
Le opinioni superbe . SUPERBIA
La Daewoo Nubira SW 1.6 di Aldo, Giovanni e Giacomo
Sette automobili tratte dai film italiani
In 28 Aprile 2024 da Fabio MuzzioMi sono ricordato sette film italiani e ci ho ritrovato sette auto iconiche; la scelta è personale e opinabile però la “sfida” è che ve le ricordiate tutte.
Pront*?
** La foto di copertina è stata realizzata con Ideogram
La Lancia Aurelia B24 di Bruno Cortana
Il sorpasso, film del 1962 diretto da Dino Risi, è da annoverare tra i capolavori del nostro cinema. Viene considerato il primo road movie italiano e ispiratore di diverse pellicole hollywodiane.
Ne avevo già parlato in occasione della zuppa di pesce che Bruno Cortana e (Vittorio Gassman) e Roberto Mariani (Jean Louis Trintignan) ordinano al ristorante Mentana di Civitavecchia: se cliccate sul link della ricetta avrete un racconto più completo ed esteso di questo film.

Il sorpasso, Dino Risi, 1962 (Fonte YouTube)
Nel cast compare anche la diciassettenne Catherine Spaak, nel ruolo di Lilly, la figlia di Bruno. Tra critica sociale, boom economico, immaturità dei quarantenni (alla faccia di ciò che si legge oggi a testimonianza di una ciclica forma di critica generazionale) l’epilogo è noto sia per i protagonisti che per l’auto in questione, una Lancia Aurelia B24 (targata Roma 329446).
L’Aurelia, disegnata da Pininfarina, è stata prodotta per otto anni a partire dal 1950, mentre la B24 è uscita a partire dal 1955 con tre versioni, tra cui la la convertibile come quella guidata da Bruno.

Il sorpasso, Dino Risi, 1962 (Fonte YouTube)
L’auto prodotta dalla casa fondata nel 1906 da Vincenzo Lancia, oggi nel Gruppo Stellantis, alla fine venderà oltre 18mila esemplari.
La B24, un 2400 di cilindrata, 110 cavalli e in grado di superare i 172km orari, la si può trovare a 400mila euro.
La Fiat 1100/103E di Piede Amaro
Il grande successo de I soliti ignoti nel 1958 diventa subito un seguito l’anno successivo con Audace colpo dei soliti ignoti che vede due cambi importanti nel cast: dietro la macchina da presa si siede Nanni Loy al posto di Mario Monicelli e Marcello Mastroianni, con il personaggio di Tiberio Braschi, viene sostituito da Nino Manfredi con quello di Ugo Nardi detto “Piede amaro”.
Mastroianni tornerà, sempre con Loy alla regia, per l’ultimo capitolo I soliti ignoti venti’anni dopo del 1985 ma i primi due risultano inarrivabili.
Del film vi avevo già un po’ parlato in occasione del racconto sull’elogio della pernacchia e del pernacchio con Peppe (Vittorio Gassman) protagonista nel far spaventare gli amici e complici del furto: al centro c’è l’assalto al furgone che trasporta l’incasso del Totocalcio grazie alla complicità di Amedeo (Gianni Bonagura) il ragioniere infatuato dalla bella Floriana (Vicky Lodovisi), cantante e donna di Virgilio “Il Milanese” (Riccardo Garrone) il basista, che conta gli introiti delle giocate e conosce gli spostamenti del malloppo.

Audace colpo dei soliti ignoti, Nanni Loy, 1959 (Fonte YouTube)

Audace colpo dei soliti ignoti, Nanni Loy, 1959 (Fonte YouTube)
Tra le particolarità del film vi è il momento triste della morte di Pierluigi “Capannelle” che non resiste all’indigestione a seguito di una colossale mangiata che per lui è recuperare i troppi digiuni a cui una vita da ladro e renitente al lavoro lo hanno costretto.
Arriviamo alla macchina: Piede Amaro è un abile meccanico e pilota che predispone l’auto con cui scappare da Milano dopo l’assalto al portavalori: si tratta di una FIAT 1100/103E ovviamente elaborata: ricoperta con una pellicola nera e la targa MI 314456 verrà trasformata in bianca, con targa VT 64338 (che il fato vuole prima bloccarsi e poi sbloccarsi al momento giusto mentre è controllato dalla Polizia che insegue) e dovrà arrivare alla stazione di Bologna in tempo per raggiungere Peppe che li aspetta insieme agli altri tifosi che tornano dalla trasferta della partita Milan-Roma (l’alibi). I carburatori verranno spinti al momento giusto, soprattutto dopo la meravigliosa scena del “Datemi chiacchiera se no m’addormo” con Capanelle che gli canta Tua di Jula de Palma in uno dei momenti più divertenti dell’intero film, risposta di Piede Amaro compresa.

