INVIDIA . Lector In Invidia
Mamma Modena
In 6 Luglio 2017 da Attilia Patri DPE dopo qualche giorno, il silenzio svegliò Modena.
Lei, adagiata un po’ pigramente in mezzo all’Emilia-Romagna, lasciò uscire uno sbadiglio da città di provincia dove raramente succede qualcosa e, aprendo gli occhi, guardò attraverso le mille e più finestre, specchiandosi nei riflessi delle vetrine dei negozi, annusando il profumo di caffè che usciva dai bar con i clienti di sempre; si allungò, distese le gambe attraverso i portici dove incontrò le solite facce e allargò le braccia verso le piazze assolate e semivuote. Modena si svegliò un po’ sudaticcia e quasi ancora non credeva che tutto fosse andato liscio e senza intoppi particolari, ancora non credeva che tutto fosse veramente successo, che il tutto avesse avuto un inizio, un durante e una conclusione e che in tanti, per questo, la potessero prendere come modello; ancora non le sembravano vere quelle congratulazioni del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Interno per l’ottimo lavoro svolto da tutte le forze impegnate ad assicurare lo svolgimento di quel tutto: istituzioni nazionali, locali e private.
Modello lei! Lei un po’ troppo stretta tra Parma, la piccola Parigi, e Bologna, la Dotta, un po’ defilata dai circuiti turistici, un po’ sempre in lotta anche per il tortellino migliore offrendo di esclusivo, però, l’aceto balsamico. Non ci crede ancora eppure è accaduto a lei, provincia un po’ stanca come del resto lo è quasi tutto il territorio di provincia; lei che fu un Ducato e gli Este camminarono per le sue storiche vie; lei con il suo Duomo, la Torre Civica, la Piazza Grande, il tutto patrimonio dell’Unesco; lei con l’imponente Palazzo Ducale sede di una prestigiosa Accademia Militare. Lei, provincia che si barcamena come tante altre in un periodo di crisi e ricorda, con affetto e gratitudine, il boom economico e di benessere legato a quella imprenditoria dei Ferrari e dei Maserati che avevano lanciato nel mondo il suo nome, Modena, con prodotti unici ed esclusivi; lei che creava quei rombi di motore e quei colori di carrozzeria che si riconoscevano ad occhi chiusi e ispiravano i sogni dell’arrivato sociale. Lei che non dimentica quel mondo di piastrelle di Sassuolo che tanti pavimenti della nazione ha rivestito e i filati di Carpi. Lei, vecchia provincia, che aveva immesso nel mercato le prime raccolte di figurine, le bustine (1 bustina, 20 lire, 5 figurine), gli album; lei che fomentava nei bambini il capriccio ma anche l’idea del baratto e della trattativa: per questa almeno dieci delle altre. Lei che aveva insinuato l’idea della “figurina rarità” e, a trovarla, rendeva speciali e benedetti dalla Dea Fortuna a vita. Lei lo sa che, allora, per i più piccoli, lei esisteva non per la geografia imparata alle elementari ma per la scritta
Edizioni Panini, Modena. Lei che tanto doveva, per fama, ai figli partoriti nelle sue terre; quei suoi figli tutti un po’ speciali e con inclinazioni così diverse da finire chi nella Storia come Ciro Menotti, chi nel mondo del bel canto come quel tenore, Luciano, che, per essere alla portata di tutti, aveva, ad un certo punto della carriera, mescolato la sua voce a quella dei colleghi di musica leggera, quel Pavarotti & Friends così accattivante e rassicurante; quel biondo “casco d’oro” di Caterina, signora Sugar, scopritrice di talenti musicali e che ancora tiene alta la bandiera dell’industria discografica italiana e, poi, c’è quello scavezzacollo di Vasco.
