IRA . Racconti da Kepler
Il dovere di cronista e quello di viaggiatore
In 9 Ottobre 2015 da Il ViaggiatoreIl dovere di cronista e quello di viaggiatore, questo è il pensiero che mi ronza nella testa mentre passeggio in Plaza de la Revolución a L’Avana.
Oggi è il 9 ottobre 1967, ma non dovrei essere qui. Dovrei raccontare il processo sommario, la veloce sentenza e la fucilazione avvenuta a La Higuera in Bolivia. Vi racconto tutto da qui.
Ci sono 31 gradi e qualche nuvola che ogni tanto copre il sole caraibico. Vedo il memorial dedicato a José Marti, mentre di fronte c’è il Ministero dell’Industria, che poi sarà quello degli Interni, dove solo nel 1993 vi sarà la scultura di Enrique Ávila. Il ritratto riprende una foto, intitolata Guerrillero Heroico, che nel 1960 gli ha scattato con la sua Leica di un altro cubano, Alberto Díaz Gutiérrez, conosciuto come Alberto Korda.
Quel Guerrillero Heroico è Ernesto Che Guevara. Di lui è stato scritto e detto tantissimo. Mi sono fatto l’idea che questo medico di origini borghesi fosse alla fine un sognatore con l’animo mai domo.
Un grande viaggiatore come me, con le debite differenze. Lui la storia l’ha fatta, io la racconto soltanto. Lui era uomo d’azione, io solo di scrittura.
Ho letto che è argentino e a un certo punto, da studente poco più che ventenne, ha attraversato il continente su di una Poderosa II, una motocicletta Norton Model 18, insieme all’amico Alberto Granado.
L’America latina l’ha girata, incontrata e vissuta. L’incontro con Fidel Castro e Camilo Cienfuegos, la Rivoluzione che ha abbattuto Fulgencio Batista, una Cuba comunista messa lì a guardare il simbolo del Capitalismo.
Ma quest’isola non gli bastava, malgrado l’impegno nel Governo. Non era uomo che amava fermarsi, ma di azione, alla ricerca e rincorsa di qualcosa di più alto che tenere un discorso all’ONU o di occuparsi di economia. Lascerà Cuba per andarsene in Congo, a difendere coloro che considerava gli oppressi. E una volta finito di combattere lì il ritorno in quel continente sudamericano, sempre in fermento, sospeso tra postcolonialismo e imperialismo.
Questo rivoluzionario colto aveva nel viaggio l’incontro con la povertà e il desiderio di cambiare le cose.
Non sono interessato a quello che voi chiamate giudizio politico, o al fatto che sia diventato simbolo quasi ovunque, mi sembra fin troppo abusato. E non mi metto nemmeno a contare le volte che in un giorno si ascolta Comandante Che Guevara, la canzone scritta due anni fa da Carlos Puebla.
Rimane a prescindere un personaggio scomodo e mitico, forse proprio per questo è stato eliminato in tutta fretta. Di questi uomini la storia ce ne ha regalati alcuni e tutti hanno “spezzato” il loro tempo, ma soprattutto cambiato il corso degli eventi.
L’ultima tappa del suo viaggio è stata quella Bolivia nella quale io non sono andato e di cui si potrà leggere tutto o quasi nel libro El diario del Che en Bolivia: noviembre 7, 1966 a octubre 7, 1967 che uscirà nel 1968; verrà raccontata tutta la difficoltà non solo fisica, ma anche di far comprendere la possibilità di uscire dall’oppressione, in quel momento rappresentata da René Barrientos Ortuño.
Il diario si ferma al giorno 7, perché ieri era quello della cattura vicino a La Higuera, per il tradimento di uno di quei contadini che voleva “liberare” e quello del processo. Oggi è quello della fucilazione.
Gli amputeranno le mani per verificarne attraverso le impronte digitali la sicura identità e lo seppelliranno in gran segreto a Valle Grande, sempre in Bolivia. Quel segreto verrà rivelato dal Generale Mario Vergas Salinas solo nel 1995 e le spoglie del Che saranno portate il 17 ottobre 1997 a Santa Clara, la città nella quale aveva guidato alla vittoria la sua “squadra suicida” nel 1958.
Hasta la victoria siempre, Comandante Che Guevara e non dubitare che prima della partenza non mi farò mancare un Cuba libre.
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