Audace colpo dei soliti ignoti, Nanni Loy, 1959 (Fonte YouTube)
La FIAT 1100 è stata prodotta dal 1939 al 1969 in 250mila esemplari con diversi restyling sostituendo la 500 Balilla e cedendo il testimone alla FIAT 128. La versione del film è quella E, prodotta tra il 1956 e il 1957. Con una velocità di circa 120km orari potete trovarla in Rete tra i 4mila euro (ma è da restaurare) e i 15mila euro. Potrebbe essere l’occasione di farsi cantare “Tua“.
LA FIAT 500C “Topolino” di Mimì Apertica detto “Mani d’oro” e del Brigadiere Gaetano Caputo
Il Commissario Rizzo, detto Piedone, rimane con tutta probabilità il personaggio cinematografico più ricordato dell’avvenura solitaria di Bud Spencer senza il compagno di pellicole leggendarie Terence Hill.
Di questa tetralogia vi ho raccontato qualcosa in occasione di una ricetta: il cocktail Capri.
Tolto di mezzo il film d’esordio del 1973, Piedone lo sbirro, tutto ambientato a Napoli, gli altri tre partono dalla città partenopea e trasfericono l’azione prima in Asia, con Piedone Hong Kong del 1975, poi in Sudafrica, con Piedone l‘Africano 1978 e, infine, con Piedone d’Egitto del 1980, tra il deserto, le piramidi e il Nilo.
Qui, però, c’è un discorso diverso: un’auto, per cui rimaniamo in tema, perché si tratta della FIAT 500C “Topolino”, che compare per ben due volte, con due colori diversi e rappresenta uno spunto della sceneggiatura che caratterizza gli altrettanti proprietari.

Piedone a Hong Kong, Steno, 1975 (Fonte Dailymotion)
La prima volta è in Piedone a Hong Kong: il Commissario Rizzo deve smascherare un traffico di droga con l’Oriente e la “talpa” nella Polizia sventa qualsiasi tentativo; l’azione dalla Napoli dei vicoli e del contrabbando si sposta per “un viaggio lungo assai” come predice la zingarella al Commissario: Bangkok, Hong Kong e Macao. Il cast si avvale di Al Lettieri (reduce da un ruolo ne Il Padrino) che si finge mafioso pentito ma in realtà agente dell’FBI alla ricerca del traditore e di Robert Webber, caratterista in diversi film hollywoodiani, nel ruolo di Sam Accardo, l’agente dell’Interpol. Il gusto per l’esotico, i cinesi che sono ancora 1 miliardo, come dirà Rizzo durante una delle tante risse, ci portano in un mondo che era abbastanza da scoprire e ancora lontano dal boom economico conosciuto con la globalizzazione. Non manca il bambino, per fare da contrappasso al gigante buono: Yoko (il giapponese Daygolo) e il fedele Brigadiere Caputo (Enzo Cannavale).

Piedone a Hong Kong, Steno, 1975 (Fonte Dailymotion)
L’emigrante che vive di espedienti è Mimì Apertica detto “Mani d’oro”, apolide di Pozzuoli, che prima borseggia Piedone e poi, una volta scoperto, lo aiuta nella sua parentesi di Bangkok accompagnandolo al thai Village con la sua macchina, la FIAT 500C “Topolino” nera e ocra che possiede una particolarità: la guida a destra come le macchine per il mercato anglossassone.
Qualche curiosità su “Mani d’oro”: lo interpreta Francesco de Rosa, al debutto con questo film e poi entrato nel cast di film come, per esempio, Così parlò Bellavista e Febbre da cavallo dove è Felice Roversi, il terzo componente del gruppo di scommettitori incalliti insieme a Bruno “Mandrake” Fioretti (Gigi Proietti) e Armando “Er Pomata” Pellicci (Enrico Montesano). L’ultima apparizione dell’attore napoletano è stata ne La passione di Cristo diretto da Mel Gibson nel 2004, anno in cui si è purtroppo suicidato.