Vasco, adottato dalla vicina Zocca; quel figliol prodigo che un po’ c’è e un po’ sparisce, che un fischio e riempie gli stadi, che o piace o non si sopporta, che ha ancora la cadenza di origine e delle origini un po’ montanare non si vergogna; quel figlio che ha fatto tanta strada anche se in pochi ci avrebbero scommesso una lira; quel figlio che, per celebrare la lunga strada percorsa cantando, pensa di tornare da lei.
Si stiracchia Modena sorniona e ricorda ancora quel filo di patema grosso come una matassa quando, mesi prima, il signor Rossi era andato da lei e aveva spiattellato lì quella sua proposta: nel 2017 saranno quarant’anni di carriera, farò un concerto celebrativo e sarà tanto più celebrativo quanto più riuscirò a organizzarlo qui, qui dove tutto è cominciato. C’è Parco Ferrari, in periferia ma ben dentro la città, che si presta per accogliere i fans che immagino tanti, tantissimi e provenienti da ogni parte possibile; ho già pronto il nome: lo chiameremo Modena Park. Che proposta! Che brivido che non vola via ma cresce; cresce!
Modena Park, Modena nazionale, Modena alla ribalta, Modena la festa delle feste. Modena che abbraccia quel figlio come una madre abbraccia un figlio che dica: sai, il prossimo anno mi sposo, sarà una grande festa. E Modena, come una qualunque madre di un futuro sposo, chiama a raccolta idee, strategie, esperti per pianificare il tutto, per non escludere nulla, il certo e quel che potrebbe essere, l’ovvio e il non si sa mai, per perseguire un obiettivo di perfezione organizzativa da lasciare a ricordo agli ospiti attesi. Per Modena, l’organizzazione perfetta, era la bomboniera ideale per quel figlio.
Modena, che adesso dondola nella sua pianura riempiendosi i polmoni di aria nuova, chiude gli occhi e ripensa ai giorni di grande restyling cittadino prima che telecamere di tv e postazioni radio la prendessero d’assedio e si mettessero a frugare in ogni angolo di via in cerca di scoop veri o presunti, di anteprime; prima che le altre province parlassero di lei, la prescelta. Modena a posto, accogliente, efficiente.
A Modena, adesso più rilassata, sembrano già remote quelle giornate, non sempre così splendide, passate a studiare la viabilità per chi arrivava al concerto in auto, in moto, in pullman, in treno; quando doveva individuare 22 aree di parcheggio adeguatamente lontane, contare 900 pullman, aspettare 22 treni speciali, sul primo binario per evitare l’imbottigliamento dei sottopassi, più gli ordinari, pieni come le stie dei polli in un allevamento intensivo; quando doveva tracciare il percorso a piedi, nessuna navetta, sospesi dal servizio anche i normali bus cittadini; quando doveva escogitare la creazione di eventi secondari, correlati alla grande kermesse, per indurre a ritardare e calmierare le partenze per non creare sterili code di traffico nervoso. Ripensa Modena a lei e ai suoi 184.000 abitanti mentre aspettavano, ognuno a proprio modo, l’arrivo di 220.000 persone biglietto-munite più circa 10.000 invitati; aspettavano un’invasione, pacifica, ma invasione rimaneva, e doveva essere indirizzata, con ordine, verso un comune punto di incontro: il palco immenso, faraonico, l’altare del sacrificio sublime. Persone che dovevano essere nutrite e dissetate, persone che riempivano gli alberghi e qualsiasi camera venisse messa a disposizione; Modena che faceva il pieno e con lei facevano il pieno di scorte i bar e le tavole calde e rapidamente venivano allestite postazioni volanti di ristoro, bancarelle di magliette e merchandising di ogni genere, bagni chimici, come non succedeva neanche il 31 gennaio per San Giminiano Patrono della città.
