
Le storie superbe . SUPERBIA
Il casotto più elegante del mondo
In 14 Maggio 2023 da Redazione Seven BlogUn racconto che ha partecipato a SevenStories – Levi’s Strauss
di Massimo Coccia
Franco viveva in quegli angoli della città attraverso cui, in genere, chi ha una fedina penale intonsa cerca di non passare o, se costretto, di passare accelerando l’andatura. Ultimamente aveva trovato dimora in un casotto degli attrezzi diroccato, ai bordi di un campo stranamente lasciato a prato, dimenticato dai palazzinari in una periferia parecchio brutta. Di giorno cercava di non starci, perché i ragazzini della zona venivano a giocarci a pallone e lui non voleva essere notato, e men che meno voleva storie. Era un bel posto, alla fine. C’era una roggia in cui riusciva a lavarsi e finora non gli aveva dato fastidio nessuno.
Nelle sue giornate fuori prendeva un cartone e andava in tram in centro, a vedere di rimediare qualcosa da mangiare e magari, se avesse buttato bene, anche da bere.
Gli piaceva il centro. Tutte quelle luci, la gente che cammina di fretta, come se avesse il mondo o almeno una buona parte di esso da salvare, i negozianti che attrezzano le vetrine curando ogni dettaglio, pronti a indurre nei passanti quell’irresistibile voglia di superfluo. Tutto attorno, un turbinante universo di artisti di strada, randagi, netturbini, ambulanti irregolari, ognuno nel suo perimetro, a elemosinare le briciole della società bene, e a ripulirne gli scarti.
Una delle sue occupazioni principali, nei suoi pomeriggi, era osservare le persone, cercare di capirne indole, stato emotivo, occupazione. Fantasticava sulle loro famiglie, lui che una non ne aveva più una.
Ma chi preferiva era quella ragazza meravigliosa, che transitava spesso con l’andatura sicura di chi sa che è sempre osservato e non può deludere la platea. Avevano quasi la stessa età anche se nessuno, lui per primo, vedendoli lo avrebbe detto. Si incrociavano spesso, lei di corsa e lui seduto, e qualche volta lei le aveva lasciato qualche euro.
Quel giorno passò, di corsa come sempre, con i suoi jeans skinny, un top bianco e un’enorme borsa bianca nella quale stava trafficando e dalla quale cadde qualcosa. Franco si alzò. Era un portafoglio. La ragazza iniziava a essere distante così Franco urlò: «Levis! Levis!».
Inizialmente lei non si girò, poi l’urlo ripetuto la incuriosì, e si voltò. Vide Franco che sventolava il suo portafoglio, tornò sui suoi passi, di nuovo di corsa.
«Ma… grazie! Grazie mille!».
«Dovere».
«Ma… Levis? Io mi chiamo Livia».
«Visto? Ci ho quasi preso. E comunque io dei Levis portati così non li avevo visti mai».
«Ahah, grazie. Lo dirò a quello schiavista del mio dietologo. Senti… io ti devo molto. Avresti potuto tenerlo…».
«Non sono un ladro».
«No, non intendevo… Tieni», gli porse una consistente cifra.
«No, davvero, il gesto non li vale… Se vuoi, e se il dietologo lo consente, potresti offrirmi un panino».
«Certo, va bene. Ma mi pare poco… aspettami qui».
Livia entrò nel negozio di fronte. Ne uscì poco dopo, con una grande gonna svolazzante e i Levi’s in mano. «Tieni. Sono i jeans meglio portati al mondo, giusto?».
«Ah, senza dubbio, ma…».
«Cosa sai del mondo della moda?».
«Nulla, o quasi. È difficile trovare Vogue dove mi rifornisco io».
«Già, immaginavo. Non ti perdi granché, comunque. Resta il fatto che…», si guardò in giro, gli occhi guizzanti, «vedi quel culo?», indicò un grande cartellone pubblicitario dietro di loro: «è il mio e, beh… questi jeans, portati e firmati da me… secondo me li puoi vendere a 2000 euro almeno. Ma facci quello che vuoi, sono tuoi».
Mangiarono un panino (lui lo mangiò, per lei una centrifuga), parlarono, risero. Una strana coppia.
Franco tornò poi al suo casotto, rimediò qualche asse dalle macerie lì all’angolo e arrabattò una cornice.
Piantò un chiodo con un sasso sulla piccola parete in fondo.
Il quadro stava bene e stendendosi poteva vederlo.
«Il casotto meglio arredato al mondo», pensò, sorridendo e chiudendo gli occhi.
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