Piedone a Hong Kong, Steno, 1975 (Fonte Dailymotion)
Da Hong Kong ci spostiamo a Johannesburg, dove Piedone arriva dopo l’omicidio del collega sudafricano al porto di Napoli prima che gli potesse dare informazioni sul traffico di diamanti scoperto tra il suo Paese e l’Italia. Del film, come detto all’inizio, vi ho già parlato, per cui lo ritrovate nella ricetta. L’ex Brigadiere Caputo, dopo aver lasciato la Polizia italiana si è trasferito in Africa e millanta di essere proprietario di un ristorante di lusso mentre è un cameriere. Piedone intuisce subito il bonario inganno (frutto anche di orgoglio e sostanzialmente di un fallimento personale) anche in virtù dell’automobile posteggiata sotto il grattacielo che ospita il locale. Si tratta ancora di una FIAT 500C “Topolino” questa volta tutta azzurra e “griffata” “Forza Napoli”. Il sospetto che sia la stessa del film precedente è palese, compresa la guida a destra, come si intuisce bene da alcune sequenze compresa quella in cui Caputo alla guida, Piedone seduto al suo fianco e il piccolo Bodo (Baldwin Dakile) finiscono nel negozio di gelati.

Piedone l’Africano, Steno, 1978 (Fonte Dailymotion)
Caputo e Piedone torneranno a Napoli e l’auto, spedita via nave e arriverà con un “clandestino” con tanto di diamante e un’adozione che vedremo anche nell’ultimo film.
La Fiat 500 “Topolino” è stata prodotta tra il 1936 e il 1955 ed è stata un’auto di cui il Ventennio ha usato per diffondere l’utilizzo del mezzo a quattro ruote. Ne sono state realizzate diverse versioni e la C, che compare nelle due pellicole, a partire dal 1949 e per cinque anni. Prodotta anche all’estero può raggiungere gli 85km orari. In Rete, con il volante a destra, la si può trovare sui 10mila euro.

Piedone l’Africano, Steno, 1978 (Fonte Dailymotion)
La Rolls-Royce Phantom III Limousine H.J. Mulliner del 1939 del Principe Giovan Maria Catalan Belmonte
I nuovi mostri del 1977 si colloca tra I mostri del 1963 e I mostri oggi del 2009. Della pellicola vi ho parlato nel post dedicato alla pernacchia relativa all’episodio L’elogio funebre.
Il film nel 1979 è stato candidato all’Oscar® (ha prevalso il francese Preparate i fazzoletti) e vanta una storia particolare per censure e tagli con edizioni a cui mancano persino degli episodi (per chi fosse interessato ad approfondire, per esempio, può trovare informazioni qui).

I nuovi mostri, 1977, episodio Pronto soccorso, Mario Monicelli (Fonte YouTube)
Firmato da Dino Risi, Ettore Scola e Mario Monicelli riporta sullo schermo personaggi grotteschi e senza scrupoli, specchio della nostra società e interpretati Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Ornella Muti (insieme a una storica presenza di Orietta Berti) che interagiscono con altre attrici e altri attori con solide carriere sul grande schermo.
Pronto soccorso ha come protagonista Alberto Sordi nei panni del Principe Giovan Maria Catalan Belmonte, con parlata aristocratica compresa, esponente della cosidetta nobiltà nera romana, quella che rimase fedele al Papa anche dopo il 1870, data nella quale il Generale Giuseppe Cadorna, alla guida dell’esercito sabaudo, entrò nella capitale ancora sotto la guida di Giovanni Maria Mastai Ferretti, Papa Pio IX.

