INVIDIA . Lector In Invidia
Uomo dell’anno
In 4 Gennaio 2024 da Debora BorgognoniL’uomo dell’anno, scrive Libero. Ed è una donna. Giuro di aver pensato che fosse un fake, e ho detto: grideranno, giustamente, al sessismo! E invece no, era tutto vero, reale, drammaticamente studiato, anche se a farlo, se a metterlo nero su bianco è stato un quotidiano, un giornalista, e non il Presidente del Consiglio in persona. O forse sì? Perché in fondo è lei ad accogliere strumentalmente il maschilismo, salvo poi ricordarci di essere madre (non vi è forse parso un tantino strano il post social di qualche mese fa in cui sottolineava che la figlia fosse la cosa più importante della sua vita? Ma un Presidente del Consiglio non può dire che la propria intimità le è cara, lei è madre di tutti gli italiani, la cosa più importante deve essere la Patria…) e mostrarci le foto delle varie generazioni di donne della famiglia.
Ho bisogno di una spiegazione, scusate se la cerco dove il dibattito intellettuale è ancora sano e disinteressato.
Una lettrice femminista
Cara lettrice femminista,
ti consolo confermandoti che abbiamo pensato tutti che quella prima pagina di Libero Quotidiano del 29 dicembre 2023 fosse un fake, e non solo per il titolo stesso, in aperta provocazione all’anti-patriarcato, di cui la fine del 2023 è stato teatro di dibattito, quanto alla costruzione grafica in sé.
Riflettendoci, il font senza orpelli, su ampio sfondo bianco e ben spaziato, e l’immagine furbetta della Presidente, con le braccia nascoste dietro la schiena, lo sguardo alto ma il mento abbassato e il sorriso beffardo, parevano un vero e proprio meme, e neanche -per così dire- tanto ben realizzato.
Per dovere di precisione, la firma dell’editoriale è del direttore Mario Sechi, che il giorno dopo, il 30 dicembre, ha rimbrottato alla “sinistra” di non essersi scandalizzata quando a novembre la rivista GQ ha eletto “Uomo dell’anno” Kim Kardashan.
Bando alle ciance, e alle inutili comparazioni (anche perché nel momento in cui decidi di provocare, provoca e non giustificarti, altrimenti la provocazione non ha più effetto, no?), qui mi pare evidente che si debba discutere della dicotomia maschilismo-femminismo, e cercare una cura efficace per il 2024. Non è un’impresa facile, ma ringraziamo per averci affidato il dibattito.
E il dibattito, in realtà, risale a molti secoli fa. Paradossalmente, nel momento in cui, dal XVIII secolo, con la fine degli Anciens Régimes, la donna è diventata moralmente donna e si è trascinata, all’interno di quella definizione semantica, anche un ruolo ben preciso, è nato il patriarcato e contemporaneamente, per logica, si è legittimato il femminismo. Detto così è sfuggente, me ne rendo conto. Facciamo un passo indietro e lasciamo che ci venga in aiuto un saggio critico di Maya De Leo, Queer, pubblicato per Einaudi nel 2021.
La concezione predominante fin dall’età classica immaginava le categorie di maschio e femmina come gradazioni diverse di un unico sesso. Nello specifico, le gradazioni erano definite dalla quantità di “calore vitale” necessaria a “cuorcere”, cioè a produrre, il seme. A causa della minore quantità di calore, le donne si trovavano a svolgere le funzioni di gestazione e allattamento, ritenute meramente ricettive e segno della loro inferiorità. In questo quadro “a un solo sesso”, il sesso unico è infatti quello maschile e le sue gradazioni “a minor grado di perfezione” individuano i ragazzi adolescenti, le persone intersex e le donne.
È qui che nasce il dimorfismo sessuale, ma è qui che la donna viene relegata a ruolo di madre, ovvero con una specifica funzione riproduttiva, che viene “politicizzata” in un’ottica di nuova, fondamentale implicazione generativa.
Le dicotomie sono molte: la politicizzazione del ruolo esclude di fatto la donna dalla vita politica; la femminilizzazione del corpo della donna fa entrare in scena nella società il vero machismo. È l’uomo che combatte le guerre, e ora (dal XVIII secolo) lo fa in un aperto e completo rapporto di complementarità. Vista in quest’ottica, la Presidente -ops, il Presidente- del Consiglio, è una vera e propria Queer. Chissà se ci ha mai pensato.
La società di oggi, e soprattutto quella italiana, ha la colpa di essere conservatrice, fortemente ignorante nei confronti dei fenomeni storici, senza memoria, e di non saper guardare al progresso con interesse lungimirante e con basi solide. Possiamo certo biasimare la politica per non creare, e anzi: evitare!, quel famoso dibattito intellettuale e legittimo che ci porta a stimolare il pensiero critico, e, di conseguenza, a scegliere. Ma la società siamo noi, non credo serva ribadirlo a persone di buon senso. E allora guardiamo alla “Persona dell’anno”, che il settimanale L’Espresso ha individuato in Elena Cecchettin perché «ha trasformato il dolore privato in assunzione di responsabilità collettiva, costringendoci a dare un nome al male di cui soffriamo: il patriarcato».
Per quanto mi riguarda, la provocazione di Libero non aggiunge nulla a un dibattito intelligente, e, se vogliamo migliorarci, dovremmo cominciare dalla delegittimazione -o meglio dalla non legittimazione- di ciò che non porta valore, un po’ con la logica dei tre setacci di Socrate: la Verità, la Bontà e l’Utilità, per buona pace dell’ultima, seppur feroce, coda di maschilismo ridondante che tra poco sarà solo pezzo da museo.
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