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La Chimera
In 21 Marzo 2021 da Caterina LevatoNon so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Nota: Dino Campana nasce a Marradi (FI) nel 1885, e muore a Castel Pulci (c/o Firenze) il primo marzo del 1932. Sin dal 1900, inizia a soffrire di disturbi mentali, che lo spingeranno a condurre una vita vagabonda e peregrina, che lo portò a girovagare tra Europa, Russia e Sud America. Questi viaggi furono compiuti, a causa della sua estrema povertà, accettando di svolgere qualsiasi lavoro.
Nota a tutti, per i suoi forti toni passionali e violenti, è la relazione con la poetessa Sibilla Aleramo, a cui dedicò testi struggenti.
I Canti Orfici riprendono la struttura del prosimetro; infatti, testi in prosa e poesie si alternano in un susseguirsi di immagini accomunate da una musicalità costante e dall’uso della ripetizione, quest’ultima caratteristica produce nei testi un ritmo quasi ossessivo, che, risultando tutt’altro che ripetitivo, li rende densi.
Una specifica particolarità dei Canti Orfici è la loro capacità di trasformare in simboli immagini realistiche. Da ciò derivano metafore di alto respiro, realizzate attraverso l’uso di termini aulici e di richiami colti, anche se, spesso, di complessa interpretazione, per il lettore.
La Chimera è il primo componimento in versi dei Canti Orfici. Nella mitologia classica, essa rappresenta un mostro, che incarna le forze distruttrici: vulcani o tempeste. Nel linguaggio comune, la chimera indica una fantasticheria, o una utopia.
Dino Campana, in questo componimento, chiama Chimera una donna ideale, intesa, forse, come incarnazione della sua stessa poesia, oppure come desiderio assoluto, indeterminato. Di fatto, ci troviamo di fronte a uno dei componimenti di più difficile interpretazione della letteratura italiana.
Chimera è il vagheggiamento di una figura femminile inafferrabile, un miraggio, una visione, una forza misteriosa che può essere solo intuita.
Il parallelo istituito dallo stesso Campana tra la Chimera e la Gioconda mette a confronto due figure enigmatiche, entrambe ambigue. Ne risulta, quindi, un parallelo sfuggente, in cui la Chimera appare su uno sfondo ancor più sfumato, fatto di ombre e di silenzi, di luce notturna misteriosa e inquietante.
Oltre alla donna/Chimera, l’altro protagonista della lirica è il poeta stesso, che torna ossessivamente nella ripetizione del pronome personale io, posto in posizione anaforica. Egli invoca la Chimera. Alla sua apparizione è collegata la possibilità del poeta di svelare l’ignoto, grazie alla sua capacità di entrare in una dimensione misteriosa, che è preclusa ai più.
Dino Campana: Canti Orfici e altre poesie
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi tascabili. Poesia
Anno edizione: 2014