I nuovi mostri, 1977, episodio Pronto soccorso, Mario Monicelli (Fonte YouTube)
Il Principe alla guida della sua Rolls Royce Phantom III Limousine H.J. Mulliner del 1939 tutta bianca si imbatte sui gradini del monumento di piazza Mazzini in un moribondo precedentemente investito mentre si deve recare a una riunione dedicata allo scisma del cardinale Marcel François Lefebvre in via Cambogia in zona Eur. Caricato sull’auto e sempre più sofferente, con il Principe logorroico che continua a parlargli, confessandogli di utilizzare cocaina, ma non a bucarsi perché all’antica, di bere, tanto da offrirgli anche un drink, di confessare i gusti sessuali illustrati in modo volgare, inzierà l’inutile viaggio in tre diversi ospedali romani che a turno lo rifiuteranno: il malcapitato, interpretato da un caratterista storico del nostro cinema, Luciano Bonanni, verrà riportato e abbandonato sempre in Piazza Mazzini. Nel cast e nel ruolo della Principessa Altoprati, presenza tagliata in diversi versioni nelle quali rimane solo nominata, c’è Aïché Nana (Ayce Nana Nur) il cui spogliarello, il 5 novembre 1958, aveva dato il via simbolico alla dolce vita.
La cattiveria e il cinismo dell’episodio diretto da Monicelli risiede, a parte scambiare Mazzini con Mussolini da parte del Principe, nel piacere dello stesso di lasciare il moribondo e pregustare di raccontare il tutto agli amici che lo aspettano anche nell’omissione di soccorso di un ospedale pubblico troppo affollato, in uno gestito da religiose che rifiutano di aiutare un moribondo e così di uno militare in quanto il malcapitato non appartiene ad alcuna arma.

I nuovi mostri, 1977, episodio Pronto soccorso, Mario Monicelli (Fonte YouTube)
A proposito del monumento a Giuseppe Mazzini: l’opera di Ettore Ferrari, proposta a inizio Novecento e iniziata nel 1922, è in bronzo e marmo ed è stata terminata nelle parti scultoree nel 1929 anno della morte dell’artista.
La posa non arriverà che nel 1948 e l’inaugurazione il 2 giugno dell’anno successivo in quella che era Piazzale Romolo e Remo ancora indirizzo all’epoca de I nuovi mostri, perché successivamente è stato intitolato a Ugo La Malfa dopo la morte dello storico leader e segretario del Partito Repubblicano Italiano.

I nuovi mostri, 1977, episodio Pronto soccorso, Mario Monicelli (Fonte YouTube)
Torniamo e chiudiamo con la Rolls Royce Phantom III Limousine H.J. Mulliner che, con i suoi 7330cc di cilindrata e i 115 km orari è stata prodotta tra il 1936 e il 1939 in oltre 700 esemplari e in Rete l’ho trovata 140 mila euro.
La FIAT Dino Spider di Enzo
Un sacco bello del 1980 (uscito il 19 gennaio) è il film del debutto di Carlo Verdone sia in veste di regista che di attore, anzi con sei ruoli complessivi: ai tre principali di Enzo, Leo e Ruggero si aggiungono don Alfio, il Professore e Anselmo. Verdone pesca dai personaggi fortunati della tv, in particolare della celeberrima Non Stop e firma una pellicola destinata a entrare nel nostro cinema e a inaugurare una filmografia indimenticabile. In effetti il film, con la colonna sonora di Ennio Morricone, si è piazzata solo al ventesimo posto al boxoffice di quella stagione (quella in cui ha trionfato Kramer contro Kramer) ma anche la critica sottolineava l’arrivo sul grande schermo di un nuovo grande protagonista.

Un sacco bello, Carlo Verdone, 1980 (Fonte YouTube)
Non credo che non abbiate mai visto questo film, quello di Mario Brega padre di Ruggero convinto hyppie, di Leo, goffo e generoso, che incontra la bella turista Marisol ed invece di correre subito a Ladispoli da una madre che lo prevarica se ne innamora e finisce con l’ospitarla rimediando una delusione d’amore, e di Enzo, che apre il film, il coatto trentenne di periferia che organizza un viaggio fino a Cracovia con penne e alcolici nel cassettino dell’auto per ottenere facili avventure con le ragazze “Ogni penna è un amplesso” dirà a Sergio (Renato Scarpa) il primo potenziale compagno che, a causa di una colica, dovrà rinunciare e farsi ricoverare. Alla fine il viaggio forse si farà (ma la macchia di olio lasciata sulla rotonda non fa presagire nulla di buono) con un improbabile amico di un certo Martucci Elio, contattato al telefono nella calura romana mentre scoppia un bomba, chiaro riferimento a una stagione sociale non certo priva di pericoli.

