpe l’anno successivo.
Di Pietro entrerà in politica, togliendosi la toga, così come aveva minacciato platealmente di fare durante il processo Enimont. Craxi verrà salutato a suon di monetine fuori dal suo albergo romano e dopo l’accusa in Parlamento a tutta la classe dirigente, a suo dire altrettanto colpevole di quel sistema, morirà esule sfuggendo di fatto alla giustizia. Vi saranno suicidi eccellenti, indignazione, dirette TV, giustizialismo mediatico diffuso. Silvio Berlusconi, invece, raccoglierà l’eredità del pentapartito cambiando la politica, il modo di farla e il modo di raccontarla.
In questa sera di febbraio le luci della città sono sfolgoranti. Il vento continua a tagliare la mia faccia. Nel ripensare a quanto un episodio possa rivoluzionare un Paese, ripenso a Cesare Botero de Il portaborse. Mi serve un caffè e ci aggiungo un cioccolatino per mitigare l’amarezza.
Alla prossima.
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