Le storie superbe . SUPERBIAdi Giorgio Rinaldi
Ottavo: la gioia
In 23 Gennaio 2023 da Redazione Seven BlogUn racconto che ha partecipato a SevenStories – Big Babol
di Giorgio Rinaldi
Era l’ultimo possessore di quel tesoro, ma lui non lo sapeva, e quel manipolo di eroi che lo stava scortando fino a Joysburg faceva di tutto per non farglielo capire perché temevano che la consapevolezza di quel potere l’avrebbe riempito di superbia, com’era successo per altri prima di lui.
Erano passati dieci anni dalla Grande Revisione il cui atto finale fu l’introduzione, con il fervido consenso dell’Autorità Religiosa, dell’ottavo peccato capitale: la Gioia. I Revisori indagarono a fondo tutti i campi e le occasioni possibili di cadere in tentazione e avviarono le misure necessarie per contrastare questo fenomeno considerato uno dei tanti che alimentavano il male assoluto, il cancro della nuova società: la Speranza. Fu vietato il gioco ai maggiori di cinque anni e fino a quell’età fu consentito giocare una volta al mese sotto il controllo dei genitori e di un membro esterno alla famiglia per sopprimere prontamente ogni primo accenno di sorriso. Vennero perfino vietati i ninnoli da appendere alle culle perché, dicevano i Revisori, i neonati erano come virus altamente infettivi e bisognava contenere il contagio sul nascere. Fu vietato festeggiare ogni ricorrenza, fare regali, vietato qualsiasi tipo di competizione che prevedesse un riconoscimento. Ogni forma di intrattenimento leggero venne considerata fuori legge, film, libri, programmi televisivi o radiofonici, le barzellette vennero messe al bando come atti terroristici e ogni abitudine, ogni gesto dai quali potesse scaturire un sorriso vennero repressi con violenza dalle Autorità.
In questi dieci anni, però, qualche coraggioso aveva deciso di entrare in clandestinità e fondare una Comunità di rivoluzionari, un posto isolato tra impervie montagne dove salvaguardare le persone a rischio e il diritto alla Gioia. L’avevano chiamata Joysburg ed è lì che stavano portando Tommy che, a sua volta, portava con sé qualcosa di incredibilmente prezioso.
Il primo ad accorgersene fu un compagno di scuola. La fortuna volle che fosse il nipote di uno di quegli eroi a chiedergli cosa avesse in tasca e, quando Tommy gli rispose, si fece giurare di non rivelarlo a nessun altro. Approntarono immediatamente un piano e lo convinsero a partecipare a un’escursione in montagna.
Arrivati alla gola dalla quale si accedeva alla città segreta dovettero informare Tommy dei loro piani. Si sedettero intorno a lui e gli spiegarono che era l’ultimo custode di un tesoro di inestimabile valore, qualcosa di rivoluzionario, capace di seminare gioia in un campo infestato di tristezza. Temendo che Tommy si inorgoglisse lo ammonirono ribadendo che lui era solo un mezzo perché il vero potere risiedeva in quel cubetto rosa che aveva in tasca, ma che il suo contributo era indispensabile per allentare la catena stretta al collo dell’umanità.
Si alzarono, si disposero su due file e, mantenendo Tommy al centro, attraversarono il passaggio.
Arrivarono su una rupe e da lì Tommy vide la città e tutti i suoi abitanti. C’erano attori, musicisti, cantanti, c’erano coppie di fidanzati, c’erano sportivi. C’erano anche quelli che la gente chiama pazzi, perseguitati dalle Autorità perché la Follia era considerata lo stato mentale più simile alla Gioia. C’era un’umanità meravigliosa.
Tommy guardò verso di loro e vide che tutti stavano aspettando una sua parola, un gesto. Allora mise la mano nella tasca e tirò fuori il suo tesoro: una Big Babol. La scartò e se la mise in bocca masticando lentamente. Poi si fermò un attimo e iniziò a gonfiare un pallone; ogni soffio di Tommy veniva accompagnato da un olè di acclamazione e più il pallone si ingrandiva più la gente esultava e urlava “Fallo scoppiare! Fallo scoppiare!”. Il pallone si gonfiò ancora un po’ poi deflagrò ricoprendo il viso di Tommy di una profumata pellicola rosa. Dopo un istante di silenzio esplose un entusiasmo sfrenato e incontenibile che proseguì con feste, balli, musica e spettacoli in onore di un bambino che aveva riacceso la speranza con una gomma da masticare.
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