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Yukio Mishima
In 14 Gennaio 2022 da Giorgio BinnellaChi sono io?
L’eterno illuso appeso a un passato rappreso di sfarzi e codazzi di molli folle beccanti come polli le molliche di un impero, o l’amante mansueto di un mondo parallelo di muscoli e mantici soffianti, o il visionario che fra tanti unico ha visto il domani guardandosi indietro? Posso essere questo e altro, o altro da questo, ma, a voi, massa bacchettona di torvi benpensanti, nemmeno lo spiego, dico solo che “Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata, forse non è altro che un fragile vetro”.
Kimitake Hiraoka, più conosciuto con il nome di Yukio Mishima, nasce a Tokyo il 14 gennaio 1925. Scrittore, drammaturgo, saggista e poeta, e anche attore, regista cinematografico, e artista marziale.
L’infanzia trascorsa con la nonna segnerà il resto della sua vita e della sua arte. Obbedendo al suo volere, studia presso la scuola di Gakushūin, seguendo un’educazione di stampo quasi militare. Eppure, proprio nella rivista scolastica comincia a pubblicare poesie. Grazie al suo professore di Lettere, pubblica il racconto La foresta in fiore, completato nel 1941, sulla rivista Bungei Bunka, e lo firma con il nome che lo renderà famoso.
Laureatosi in Giurisprudenza, vive una doppia vita: funzionario ministeriale di giorno e scrittore di notte. Una vita insostenibile! Deve lasciare una delle due attività. Sceglie di lasciare il lavoro per dedicarsi alla scrittura.
Il successo e la notorietà arrivano nel 1949, con l’uscita del romanzo in parte autobiografico Confessioni di una maschera, in cui racconta l’evoluzione della propria omosessualità.
Tra il 1950 e il 1951 pubblica tre importanti romanzi: Sete d’amore, L’età verde e Colori proibiti.
Nel 1951 visita gli Stati Uniti, il Brasile e l’Europa come corrispondente dell’Asahi Shinbun. Ma è soprattutto l’arte classica greca a lasciare in Mishima un segno indelebile.
Inizia a dedicarsi al culturismo e, in seguito, alla pratica delle arti marziali.
Per compiacere la famiglia, nel 1958 si sposa con Yoko Sugiyama. La coppia avrà due figli, Noriko e Ichiro.
Si dedica anche al cinema, scrivendo, dirigendo e interpretando un film che narra la storia di un giovane ufficiale che decide di morire tramite seppuku insieme alla moglie.
Fonda la Tate no Kai (Società degli scudi), il suo “esercito privato”.
Il 25 novembre del 1970, a 45 anni, insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, occupa l’ufficio del generale Mashita dell’esercito di autodifesa. Dal balcone dell’ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tiene il suo ultimo discorso, in cui esalta lo spirito del Giappone e dell’imperatore che ne è l’incarnazione, e condanna la Costituzione del 1947 e il trattato di San Francisco del 1951, che hanno subordinato sentimento nazionale giapponese alla democrazia e all’occidentalizzazione.
Al termine del discorso, davanti alla televisione giapponese, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare dal suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita, che però sbaglia per tre volte il colpo di grazia. Sarà un altro compagno, Hiroyasu Koga, a porre fine alla vita di Yukio Mishima.
Citazioni
Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata, forse non è altro che un fragile vetro.
(da Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti – edito in Italia da Feltrinelli – 1988)
Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo.
(da Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti – edito in Italia da Feltrinelli – 1988)
Ecco come posso definire in una sola frase il cosiddetto amore: è l’illusione di poter congiungere il fenomeno con la realtà.
(da Il padiglione d’oro – edito in Italia da Feltrinelli – 1962)
Sapere e non agire equivale a non sapere.
(da Cavalli in fuga – Bompiani – 1983)
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