Le storie superbe . SUPERBIA
L’Antigone come pensiero rifugio
In 28 Gennaio 2020 da Giovanni OdinoIl capo mi sta facendo l’ennesima sfuriata – Dio! Come diventa odioso quando assume quel tono da piccolo ducetto. – e io mi difendo addentrandomi nel mio pensiero-rifugio, quello che mi permette di escluderlo, e di escludermi, dal mondo. È il mio stratagemma per mandare tutto e tutti a quel paese: pensare alle prime due strofe dell’Antigone. E pensarle in greco.
Non so quando iniziò, e non so da cosa mi venne, quest’idea. E non so perché non sia un problema che io non conosca il greco, antico o moderno, e che non abbia la benché minima idea di che cosa sia scritto nell’Antigone. Il fatto è che funziona benissimo. Alla faccia del capo. Di tutti i capi.
αντιγονη ὦ κοινὸν αὐτάδελφον Ἰσμήνης κάρα, ἆρ᾽ οἶσθ᾽ ὅ τι Ζεὺς τῶν ἀπ᾽ Οἰδίπου κακῶν ὁποῖον οὐχὶ νῷν ἔτι ζώσαιν τελεῖ; οὐδὲν γὰρ οὔτ᾽ ἀλγεινὸν οὔτ᾽ ἄτης ἄτερ οὔτ᾽ αἰσχρὸν οὔτ᾽ ἄτιμόν ἐσθ᾽, ὁποῖον οὐ 5 τῶν σῶν τε κἀμῶν οὐκ ὄπωπ᾽ ἐγὼ κακῶν. καὶ νῦν τί τοῦτ᾽ αὖ φασι πανδήμῳ πόλει κήρυγμα θεῖναι τὸν στρατηγὸν ἀρτίως; ἔχεις τι κεἰσήκουσας; ἤ σε λανθάνει πρὸς τοὺς φίλους στείχοντα τῶν ἐχθρῶν κακά;
ισμηνη ἐμοὶ μὲν οὐδεὶς μῦθος, Ἀντιγόνη φίλων οὔθ᾽ ἡδὺς οὔτ᾽ ἀλγεινὸς ἵκετ᾽ ἐξ ὅτου δυοῖν ἀδελφοῖν ἐστερήθημεν δύο, μιᾷ θανόντοιν ἡμέρᾳ διπλῇ χερί· ἐπεὶ δὲ φροῦδός ἐστιν Ἀργείων στρατὸς 15 ἐν νυκτὶ τῇ νῦν, οὐδὲν οἶδ᾽ ὑπέρτερον, οὔτ᾽ εὐτυχοῦσα μᾶλλον οὔτ᾽ ἀτωμένη.
[Traduzione di Ettore Romagnoli: Antigone (Sofocle)
La scena sull’acropoli di Tebe, dinanzi alla reggia. (È l’alba. Dalla reggia escono Antìgone e Ismene)
ANTIGONE: O mia compagna, o mia sorella, Ismene, sai tu quale dei mali che provengono da Èdipo, Giove sopra noi non compia, mentre siamo ancor vive? Oh!, nulla v’è di doloroso, di funesto e turpe, di vergognoso, che fra i mali tuoi, fra i mali miei visto non abbia. E adesso, qual bando è questo, che il signore, dicono, fece or ora gridar nella città? Lo sai? Lo udisti? O ignori tu che offese, come a nemici, sugli amici incombono?
ISMENE: Nessuna nuova, né trista né lieta, dei nostri amici, Antigone, mi giunse, da quando entrambe noi di due fratelli orbe restammo, in un sol giorno uccisi con reciproca mano. E poi che lungi la scorsa notte andò l’argivo esercito, io null’altro mi so: né più felice né sventurata più di pria mi reputo].
L’immagine di copertina è un dipinto di Giuseppe Diotti, Antigone condannata a morte da Creonte, 1845
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