Modena inarca la schiena e si rivede con gli elenchi delle cose da fare: al primo posto la sicurezza. E giù a scrivere il comunicato comunale con le cose ammesse e non ammesse al concerto, a tracciare le transenne ideali tra l’evento e tutto il resto fuori, a calcolare quanti addetti per evitare atti di vandalismo e quanti a frugare nelle borse ai cancelli d’ingresso pur sapendo che qualcosa sarebbe sicuramente sfuggito ma, almeno il grosso, sarebbe stato sequestrato. Eccola lì Modena a scegliere la pista di atletica come area di emergenza e i punti di soccorso medico che si renderanno necessari per i 1.000 casi tra crisi respiratorie e colpi di calore e i 18 ricoveri. Modena che sposta gli esami orali di maturità, annulla cerimonie e funerali; in quei due giorni critici è vietato anche morire e, se proprio non se ne può fare a meno, si sappia almeno che, fino a lunedì, non si potrà raggiungere la destinazione ultima. Modena, lei, sì proprio lei, in quei giorni così odiata o amata dai suoi residenti: chi è fan gode in un Rewind perenne e pregusta quel volo aggraziato di reggiseni, chi può fare qualche buon affare si sfrega le mani, chi dal passaggio di Vasco non ricaverà nulla attacca il mantra “chiuso fino a lunedì”, chi se ne può andare scappa via da quello che definisce “sto casino qui”, gli altri si blindano in casa: il Blasco, la Combriccola, il palco tipo Cape Canaveral sembrano rappresentare la fine del mondo.
Modena che si interroga e si riconosce un po’ stronza e dispettosa quando, anziché aprire i cancelli alle 9.00 del primo luglio, come era stato stabilito, li apre alle 21,30 della sera precedente facendo infuriare, e non poco, tutti quelli che pensavano di arrivare all’alba più o meno chiara di sabato e cercare di conquistare una posizione accettabile all’interno del parco e, invece, niente da fare: già tutto tatticamente occupato. Che poi la colpa non era stata proprio la sua ma del Questore; così come l’idea dell’Organizzazione dell’uso dei token: non era proprio colpa sua. Non era sua la decisione di far cambiare almeno quindici euro alle casse apposite per ricavarne cinque gettoni del valore di tre euro l’uno, non rimborsabili, per poter acquistare all’interno dell’area bibite e panini: se non mangiavi e ti serviva solo una bottiglietta d’acqua da mezzo litro, di fatto, bisognava essere disposti a spendere quindici euro e, in più, servita, come premesso, senza tappo.
Inutile dire che Modena è cara. Lei non ci sta di sicuro a questa definizione; se la prendano, piuttosto, con gli altri, con chi ben sa che le maschere, a certi prezzi, si vendono solo in determinati periodi.
Modena che si guarda le mani e, soddisfatta, sulle dita fa i conti: 12 milioni di incasso, 6 milioni al territorio, 1.000 persone assoldate per la cura del concerto. Modena sotto i riflettori di Rai1 per “La notte di Vasco” vista da 5.633.000 spettatori un po’ delusi perché non era quello che si aspettavano; Modena e i diritti della diretta completa solo ad alcune sale cinematografiche che hanno registrato il primo posto al Box Office.
Modena per tanti ma non per tutti. Modena esclusiva. Modena dei primati. Modena capitale della musica rock. Musica ed energia, dunque, anche dopo il concerto che, adesso, sdraiata, in silenzio, Modena sente ancora scorrere nelle sue vene; quella musica, gioia ed energia che hanno invaso, a festa finita, le piazze e le vie del suo centro con locali, bar e ristoranti aperti fino ad esaurimento clienti.
La combriccola è stata pacifica; è arrivata e se ne è andata: niente fine del mondo. Modena lo sa di uscirne vittoriosa e ancora le piace quel meritato riposo e si rannicchia ritirando gambe e braccia in posizione fetale e, mentre socchiude gli occhi al nuovo giorno, le sembra di risentire la scaletta e quel ritornello come una dedica: “Io e te, io e te come nelle favole”. “La tempesta perfetta” l’ha chiamata Vasco e se lo dice lui, suo figlio…
Modena è in piedi. Sorride.
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