Un sacco bello, Carlo Verdone, 1980 (Fonte YouTube)
Ed è proprio la macchina di Enzo, trentenne dalle storie improbabili e fantasiose, un classico dei personaggi che vedremo ancora da Verdone nei film successivi, che vi riporto alla memoria: una FIAT Dino Spider del 1968 (la produzione con diverse versioni è compresa tra il 1966 e il 1972). La sua è tutta nera con una striscia rossa sulle fiancate (targata Roma P12436) ed è quella in versione 2.0 di cilindrata: in realtà la calandra sarebbe quella del 2.4 ma il cruscotto ci riporta alla prima versione, realizzata in poco più di 1100 esemplari. Il motore Dino era di derivazione Ferrari, chiamato così in ricordo di Alfredo (Dino) il figlio del “Drake” morto nel 1956 a soli 24 anni per la distrofia di Duchenne ed era, anzi è ancora in grado di superare, i 200km orari.

Un sacco bello, Carlo Verdone, 1980 (Fonte YouTube)
L’ho trovata in Rete anche a 130mila euro ma è davvero un piccolo gioiello di autovettura; per chi invece avesse meno possibilità c’è anche il modellino con Enzo al volante: ve la cavate con qualche decina di euro e il sorriso non manca nel guardarla.
La FIAT 128 di Plinio Carlozzi
Zucchero, miele e peperoncino è uscito nelle sale il 3 ottobre 1980: diretto da Sergio Martino è strutturato su tre episodi con un classico della nostra commedia sul grande schermo, i casi discussi davanti al Pretore in un Tribunale che ci riporta a un ordinamento di processo superato nel 1998.
Del film vi ho già segnalato due ricette: dal primo con la coppia Lino Banfi ed Edwige Fenech un’amatriciana, quella di Valerio Milanese scambiato per un assassino in fuga, dal secondo, invece, con Pippo Franco, Dagma Lassander e Glauco Onorato la potage di champignon di “Giuseppina”. Dal terzo, così completiamo il film, troviamo lo spunto per un’auto, quella di Plinio Carlozzi nell’episodio in cui i protagonisti sono Renato Pozzetto e Patrizia Garganese.

Zucchero, miele e peperoncino, terzo episodio, Sergio Martino 1980 (Fonte YouTube)
Plinio Carlozzi è un taxista di cooperativa succube di un datore di lavoro dispotico con il grande sogno di una licenza e una macchina tutta sua, che ottiene per finanziamento “ingraziandosi” il venditore Aurelio Battistini; proprio per la denuncia di quest’ultimo, causa insolvenza fraudolenta della sua 128 gialla targata ROMA Z40168, verrà chiamato in aula ancora vestito da sposo e con i confetti nel cestino.
La 128 “dorme” vicino a lui e l’accudisce con grande amore (una presa in giro di quelli che, parlando della propria auto, la definiscono “la mia bambina” una sorta di pancini delle quattro ruote). Il taxi Santa Teresa di Gallura 44 trasporta diversi clienti, tutti richiamati a trattar bene l’auto, e costretti a subire spray profumanti in bocca e impermeabili a riempire buche per evitare di danneggiare le sopensioni.

Zucchero, miele e peperoncino, terzo episodio, Sergio Martino 1980 (Fonte YouTube)
Il tutto si complica quando Plinio si trova in auto tre siciliani, tra cui Sal Borgese e Sandro Ghiani, il promesso sposo, intenzionati a rapire Rosalia Mancuso e così disonorarla e costringerla al matrimonio (e siamo ancora all’epoca delle nozze riparatrici). L’inseguimento tra il Taxi e la Fiat 1300 con a bordo un numero ben superiore a cinque omologati di parenti di Rosalia per tentare di sventare la “fuitina” forzata rappresentano un altro momento divertente e distruttivo.

Zucchero, miele e peperoncino, terzo episodio, Sergio Martino 1980 (Fonte YouTube)
La FIAT 128 verrà tamponata, speronata, presa e sprangate, rovinata da vernici e ridotta senza portiere. Rosalia riuscirà a scappare con Plinio, il quale si troverà nella condizione di doverla sposare. I parenti, per risarcirlo, gli regaleranno un altro taxi e una macchina ancora migliore: la FIAT 131 Mirafiori.
Patrizia Garganese era molto nota neglia Anni Settanta: dopo il titolo di Miss cinema conquistata a Miss Italia 1975 diventa valletta di Mike Bongiorno per due edizioni di Scommettiamo? uno dei quiz storici del grande Mike. Zucchero, miele e peperoncino rimane, quasi a smentire il titolo al concorso, l’unico film intepretato, in una carriera tutto sommato breve: inciderà un disco e sarà conduttrice televisiva ritirandosi dall’attività artistica dopo il matrimonio.

