
INVIDIA . Lector In Invidia
Cogito ergo sum, ma non sempre
In 17 Agosto 2017 da Attilia Patri DPTutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione – Art.21 – Costituzione della Repubblica Italiana. La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge – Art.11 – Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
La libertà di pensiero è il fondamento dell’uomo razionale. La capacità di elaborare, di meditare di approfondire e di manifestare il pensiero costituisce la caratteristica saliente dell’essere umano. La civiltà, dunque, si misura dal grado in cui il pensiero può esprimersi liberamente; il che naturalmente suppone in chi se ne fa iniziatore o portatore maturità e senso di responsabilità –
Rodolfo Arata – Che cos’è la libertà di pensiero, La Fiera Letteraria.
La libertà di pensiero, come ogni attività dello spirito, vale se rispetta la libertà di pensiero degli altri; essa perciò non deve offendere il pensiero altrui. Anche questo non è un limite, è una difesa della libertà stessa. È la libertà di pensare quel che si vuole e di esprimere tutto ciò che si pensa entro i limiti della verità e della moralità: senza questi potrebbe divenire ingiuria, calunnia, pervertimento.
Igino Giordani – Che cos’è la libertà di pensiero, La Fiera Letteraria.
Potremmo continuare all’infinito ma ci fermiamo, tanto gli ingredienti principali ci sono tutti.
Il pensiero. Un diritto, una libertà, libertà anche di scelta dei mezzi per poterlo manifestare, un fondamento del raziocinio, una capacità composita tra il meditare, l’estrapolare, l’approfondire responsabilmente, un rispetto verso opinioni contrapposte che nel dare libertà al pensiero altrui salvaguarda la propria, un limite che non deve travalicare verità e moralità nel senso più ampio e sconfinare così nella calunnia e diffamazione gratuite, parole dette o scritte sottobraccio al buonsenso.
Sembra facile. Ma poi, a volte, il pensiero prende strade strane e si arrampica seguendo correnti ideologiche di massa percepite ma non sempre comprese nella loro totalità, si perde nella superficialità di titoli di notizie reali o presunte o create ad arte, si alimenta della corsa verso la prospettiva di salire sul carro del vincitore, si gonfia nello strato sociale economicamente e culturalmente più svantaggiato, si narcotizza di invidia verso chi ha avuto tenacia e coraggio e ha conquistato una sorte diversa e privilegiata, si abbarbica, spesso sgrammaticato, su tasti alla portata di risposte facili, offensive e denigratorie verso un mondo più alto, distante, precluso, colpevolizzando l’altro per il proprio stato di cose. Pensiero che, iperbolizzato dalla rabbia, diventa quasi linciaggio continuo e ripetuto in modo sadico, sempre uguale a se stesso, vomitante violenza verbale, soprattutto se il bersaglio è donna e ricopre un qualche ruolo socialmente importante o, peggio, un ruolo istituzionale.
È capitato alla Presidente della Camera Laura Boldrini di vedere, nei suoi profili social, il proliferare di pensieri, sotto forma di commenti, di hater di età compresa prevalentemente tra i trenta e i cinquant’anni, non mancando però anche i sessantenni, senza differenza di genere per i contenuti degli insulti prevalentemente a carattere sessuale con riferimenti a stupri e a violenze di gruppo interrazziali più o meno cruenti, fino all’esortazione al suicidio o all’auspicio di una morte atroce con abbondanza di particolari cruenti che con il pensiero politico contrastante non hanno nulla a che vedere. Commenti di figuri che rivelano un modello di personalità piuttosto ricorrente: estrazione culturale bassa, così come la scolarità; veemenza di contenuti alternata a foto di animali domestici abbandonati o da salvare, immagini religiose, seguaci di Santi e devoti alla Madonna; in prima linea nella tutela dei gatti, esaltano i pargoli di famiglia e, spesso, i figli sono presenti nella foto profilo; hanno l’aspetto del buon vicino di casa o di quella donnina così a modo che, durante la messa, raccoglie le offerte in Chiesa ma, davanti alla tastiera, da buoni macellai virtuali, lanciano fendenti, promuovono violenza carnale e auspicano acidi sfiguranti lasciando, ingenuamente, tracce del proprio nome, cognome, foto profilo, immaginando che il Web, la distanza, il non essere lì a vis a vis, in qualche modo, garantiscano una certa immunità.
