Le storie superbe . SUPERBIA
La carne è un lusso
In 27 Agosto 2016 da Redazione Seven BlogIl racconto quarto classificato (ex aequo) di StorieSuperbe – La Lussuria
di Viola E. Miller
E bevi acqua minerale. Ché il vino costa troppo. E l’idrolitina te la spacciano per miracolosa sul banco degli alimentari. Ma il vero miracolo lo fa il ragazzo della carne, che solo a guardarlo c’hai voglia. Ti fa sangue come la miglior fiorentina sul più bel tavolo imbandito. Lui è di Siena, ma è manzo uguale. Ogni volta si fa attendere. Nel separare la polpa dall’osso usa un coltello lungo e sottile che impugna con fermezza. A fine pulitura le ossa ne escono intonse, senza la minima presenza di tessuto filamentoso. Poi, asciuga le mani intrise di sangue sul grembiule non più immacolato. Lui è diligente, il lavoro lo fa bene, e lo fa lentamente, con la giusta devozione nei confronti del particolare.
Ho nelle narici l’odore di quel sangue. E ripenso al mio di sangue, alle perdite per la candida, all’odore misto di sangue e colore giallo. È un nemico che non andrà mai via. Come il sangue sul grembiule. Ormai quella è per me zona off-limits, per non avere l’odore sulle dita. E penso a lui, al ragazzo della carne, alle sue mani grandi. Al giorno che saranno mie: mi offrirò come miglior pezzo per fare il brodo, magari come ossobuco, quello che vorrei mi penetrasse fino alla nausea. Il pensiero non fa che provocarmi una strana pressione appena sopra il monte, o addirittura sul cuore, sadico, perché sa che non potrà averlo tutto per sé. E allora faccio la fila, perché sono in fila al banco macelleria, precisamente la quarta. Ho il 104, e avanti tre donne. Loro sgranano gli occhietti da cinquantenni libere per contendersi il taglio migliore, scrocchiando le dita per chi si accaparrerà il bel manzo. Poveracce, sono solo carne da scarto o di quarta scelta.
È il mio turno. Resto ammutolita.
Vorrei dirgli:
«Cosa fai stasera?», «Sei libero stasera?», «No, parliamone dai», «Non perdiamo tempo, sbattimi sul bancone e pestami come il sotto spalla…».
Eppure mi ero preparata così bene. Ho ripetuto trenta volta davanti allo specchio ciò che gli avrei detto. Allora, conto fino a tre, un bel sospiro, e mi slaccio la camicetta, metto in mostra un po’ il balcone, sono sì un novanta chili di gioia, ma la polpa e i muscoli sono tutt’uno con le ossa, che fremono al desiderio di averlo a loro completa disposizione, perché sì: ho sempre il 104. Perché è finalmente il mio turno.
Non ho gente attorno, per il momento. Le tre befane sono andate via, e velocemente. Quindi? Ora il manzo è tutto mio. Solo mio.
Lui mi guarda con occhio sanguinolento.
Quanto è tenero.
«Carlo, vorrei acquistare delle bistecche da fare per due. Per lei e per me… Se viene a casa mia potrei cucinargliele».
«Signora mia, cosa dice?».
«Carlo, non mi faccia attendere, ho il 104 e deve servirmi. Altrimenti andrò dal direttore».
«D’accordo, signora mia, non vorrei essere scortese, verrò molto volentieri. Al posto delle bistecche gradirebbe carne equina? Potrei portare il cavallo».
«Porta ciò che vuoi. Io ho la coppa, anzi LE coppe».
E quella sera il bel manzo arrivò con due chili di brasciole di cavallo. Le cucinai a fuoco lento.
In realtà sono un’assidua frequentatrice di quel supermercato. Oltre alla raccolta punti faccio la raccolta dipendenti, curo le loro idiosincrasie verso la vita e loro curano me, le mie intolleranze alimentari e la fame che ho di portarmeli a letto. Perché ci tengo a mangiare bene e al mio fisico, non certo d’étoile, e la prossima volta miro al padano senza grana o al parmigiano, che non sia reggiano. Meglio gli emiliani.
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