Zucchero, miele e peperoncino, terzo episodio, Sergio Martino 1980 (Fonte YouTube)
La FIAT 128, disegnata da Dante Giacosa, è rimasta sul mercato dal 1969 al 1983, sostituendo la 1100 e cedendo il testimone a un altro grande successo del marchio storico torinese: la Ritmo.
La 128 berlina, quella del film è la terza delle tre serie (dal 1976 al 1985 anno in cui è uscita dal listino finite le scorte) dovrebbe essere la 1100 di cilindrata e, insieme alla versione familiare, rally e coupé ha superato gli oltre 3 milioni di esemplari. In grado di arrivare a 160km orari in Rete l’ho trovata tra i 3500 e i 9mila euro, tra cui una gialla se proprio qualcuno volesse emulare Plinio Carlozzi.
La Daewoo Nubira SW 1.6 di Aldo, Giovanni e Giacomo
Quando il 27 dicembre 1997, appena superate le date più “calde” per il cinema, Medusa Film ha portato in sala poche copie di Tre uomini e una gamba con Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti con la regia di Massimo Venier non ci si sarebbe aspettati un successo così grande.

Tre uomini e una gamba, Massimo Venier, 1997 (Fonte YouTube)
Il trio comico, dopo la gavetta nei tanti locali era approdata alla TV e al teatro riscuotendo un grande successo: e con il film finivano con il vincere più di una scommessa personale ribadita più e più volte negli anni successivi.
I 40 miliardi di lire non erano nelle più rosee previsioni di qualsiasi direttore marketing e commerciale ma il film è finito per diventare di culto, con la gamba di legno di Garpez da 300 milioni, persa e recuperata, il matrimonio di Giacomo, con Ringhio, il cane legato al paraurti e trascinato in autostrada per dimenticanza (scatenando le risate ma qualche polemica tra gli animalisti), con la partita di calcio, citazione di Mediterraneo di Gabriele Salvatores, con la mitica telefonata sfogo di Aldo e le diverse avventure per arrivare a Gallipoli con l’aggiunta di Chiara la donna che fa innamorare Giacomo e riflettere sul matrimonio. Insomma un road-movie che portava sul grande schermo gli sketch storici dei personaggi fino ad allora creati per palcoscenico e tv ora inseriti come spezzoni cinematografici dei film visti dai protagonisti in sala.

Tre uomini e una gamba, Massimo Venier, 1997 (Fonte YouTube)
Spesso i comici di grande successo in TV hanno la tentazione di fare il salto sul grande schermo e non sempre con i medesimi risultati ma per il trio è andata diversamente: la riproposizione dei personaggi è sempre stata ripagata dagli spettatori e dai fan ribadendo le dinamiche che funzionavano in TV e in teatro. Non a caso, il film forse più criticato, è stato Così è la vita, più intimista e che ha provato a distaccarsi dalla tradizione: è quello che prediligo.
Il cast, tra gli altri, vede la presenza di Carlo Croccolo, storico attore e doppiatore nel ruolo di Eros Cecconi, il proprietario della catena di ferramenta e della gamba di Garpez affidata per il viaggio e padre di Giuliana, la futura sposa di Giacomo interpretata da Luciana Littizzetto.

Tre uomini e una gamba, Massimo Venier, 1997 (Fonte YouTube)
Chi non ricorda “Il paradiso della brugola” la ferramenta dove i tre lavorano e che qualcuno ha pure utilizzato per negozi reali? La scritta compare sulla fiancata della macchina di servizio e si tratta di una Daewoo Nubira SW 1.6 targata AS593TF.
La macchina coreana è stata prodotta dal 1997 per dodici anni e quella del film è la prima serie: dichiarata con una velocità massima di 185km la potete trovare anche a 1000 euro essendo oramai molto svantaggiosa per le limitazioni sull’inquinamento. Certo che se la trovaste verde con l’aggiunta della scritta vi potreste regalare la suggestione di un film di culto.

Tre uomini e una gamba, Massimo Venier, 1997 (Fonte YouTube)
(ADV)
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