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Eufemia
In 10 Marzo 2022 da Giorgio BinnellaQuesto c’è di bello a Eufemia, che i ricordi si scambiano come lo zenzero, i pistacchi, i semi di papavero, la noce moscata, lo zibibbo e la bambagia. E se un marinaio arrivato col solstizio racconta di una Mary, o Lizzie o Giusy o Irina o Aisha, baciata fuggendo dall’ultimo porto, qualcuno sbarcherà con l’equinozio e racconterà di averla baciata, nutrito e abbagliato da quel ricordo. A Eufemia, la merce più preziosa è la memoria. I bastimenti scaricano il passato e ne caricano un altro, e ogni scena e ogni donna, in realtà, appartengono a qualcuno di cui non si conosce il nome né la provenienza. E tu giochi nella tasca della divisa con l’ultimo abbraccio di una sconosciuta, che attraversa i mari da chissà quanto tempo, trasportato di bocca in bocca. Oppure, un sorriso che ti rende nostalgico e vorresti vederlo una volta ancora, ma che in realtà non sai di chi sia.
Ecco. Io ne ho uno, appunto, di questi ricordi, scambiato a Eufemia con un marinaio della Simon, che mi tiene compagnia e mi ossessiona. Tanto che lo tengo per me, e non ne parlo se non allo specchio. È quello di una stanza in affitto e un primo incontro. Con lei, che aveva vergogna di mostrarsi nuda, ma forse, questo, l’ho aggiunto io. Come i suoi occhi e il suo sorriso, come il neo vicino l’ombelico, come lo smalto imperfetto, che proprio per questo era perfetto, così naturale, così giusto nella penombra di quella camera da letto, dove la perfezione ci sarebbe stata come una nota stonata. Non so nemmeno se il resto sia del marinaio o mio, ma non ricordo di aver trascorso ore così belle con altre donne. Così intrise di essenze esotiche, quelle sì di altri porti, come la curcuma e lo zafferano, tutte sulla sua pelle. Ecco. Di questo vivo. E ogni volta che me lo racconto scopro un particolare, un dettaglio, un’inezia che me lo rende più caro. Come i fiori ricamati sulla trapunta verde, le tende dello stesso tessuto e colore e ricamo, il suo abitino steso sul letto con cura mentre si fa la doccia, le scarpe raccolte e il profumo di ananas e nocciole che arriva dalla cucina. Segno, così me lo racconto, di un arrivederci piuttosto che un addio. Ecco. Da quando sono tornato a Eufemia, di questo vivo.
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