
CattiviConsigli . IRA
Il mercante in fiera
In 30 Dicembre 2022 da Gianluca PapadiaA Napoli, durante il periodo natalizio, tutte le case si trasformano in bische clandestine.
A dispetto del decreto anti-rave, parenti e amici si riuniscono per dare sfogo a quel vizio maledetto che hanno cercato di reprimere per un anno intero.
Dopo i classici tre giri di tombola per far divertire i bambini, si passa velocemente al più dinamico “sette e mezzo”.
Quando l’atmosfera si è ben surriscaldata, è il turno del gioco d’azzardo per eccellenza: il mercante in fiera. Rigorosamente vietato ai minori.
La figura principale del gioco è il mercante che viene sempre affidato al più anziano del gruppo.
A casa nostra, da più di trent’anni, questo ruolo è sempre ricoperto dal cavalier Pisano.
Nel quartiere – anche se nessuno lo confesserà mai – molti lo odiano proprio per questo motivo.
Più volte la sua auto è stata oggetto di vere e proprie rappresaglie da parte di giocatori scontenti del suo modo di operare.
Il cavalier Pisano inizia a distribuire due carte scoperte a tutti i giocatori.
Appena vedo comparire davanti a me il lattante e la mietitrice inizio il mio immancabile rito scaramantico: sputo sulle due carte, accanendomi brutalmente sull’immagine del povero bambino. Tiro fuori dalla tasca un piccolo corno rosso e, mentre lo bacio, con l’altra mano faccio il segno delle corna.
Dopo aver regalato a tutti due carte del mazzo rosso, il cavalier Pisano inizia la temutissima asta al buio.
In questa fase io sono sempre il più attivo, al contrario di mio cognato Michele che invece si affida totalmente alla sorte e si coccola le sue due carte avute in omaggio fino alla fine.
«La paradisea e i fiori?» cerco di stuzzicarlo io, «scommetto venti euro che escono nelle prime dieci carte!»
«Vediamo di non intossicarci pure quest’anno» mi redarguisce mia moglie.
Per fortuna il mercante è pronto a bandire il primo lotto di carte e la polemica viene troncata sul nascere.
Faccio subito un‘offerta di cinquanta euro per poi scoprire che il lotto contiene solo una carta: il moschettiere. Reprimo il desiderio di ammazzare il mercante solo perché la carta appena acquistata è la mia preferita.
La mostro con orgoglio a tutti e, prima di riporla sul tavolo, la bacio più volte ripetendo in silenzio un rito propiziatorio di indubbia provenienza.
Anche il secondo lotto me lo aggiudico io, dopo aver ingaggiato una sanguinosa competizione con Luigi il macellaio.
Per settanta euro mi aggiudico ben quattro carte: la giapponesina, l’ananas, la pagoda e il beduino
Il terzo lotto si apre con un’altra mia strabiliante offerta che nessuno ha il coraggio di controbattere.
Lo stambecco e la rosa mi costano la bellezza di cento euro tondi tondi.
Con gli occhi ancora iniettati di sangue, sistemo i miei trofei sul tavolo come un cacciatore farebbe con le sue prede preferita.
«Ci vorresti far giocare un po’ pure a noi o come al solito vuoi comprare tutte le carte tu?» mi chiede Maria la farmacista.
«Vai Marì, divertitevi, tanto sono rimasti solo gli scarti: l’artista, la gondola e quel cornuto del cervo» le rispondo dopo aver tracannato l’ennesimo bicchierino di limoncello.
Con la quarta manche si chiude la temutissima asta al buio e, in religioso silenzio, il cavalier Pisano, estrae le quattro carte fortunate dal mazzo blu. Li sistema con cura davanti a sé e comincia a distribuire i premi dal più piccolo al più grande.
Mi faccio tre volte il segno della croce e il gioco può iniziare.
«Moschettiere» urla il mercante ed io inizio a pronunciare frasi oscene all’indirizzo della mamma del povero lattante, portatore sano di sfiga mostruosa.
Mentre mia moglie copre con le mani le orecchie di una povera bambina testimone del volgare turpiloquio, io do l’ultimo saluto al moschettiere con le lacrime agli occhi.
«Io a quest’uccello del malaugurio non lo voglio» sbraito improvvisamente dopo aver gettato la carta del lattante al centro del tavolo.
Il tavolo piomba in un silenzio surreale. Tutti guardano la carta al centro del tavolo con terrore.
«A questo punto, visto che nessuno lo vuole, me lo prendo io» esclama mio cognato e preleva il lattante dal centro del tavolo.
«Vicino alla paradisea e ai fiori, ci sta benissimo» dichiaro felice, accompagnando la frase con una risata isterica.
«Cavaliè, accelerate un po’ che qui, ci state facendo partorire» chiede la signorina Carmela che abita al secondo piano. Ha quasi settant’anni ma visto che è zitella tutti la chiamano “signorina”.
«La giapponesina mangiava l’ananas fuori la pagoda quando il beduino, a cavallo di uno stambecco, arrivò con una rosa rossa stretta tra i denti» pronuncia tutto d’un fiato il cavalier Pisano, inventando una storiella con le carte che ha scoperto dal mazzo blu.
Inizio a sbattere forte la testa sul tavolo e quel rumore sordo fa sobbalzare tutti.
«Sei tu, grandissima zoccola che non sei altro. Sei tu la strega iettatrice» urlo indicando l’unica carta che mi è rimasta: la mietitrice. Dopo aver consegnato le sei carte al mercante, prendo da sotto al tavolo un pacco di sale doppio e ne riverso la metà dietro le mie spalle.
Inizio a schiaffeggiarmi con forza mentre tutti quanti cercano di consolarmi.
«Se vuoi, ti restituisco il lattante in cambio della mietitrice e venti euro» esclama all’improvviso mio cognato.
Mi alzo come una furia, gli consegno i soldi e la carta maledetta e mi riprendo il lattante.
«Possiamo continuare?» chiede il cavalier Pisano mentre sistemo la mia unica carta accarezzandola con una delicatezza mai mostrata prima in vita mia.
Il gioco continua senza ulteriori interruzioni fino a quando in mano al mercante non restano solo due carte.
Sul tavolo ci sono solo sei carte scoperte e quattro di queste sono sicuramente abbinate a un premio.
Mio cognato, manco a dirlo, ha ancora le sue tre carte: la paradisea, i fiori e la mietitrice.
Completano l’elenco delle carte superstiti, il cane della signorina Carmela e il bersagliere di Luigi il macellaio.
«Bersagliere» pronuncia lentamente il cavalier Pisano e per il macellaio è una liberazione.
«L’ultima carta è…» il cavalier Pisano vorrebbe creare un po’ di suspence ma il mio sguardo truce lo fa desistere dal suo intento. «Mi dispiace, è il tuo lattante».
Dalla rabbia metto in bocca il santino di San Gennaro e inizio a masticarlo furiosamente, poi, mi butto sul tavolo e scopro le quattro carte vincenti.
Mio cognato, non solo ha vinto i primi tre posti in palio, ma il primo premio è proprio abbinato alla mietitrice.
Cerco di ingoiare il santino ma non riesco a mandarlo giù.
Sto soffocando ma per fortuna il mio amico Francesco conosce la manovra di heimlich e mi libera la gola da quel boccone mortale.
L’immagine della mietitrice che evoca la morte vendicatrice è l’ultima cosa che visualizzo prima di svenire.
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