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Carla Fracci
In 20 Agosto 2021 da Debora BorgognoniAvrebbe compiuto ottantacinque anni, quella danzatrice che Eugenio Montale titolava “stanca”, ma che di certo stanca non è mai stata. E anzi, brillava, nel suo metro e sessantatré centimetri, eppure immensa, gigante, sopra il palco della Scala. Nel 1969, sei anni prima del Premio Nobel, l’amico Montale le dedica la poesia per la sua pausa dalle scene dovuta alla maternità. A te bastano i piedi sulla bilancia | per misurare i pochi milligrammi. Ma erano le punte a non poter essere indossate.
Carla Fracci nasce il 20 agosto 1936 da un sergente maggiore degli alpini in Russia e un’operaia della Innocenti a Milano. Il sipario della Scala si è aperto per lei all’età di nove anni. In un’intervista a La Repubblica, il 30 luglio 2006, dice: «Ho avuto incontri straordinari, come Visconti, burbero e dolcissimo. Come Herbert Ross, per cui ho fatto la Karsavina nel film Nijnsky. O come Peter Ustinov, con cui ho girato Le ballerine. E la Cederna, e Manzù. E il magnifico Eduardo. In un galà in suo onore, a Viareggio, interpretai Filumena Marturano, proprio il ruolo di Titina, e lui mi mandò un biglietto con su scritto: “ora posso chiamarti sorella”. Ricordo il fascino e l’ironia di De Sica. Voleva affidarmi ne La vacanza il ruolo che poi fece la Bolkan. E rammento le estati con Montale, a Forte dei Marmi. Ci si trovava ogni giorno tra persone come Henry Moore, Marino Marini, Guttuso. Montale disegnava sempre: il mare, le Apuane… Usava tutto, dal vino al rossetto. Mi dedicò una bellissima poesia: La danzatrice stanca. No, io a settant’anni non mi sento affatto stanca. E sono quello che sono anche grazie a loro».
Torna a fiorir la rosa
che pur dianzi languia…
Dianzi? Vuol dire dapprima, poco fa.
E quando mai può dirsi per stagioni
che s’incastrano l’una nell’altra, amorfe?
Ma si parla della rifioritura
d’una convalescente, di una guancia
meno pallente ove non sia muffito
l’aggettivo, del più vivido accendersi
dell’occhio, anzi del guardo.
È questo il solo fiore che rimane
con qualche merto d’un tuo Dulcamara.
A te bastano i piedi sulla bilancia
per misurare i pochi milligrammi
che i già defunti turni stagionali
non seppero sottrarti. Poi potrai
rimettere le ali non più nubecola
celeste ma terrestre e non è detto
che il cielo se ne accorga. Basta che uno
stupisca che il tuo fiore si rincarna
a meraviglia. Non è di tutti i giorni
in questi nivei défilés di morte.
Eugenio Montale, La danzatrice stanca, 1969
Citazioni:
Giselle - Carla Fracci e Rudolf Nureyev (1980)
Una volta c’era una parola di cui sono orgogliosa e che fa parte della mia infanzia: proletariato. Oggi purtroppo non la usa più nessuno. È il proletariato che ha sempre alimentato la nazione. Ci dovrebbe essere più rispetto. Se questa classe sociale si ferma la nazione cade. Oggi, invece, tutti se la sono presi con i tranvieri, ma si sono accorti di loro solo quando si sono fermati. (Carla Fracci: Io, figlia di un tranviere, li difendo)
Teatro 10 (1971) Balletto Carla Fracci
Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d’élite, relegato alle scatole d’oro dei teatri d’opera. E anche quand’ero impegnata sulle scene più importanti del mondo sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Nureyev mi sgridava: chi te lo fa fare, ti stanchi troppo, arrivi da New York e devi andare, che so, a Budrio… Ma a me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato. (La Repubblica, 30 luglio 2006)
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