Le interviste superbe . SUPERBIA
Calvino Pop. Intervista a Trifone Gargano
In 19 Settembre 2023 da Fabio MuzzioIl nome di Trifone Gargano è ben noto a cultori e appassionati di quel mondo di mezzo che incrocia la cultura letteraria canonica, accademica, con il mondo pop. Appassionato dantista, autore di testi noti come Dante pop e rock (2021), Dante Pinocchio Harry Potter (2022), nel corso del 2023 – complice la ricorrenza centenaria della nascita di Italo Calvino – torna in libreria con un volume (colorato e illustrato da Carlo Volsa): Calvino pop (Progedit). Lo abbiamo intervistato in merito.
La notte tra il 18 e il 19 settembre del 1985, muore un autore nel quale la dimensione pop e la leggerezza si erano da sempre sposate: Italo Calvino.
Esattamente. Calvino ha saputo interpretare il pop a modo suo. Se solo penso a opere come Marcovaldo, in anticipo sul presente di almeno cinquant’anni; oppure, alla Trilogia degli antenati, così sorprendentemente attuale, sia per le suggestioni sul ruolo della scienza nella società, sia per la complessiva levità che caratterizza tutti e tre i romanzi di quel ciclo…
E la leggerezza, caro Trifone, è anche materia tua e, di certo, torna a ricongiungersi anche in questo saggio critico, dove troviamo una rivisitazione delle più originali chiavi pop in cui leggere Italo Calvino.
Gli anniversari servono (anche) per questo: da un lato, tirare una linea e verificare quanto di un autore di classici sia ancora vivo nel nostro tempo; sia, anche, per far luce su opere o aspetti di un autore che, nel corso dei decenni, la critica non ha adeguatamente messo in luce, o ha, addirittura, ignorato. Ebbene, nel mio Calvino pop, ho provato a fare questo: raccontare un Calvino ingiustamente definito “minore”, e, quindi, scarsamente studiato e letto.
Facci un esempio tra i più pop.
Alludo al Calvino autore di testi di canzoni pop, ed ecco che ritorna la questione del mio approccio didattico e scientifico attento ai linguaggi del pop, alle contaminazioni.
Citi anche il Calvino giornalista sportivo, ed effettivamente per noi, pur essendo amanti dell’autore, questa sua caratteristica era sconosciuta.
A Bari, in Università, da qualche anno, insegno presso il corso di studi di Scienze delle Attività Motorie e Sportive, la disciplina «Lo Sport nella Letteratura», e cito spesso questo -come dite voi- sconosciuto autore di pezzi giornalistici degni del più noto e grande Italo Calvino. Nel saggio vi parlo di La partita che non ho visto, un resoconto giornalistico della partita Italia-Inghilterra del 1948, che Calvino non vide perché restò fuori dallo stadio, attratto da ben altro spettacolo che lì si svolgeva, sotto i suoi occhietti attentissimi e curiosi.
E il Calvino cibernetico?
Alludo, nel mio libro, al Calvino di un piccolo testo, Cibernetica e fantasmi, nel quale, già cinquant’anni fa, Calvino rifletteva sulla possibilità che, prima o poi, si sarebbe giunti a una macchina capace di generare testi di senso compiuto, testi letterari. Ebbene, oggi quella macchina esiste, ed è l’app Chat GBT. Mi sembra, dunque, molto interessante e proficuo rileggere quel pezzo di Calvino per accompagnare la nostra odierna riflessione sulle tante implicazioni che un approdo tecnologico del genere comporterà nel nostro mondo, per notare gli “anticorpi” che Calvino suggeriva, dinanzi a simili macchine, per evitare le due opposte soluzioni più immediate (e sbagliate), da un lato degli integrati, dall’altro, degli apocalittici.
Infine parli del Calvino ecologista.
Oggi, tutti parlano e scrivono di ecologia. Calvino lo fece più di cinquant’anni fa, con La nuvola di smog, con Marcovaldo, con alcuni racconti delle Città invisibili, non capito (e, direi, da isolato). Negli anni Cinquanta, finita la guerra, e con il boom economico italiano -con le grandi industrie del Nord Italia che stavano cambiando il Paese-, che sembrava dare a tutti benessere e agiatezza, pochissime furono le voci critiche (penso a Pasolini), e tra queste poche voci si alzò quella profetica di Italo Calvino.