Laura Boldrini non ne può più; da Twitter lancia l’hashtag #AdessoBasta e su Facebook annuncia di voler denunciare chi la insulta sul Web.
“Ho riflettuto a lungo se procedere o meno in questo senso, ma dopo quattro anni e mezzo di quotidiane sconcezze, minacce e messaggi violenti ho pensato che avevo il dovere di prendere questa decisione come donna, come madre e come rappresentante delle istituzioni. […] Da oggi in poi quindi tutelerò la mia persona e il ruolo che ricopro ricorrendo, se necessario, alle vie legali. E lo farò anche per incoraggiare tutti coloro – specialmente le nostre ragazze e i nostri ragazzi – che subiscono insulti e aggressioni verbali a uscire dal silenzio e denunciare chi usa Internet come strumento di prevaricazione. È ormai evidente che lasciar correre significhi autorizzare i vigliacchi a continuare con i loro metodi […] Credo che educare le nuove generazioni a un uso responsabile e consapevole della Rete sia una necessità impellente e su questo continuerò a impegnarmi. Nel frattempo, però, non possiamo stare a guardare […] Come posso chiedere ai nostri giovani di non soccombere e di denunciare i bulli del Web se poi io stessa non lo faccio? Ai nostri figli dobbiamo dimostrare che in uno Stato di diritto chiunque venga aggredito può difendersi attraverso le leggi. E senza aggiungere odio all’odio, ne abbiamo già abbastanza”.
Mentre la terza carica più alta della nostra Repubblica annuncia un impegno così importante per se stessa e per tutti noi per garantire una certa sobrietà nei contenuti di messaggistica, in un mondo sempre più volto alle contraddizioni, prende piede a tamburo battente una recente applicazione per dispositivi Apple e Google Play che consente di inviare agli iscritti messaggi e giudizi senza filtri in assoluto anonimato. Nome dell’applicazione: Sarahah. Letteralmente: onestà, apertura, schiettezza.
Sviluppata in Arabia Saudita nel 2016 da Zain al-Abidin Tawfiq come strumento per facilitare le valutazioni aziendali grazie all’anonimato, ha acquisito, gradualmente, potenzialità fuori dal mondo del lavoro raggiungendo in questo momento il quinto posto nella classifica mondiale delle applicazioni più scaricate da Google Play Store e quattordici milioni di utenti registrati. In breve è diventata l’applicazione dell’estate 2017 consentendo di esprimere commenti a ruota libera, di solito estremamente positivi o estremamente negativi, su amici, colleghi, conoscenti; insomma una specie di recensione come quelle abituali su altre piattaforme come Tripadvisor o Amazon.
In Sarahah ci si mette in gioco in due: da una parte il commentatore che può dire ciò che pensa su qualcuno nel comfort dell’anonimato, dall’altra l’utente registrato con il suo egocentrismo che lo spinge a sapere cosa pensano gli altri di lui ed è chiaro che, un’app del genere, non può che sollevare qualche dubbio circa gli usi distorti che se ne possono fare, primo fra tutti la possibilità di cyberbullismo, anche se, al momento, paradossalmente, in linea di massima le persone ricevono più complimenti che insulti. Il paradosso, forse, sta proprio qui: nel celare dietro al nome Nessuno le buone intenzioni, i buoni sentimenti, quasi andassero nascosti per non sembrare teneri o magari stupidi o servili mentre l’odio, come se fosse un punto di forza caratteriale, è bene che si sappia da chi viene provato.
Diamo tempo al tempo e vedremo l’uovo di Colombo da che parte propenderà e come evolverà la libertà di pensiero virtuale e vedremo se avrà ragione Nicolas Gomez Davila nel suo In margine a un testo implicito quando scrive: “Avere la libertà di pensiero non basta alla mentalità moderna. Gli sciocchi si sentono in obbligo di esercitarla. Gli archivi di questa società ricca di “libero pensiero” offriranno deliziosi sollazzi agli studiosi del futuro”.
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