Le storie superbe . SUPERBIA
Legami
In 10 Gennaio 2016 da Viviana GabriniFammi quello che vuoi. Fammi tutto quello che vuoi.
Lo dice convinto ed io sento un clic dentro la testa. Quel clic. Non è un buon segno. Lo guardo sotto la luce soffusa dell’ovattata ed elegante stanza del motel dove mi ha portata. Non un motel qualsiasi, ovviamente, ma un motel di un certo livello dove un pernottamento può arrivare a costare qualche centinaio di spicci. Lo guardo e con distacco vedo davanti a me un uomo decisamente bello, decisamente attraente, decisamente succube, decisamente desideroso. E più giovane di me di almeno dieci anni. Ma com’è che a me gli uomini belli-belli non piacciono e me ne capitano così spesso? Intendiamoci, non che voglia il fratello brutto di Quasimodo, ma negli uomini mi colpiscono le irregolarità, i lineamenti non perfetti, i nasi che si impongono allo sguardo. Deve esserci sempre un particolare fuori posto che catalizzi la mia attenzione. Questo uomo invece non ha nulla fuori posto: dal fisico asciutto e tonico di chi fa sport ogni giorno da anni, al taglio dei capelli impeccabile.
Si spoglia troppo velocemente: la sua erezione è arrogante quanto lui. Si vanta di averlo lungo e a me viene da pensare a un amante del passato, che lo sovrasta di almeno tre dita. Per compassione, taccio. Si corica con le mani dietro la schiena e mi dice: fammi quello che vuoi. Clic. Clic nella mia testa.
Cincischio e gironzolo per la stanza, apro una bottiglia di prosecco e lo verso in due bicchieri. Lui mi guarda e prende a snocciolare sconcezze che, in fondo, mi divertono. Dalla mia borsa estraggo un accendino, un pacchetto di sigarette, uno di cartine, una palletta scura e aromatica. Mi avvicino al letto, poso gli oggetti con cura sul comodino e mi chino su di lui per baciarlo. Ci scambiamo un bacio lungo e dolce. Bacia bene, sì. Bacia dannatamente bene. Mani sulla stoffa, mani sotto la stoffa.
Mettiti al lavoro, gli dico. Mentre bevo lo champagne lo vedo armeggiare e in pochi minuti ci mettiamo a fumare. Un tiro, un bacio. Un tiro, un bacio, un sorso di vino. Facciamo il bagno? gli chiedo. Ho voluto questa stanza proprio per avere una vasca enorme e favolosa al centro della stanza, voglio usarla. Scopiamo, dice lui. Un lord.
Lui si alza dal letto e mi si avvicina per convincermi a tornare a letto. Bevo un sorso di vino e, senza deglutire, glielo prendo in bocca. La cosa sembra sconcertarlo e io finalmente ottengo dieci secondi di silenzio. Deglutisco e mi allontano da lui. Se fai il bravo, gli dico, ti do il resto. Mi guarda torvo. Minchia, penso, adesso si incazza. Adesso si incazza, se ne va e mi lascia qui col conto da pagare. Sei una stronza, mi dice. Rido. E dimmi qualcosa che non so già, no? Con una risata come la tua, gioia, puoi farmi qualsiasi cosa. Ė sincero come una banconota del monopoli ma fingo di credergli. Mi spoglio sparpagliando abiti e intimo sul pavimento e mi immergo nella vasca. Lui mi segue portandosi la canna e la bottiglia.
Io mi lascio andare contro il bordo e mi godo l’acqua calda, la musica di sottofondo, l’ebbrezza alcolica e quella da fumo. Chiudo gli occhi e penso che vorrei rimanere così per sempre. La sua voce mi riporta coi piedi per terra. Anzi: in acqua.
Amore, gli dico, tu adesso mi regali mezz’ora di relax e io poi ti do tutto quello che vuoi.
Tutto? chiede lui. Sembra un bambino col gelato in mano. Ma un uomo che sappia fare l’uomo lo troverò mai? Lui si posiziona dietro di me e mi abbraccia: io sto bene e penso che potrei anche addormentarmi e dormire una settimana.
Amore, mi dice, ho portato le cose che mi hai chiesto. Esce dalla vasca e dallo zainetto tira fuori corde e gingilli vari. A me scappa da ridere. Lo guardo da sotto in su: cosa vuoi farmi?
No amore, fammi tu quello che vuoi, risponde. Esco dall’acqua e lui mi aiuta ad asciugarmi. E’ dolce, tenero, mi abbraccia e mi dice che son bella.
Cosa non direbbe mai un uomo che vuole scopare, penso con una sana dose di pragmatismo. Baciandoci, arriviamo al letto. Mi fa coricare sotto di lui, mi sfiora, mi bacia. Poi rotola sul mio fianco e di nuovo: fammi quello che vuoi. Clic.
Mi alzo e prendo le corde. Senza parlare, inizio a passargliele dietro i polsi e poi alle caviglie. Lo fisso alle stremità del letto e cerco di stringere con tutta la forza che ho. Lui parla e parla e parla e io manco lo sto più a sentire. Mi alzo e osservo il mio lavoro: legato, immobile e in erezione. Completamente in mio potere. Mi allontano e inizio a rivestirmi. Sento pronunciare il mio nome e poi un: che cazzo fai? Una bestemmia e poi ancora: che cazzo stai facendo?
Faccio che me ne vado, replico io con calma rivestendomi. Lui è un fiume in piena e, incazzato, si divincola per liberarsi. Io sono consapevole che se riuscisse a slegarsi mi farebbe passare un brutto quarto d’ora, ma vengo presa da un imprevedibile attacco di fou rire e non c’è verso che mi fermi.
Sei pazza, mi dice, pazza, da manicomio, sei da rinchiudere.
Può essere, dico io, in fondo conosci qualcuno che sia perfettamente normale?
Non puoi andartene con la mia macchina, grida lui, non sai guidare una Ferrari.
Vero, replico io, ma so farmi chiamare un taxi.
Sei una grandissima stronza, mi urla lui, almeno spiegami perché cazzo lo fai.
Sulla porta della camera mi volto e lo guardo, con dolcezza: perché sono stanca di incontrare uomini che mi dicono di far loro quello che voglio. Per una volta, vorrei incontrare un uomo che sappia fare l’uomo e mi faccia fare la donna.
Poi esco. E penso che è tardi e che fa più fresco del previsto e che per tornare a casa mi ci vorranno almeno 50 carte di taxi e potrei tornare nella camera e chiedergli un prestito. E poi penso che forse è vero che mi manca una rotella e magari anche due.
Quasi quasi ci scrivo un racconto.
L’immagine di copertina è L’uomo legato di © Giovanni Colacicchi. © All rights reserved.
Viviana Gabrini è scrittrice. Recita e fotografa per passione, e le piace fare la blogger. Ha pubblicato il libro I fili di Arianna per Primula Editore.
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