
IRA . Racconti da Kepler
Il Dottor Živago: il sì di Feltrinelli e il no di Chruščёv
In 23 Ottobre 2015 da Il ViaggiatoreIl momento è solenne in questo 23 ottobre 1958 qui a Stoccolma: l’Accademia svedese ha appena annunciato il Premio Nobel per la letteratura. Ho come l’impressione che in pochi si siano sopresi, piuttosto mi sembra che tutti si stiano chiedendo cosa succederà adesso.
Boris Leonidovič Pasternak ha 68 anni ed è stato premiato per Il dottor Živago. Si tratta dell’unico romanzo del poeta e traduttore russo figlio di una famiglia intellettuale moscovita. L’Italia, grazie al fiuto di Giangiacomo Feltrinelli, è stato il primo Paese a pubblicarlo, non senza difficoltà, nel novembre dello scorso anno. Tra i due c’è anche un rapporto intenso e di amicizia come si evince dal loro carteggio.
La Guerra fredda ha diviso oramai da un decennio il mondo in due e un libro può – anzi, posso dire deve – essere un modo per combattersi. Mi sono davvero appassionato alla vostra storia, così complessa e al tempo stesso semplice e tragicamente ripetitiva. In questi anni ci si combatte ovunque e di frontiera in frontiera, sia essa un’isola caraibica, un satellite nello spazio, le spie che rivelano reciproci segreti e la letteratura.
Zivago, Antonina, Lara, Atipov, Tanja e gli altri sono inseriti in una rivoluzione che ha trasformato un Paese, quello meno operaio nell’ottobre del 1917 e ne ha fatto una potenza ancora più superiore di quella che stanca e languente era ancora la Russia prima di Lenin e Stalin.
Pasternak racconta di quel medico con la passione per la poesia diviso tra due donne, così diverse nel carattere: una tradizionale e una rivoluzionaria e ribelle a proprio modo. In fondo è solo una vera passione che si “scatena” a una vita tutto sommato monotona e che ha bisogno di un cambiamento. Non è ovviamente questo a spaventare Nikita Sergeevič Chruščёv, Segretario del PCUS e che costringerà lo scrittore a rinunciare al Premio, ma l’ovvio ritratto e racconto che evidenzia gli aspetti negativi più che le magnificenze degli ideali.
Mentre ascolto i colleghi discutere sulle implicazioni sociopolitiche mi chiedo se sappiano che è stata la CIA a ritrovare un manoscritto in lingua russa e a consegnarlo all’Accademia. E sì, se Il Dottor Zivago non fosse risultato scritto nella lingua originale non poteva essere premiato. La beffa probabile al KGB diventa l’ennesimo episodio di confronto tra i due blocchi.
Pasternak non vivrà ancora a lungo nel suo esilio a Peredelkino, non lontano da Mosca, perché morirà in povertà il 30 maggio 1960. Non riuscirà a vedere che Chruščёv picchierà la propria scarpa dal leggio dell’ONU, in uno dei gesti più clamorosi e ricordati dalla comunicazione. Non so se nel momento in cui ha saputo della vittoria abbia avuto la tentazione di compiere il medesimo gesto per la rabbia o lo sconforto, di certo lo farei più che volentieri io in questo momento. Ma in questa Accademia voluta dal Re Svedese Gustavo III nel 1786 l’aria solenne mi fa trattenere il gesto che rimane solo nella mia mente.
Pasternak non riuscirà nemmeno a vedere la trasposizione cinematografica del 1965 che vincerà ben sette Oscar® e uno se lo aggiudicherà un altro italiano, Carlo Ponti produttore della pellicola.
Il romanzo uscirà in patria solo nel 1988 per volere di Michail Gorbačëv come segnale, tardivo, di un cambiamento in quegli anni che si immaginava forse diverso da quello che in realtà è diventato.
Il Premio Nobel verrà ritirato solo nel 1989 dal figlio Evgenij a ricompensa tardiva di un riconoscimento tanto negato quanto meritato.
Per chi volesse approfondire il carteggio tra Giangiacomo Feltrinelli e Boris Leonidovič Pasternak può farlo a questo link.
In questi giorni viene presentata la versione restaurata della pellicola cinematografica girata da David Lean: ecco il link.
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