Ma c’è anche un Calvino attento alle questioni della formazione e della scuola. Un Calvino autore di una antologia per la scuola media (come si diceva in quegli anni). Calvino partecipò alla progettazione (didattico-scientifica) e alla realizzazione di una antologia di letture, scrivendo perfino le note di comprensione a piè di pagina di alcune novelle del Decameron di Boccaccio, mostrando, sia nella scelta dei brani da antologizzare, sia negli esercizi collegati ai testi, una adeguata e innovativa strategia di educazione alla lettura, davvero sorprendente e attualissima. Del resto, lo stesso titolo dato all’antologia, La lettura, sembra un titolo scelto oggi, che cioè traduca in sintesi l’attuale preoccupazione per una adeguata strategia di educazione alla lettura.
In chiusura, una domanda di stampo più personale: a che livello hanno influito, per un dantista, le celebrazioni del 2023 sulla scelta degli autori da trattare? C’era, di fondo, un progetto pregresso o le ricorrenze sono state spunto di una riscoperta (più o meno ammirata) di autori contemporanei? In definitiva, e in senso più ampio: credi che le ricorrenze letterarie fungano da spunto per nuovi approcci ai testi o restano ormai rimandi fini a sé stessi, poco utili alla ricerca e alla didattica?
Come ho già chiarito, gli anniversari sono sempre utili, a patto che non si esauriscano in meri e sterili appuntamenti celebrativi. Essi, al contrario, devono essere vissuti, a tutti i livelli, come occasioni importanti per un ripensamento complessivo del Classico, e, soprattutto, della sua presenza nel nostro tempo, una messa a punto del “senso” del suo essere testo attivo, nonostante i decenni trascorsi; cioè, testo ancora da leggere (o, al contrario, da non leggere). Nel caso di quest’anno, con Calvino e con Manzoni, dal mio punto di vista di lettore e di interprete di Dante, devo confessare che, nel primo caso Calvino, da tempo leggevo e studiavo quello che io definisco il dantismo carsico di Italo Calvino. Mi spiego meglio. Dinanzi a Calvino, nessuno pensa immediatamente a Dante, come Classico di riferimento, piuttosto, tutti pensano ad Ariosto, all’Orlando furioso, per tante ragioni (per esempio per la speculare multilinearità delle narrazioni, sia in Ariosto che in Calvino), e anche perché Calvino stesso ha esibito questa sua predilezione per Ludovico Ariosto, e per l’Orlando furioso. Eppure, c’è un dantismo carsico (talvolta, anche esplicito) che stupisce e sorprende. Penso a Palomar, alla sua struttura ternaria (esattamente come il poema dantesco), e ad alcuni passaggi (come la descrizione dell’onda), che rinviano alla Divina Commedia. Quindi, l’anniversario della nascita di Italo Calvino è stato, per me e per i miei interessi danteschi, uno stimolo prezioso. Nel caso di Manzoni, no. Alessandro Manzoni è autore poco dantesco (direi, con un azzardo, per nulla dantesco). Questo a-dantismo manzoniano ha diverse sfumature. A cominciare, per esempio, dalla dimensione linguistica. La soluzione “dirigista” manzoniana è quanto di più lontano da quanto Dante avesse teorizzato e vagheggiato nel suo De vulgari eloquentia. Ma anche sotto altri profili Manzoni è lontanissimo da Dante Alighieri. Se solo pensassi alla modernità di Dante, nel tratteggiare l’amore (forte, autentico, passionale, ancorché pericoloso) tra Paolo e Francesca, con i due che, all’Inferno, sono e restano abbracciati, come due veri innamorati. Ebbene, in contrasto con questa scena metterei l’anaffettività di Manzoni, che nel tratteggiare due giovani sposi promessi, in tutto il romanzo, non li fa mai, dico mai, abbracciare. Mai un bacio. Mai che Renzo tenga la mano a Lucia. Dante, sì, è autore modernissimo, da leggere. Manzoni no; è da archiviare, da non leggere (più).
Calvino, dunque, come ho provato a dimostrare in questo mio libro, è autore attivo e fertile, da leggere.
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