ACCIDIA . Monológos
Fuck you!
In 16 Gennaio 2017 da Fabio Muzzio
È oramai diffuso il dibattito sull’odio dietro a un monitor con il Web e in particolare nei social, luogo di sfogo in libertà senza comprenderne l’effettiva portata. Siti di notizie false, pagine social che soffiano sul fuoco inventadosi fatti di cronaca sono sotto gli occhi di chi frequenta i luoghi della Rete e che sfruttano tutto questo per un tornaconto economico. I commenti che si possono leggere non lasciano dubbi sullo stato d’animo e la preparazione di chi digita. E così escono pregiudizi, mancanza di accettazione dell’altro, rabbia repressa, odio che sfocia nell’intolleranza razziale, specchio del disagio personale. Se facciamo un passo indietro di qualche anno e andiamo a ripensare al momento emblematico dello scatenarsi dell’odio che sembrava essersi placato con il grande sogno o forse grande illusione della globalizzazione possiamo che risalire all’11 settembre del 2001.
In culo alle signore dell’Upper East Side, con i loro foulard di Hermès e i loro carciofi di Balducci da 50 dollari: con le loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate. Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane!
In culo ai negri di Harlem. Non passano mai la palla, non vogliono giocare in difesa, fanno cinque passi per arrivare sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al razzismo dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa. E muovete le chiappe, è ora!
L’attacco alle Torri gemelle ha rappresentato per l’Occidente in generale e per gli USA in particolare un momento di frattura profonda e l’inizio di una guerra non più fuori ma dentro i propri confini, estesasi velocemente all’Europa. David Benioff ci scrive un romanzo e la sceneggiatura per la trasposizione cinematografica de La 25ª ora, pellicola girata nel 2002 da Spike Lee. Le storie dei tre amici newyorkesi, così differenti per stile di vita e professioni si intrecciano con sullo sfondo Ground Zero.
In culo a Osama Bin Laden, a Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati, vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno. Stronzi cammellieri con l’asciugamano in testa, baciate le mie nobili palle irlandesi!
Il perno della storia è lo spacciatore Montgomery “Monty” Brogan interpretato da Edward Norton, che per una soffiata all’FBI deve tornare in carcere avendo sulle spalle già una condanna per sette anni. Il tradimento arriva anche dalla confessione della fidanzata e l’ultima notte prima di una lunga detenzione sarà vissuta all’insegna del saluto, anche violento agli amici e al padre. Da questo film ho estrapolato il monologo di Monty davanti allo specchio del bar. È la sua immagine riflessa a parlare ed uscirà la rabbia e l’odio di chi, dopo aver perso tutto, ha paura per la propria sorte dietro le sbarre. Il monologo, dal linguaggio duro e forte, che ripete l’intercalare scritto anche sullo specchio del bagno Fuck you/fanculo per ogni etnia che compone la Grande mela, tranne la sua, quella irlandese, non risparmia nemmeno le persone più care. Sembrerebbe che la multirazzialità, in fondo elemento fondante di una Nazione e di una cultura di emigranti, abbia fallito e sia crollato tutto, come è accaduto alle torri gemelle. Sarà quindi dura la vita dentro un carcere per Monty e lo sarà fuori per tutti gli altri alla ricerca di recuperare una vita che non sarà più la stessa. Le parole di odio rappresentano un alibi con il quale sentirsi potenzialmente migliori e ingiustamente penalizzati ma che in realtà evidenziano e coprono solo il proprio fallimento.
La 25 Ora
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