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Cronaca del giorno dopo
In 26 Giugno 2016 da Redazione Seven BlogIl racconto vincitore di StorieSuperbe – L’Ira
di Carla Cristofoli
«Maledetta, dove sarà andata a sbattersi?», si chiede con crescente rabbia Antonio Rabati, noto Tonio, e contorce le mani come se volesse stritolarla, quella donna maledetta che non riesce a tenere dove vorrebbe, come vorrebbe. E poi le riapre, le mani, e sente le dita indolenzite dalla pressione e le guarda stranito, le stende a guardarne le palme rosse, ne osserva le linee leggermente più chiare che si rincorrono e si perdono, ne segue il percorso senza riuscire a ritrovare il punto di partenza e la fine, quindi le chiude a pugno con un scatto, come spaventato dal vuoto che gli sembra di leggere.
Allora per calmarsi prende a passeggiare da una stanza all’altra. I vestiti sparsi da per tutto, un mucchio da stirare sta sulla poltrona in camera da letto, un velo di polvere copre i mobili, i piatti sporchi ancora nel lavandino. Si muove lento in ogni stanza Tonio, non sa cosa cercare, cosa guardare, tutto gli mette nausea, uno schifo per tutto questo disordine, in cui non riesce a far ordine, non c’è proprio nulla che riesca a controllare, niente.
Si siede stanco sul divano. «Dove può essere andata, dov’è?», si domanda, che amici può avere, nessuno. In questi anni tutte le relazioni sono state spezzate. Casa, spesa, spesa, casa. Controllo assoluto. Deve calmarsi, però, forse l’ultima volta ha esagerato, ha perso il controllo. Tre costole incrinate e pronto soccorso, a momenti ci scappava la denuncia. Tilde non ha voluto farla. Il medico l’ha guardato storto. Vigliacco, diceva lo sguardo del medico. Tonio lo conosceva bene quello sguardo, da bambino lo guardavano così gli altri compagni, perché non sapeva difendersi, né reagire. Scappava e quando non gli riusciva stava lì a proteggere la testa per evitare i colpi più duri, rannicchiato ad aspettare che finisse. Proprio come fa Tilde.
All’improvviso un pensiero lo blocca, mette a fuoco un oggetto in quella confusione, un indizio chiaro e indiscutibile. La nausea aumenta. Una certezza acida e corrosiva sale dallo stomaco alla gola. Corre in bagno e infila la testa nel WC spinto dai sussulti dei conati.
Quando riprende respiro, alza la testa, con gli occhi gonfi e arrossati dallo sforzo si volta verso il lavandino che brilla di certezza: la fede nuziale è lì, al lato del sapone ruvido di carezze. Luccica la fede, impallidisce l’uomo. Se n’è andata.
Un filo di bava scivola lungo il mento ad accompagnare un grido gonfio di bile e dolore, che dalla gola esce suo malgrado, senza che lui possa impedirlo, per lasciarlo poi esausto ai piedi del WC.
Tilde, seduta al bar della stazione, appoggia i gomiti sul tavolo e con le mani afferra la testa nel tentativo di tenere i singhiozzi che si fanno via via più forti, fino a diventare pianto disperato, che ipotizza nel singulto una serie di deliranti soluzioni.
«Forse Lei può aiutarmi, forse Lei mi può capire, forse mi sa dire dove devo andare, a chi posso chiedere. Se non me ne vado mi ammazza, io lo so che finisce che mi ammazza».
«Chi l’ammazza? Signora, ma di cosa parla?», chiede allarmato Massimino. Lui, il capostazione, non lo sa com’è arrivato a quella ragazza che stava sulla banchina seduta ad aspettare, lo aveva colpito, era rimasta a guardare i treni passare per quattro ore. Le ha parlato. Ha chiesto «Va tutto bene?».
Tilde ha risposto e ora piange.
«Ora mi calmo», dice lei, ma il petto soffoca. Sorride, ma non ci riesce, tenta una risata, ma quella si scioglie in gola.
«Signora, forse lei ha un problema, non sa dove andare e magari se me ne parla, una soluzione la troviamo. Chiamiamo la polizia, se qualcuno la minaccia».
«No, per carità, la polizia no. La prego, non chiami la polizia», si allarma la donna.
«Va bene, la polizia no, non la chiamiamo», dice rassicurante Massimino.
Massimino s’inquieta. Il treno delle 19 e 40 passa. Un giornale vola sui binari.
Tonio esce di casa a mezzanotte. Cammina annusando buio e nascondiglio. Sposta e cerca dietro e dentro i cassonetti, tra i cespugli, verifica che gli antichi portoni siano chiusi, perché se lasciati aperti, lui lo sa, i bui androni possono diventare nascondiglio.
Ogni tanto trova una panchina e si siede ad aspettare, si riposa, poi di nuovo annusa l’aria, si alza di scatto e riprende la ricerca.
Alle 5 del mattino Antonio Rabati entra in stazione, guarda in alto verso il tabellone dell’orario e allarga le narici. Alle 5 e 11 sale sul treno diretto a Roma Tiburtina.
«Signora, ma lei lo sa dove sta andando?», Chiede Massimino inquieto, che vorrebbe trovare un consiglio, un indirizzo, un nome, un riferimento, qualcosa a cui aggrapparsi, un apposito sostegno da offrire a questa donna di cui non sa nulla e che ora vorrebbe trattenere per chiederle di più e farle le domande che non ha avuto il coraggio di fare.
«Sì, lo so», risponde Tilde, che già presagisce la via di fuga, la porta d’uscita.
La porta scricchiola. Si chiude, lasciandosi dietro tutti: uomini e donne.
Ore 21 e 35. L’ultimo treno diretto a Roma Tiburtina è in partenza dal binario 1. Attenzione alla chiusura delle porte.
Massimino chiude il giornale, ha i polpastrelli neri d’inchiostro. Ha usato le dita per leggere, perché alle parole Donna di 35 anni arsa viva dal marito in una stanza d’albergo la vista gli si è offuscata, e allora ha usato le dita per seguire il filo delle parole fredde e meschine.
Alle parole ripetutamente colpita al volto e alla testa un brivido lo ha preso alle spalle, ha avuto un sussulto, ha voltato il volto come a schivare qualcosa.
Alle parole liquido infiammabile una nausea bruciante gli è salita dallo stomaco attraverso l’esofago sino a trasformarsi in saliva densa e aspra.
Alle parole omicidio volontario aggravato Massimino ha chiuso il giornale e si è alzato. Il barista l’ha visto uscire. L’ha chiamato, ma lui non ha sentito.
È uscito sulla banchina fredda, ha aspettato che il cielo di novembre gelasse di buio. Senza muovere un muscolo, è rimasto fermo ad aspettare, gonfio di bile, i tratti del viso tirati all’indietro, fino alle 21 e 35, per l’ultimo treno.
VINCITRICE
Carla Cristofoli
TITOLO
Cronaca del giorno dopo
La motivazione della Giuria è la seguente:
I tre punti di vista sono tre anfratti in cui entrare per sbirciare una scena sempre nuova che pian piano mostra la propria tragicità. Lo fa singhiozzando però, lascia tracce leggere che diventano indelebili. Te ne accorgi dopo. Sarà per quei nomi – Tonio, Tilde, Massimino – apparentemente popolari, fintamente senza dignità di nota, dal suono invece irresistibile. Sarà per quei particolari – la fede nuziale che brilla, il giornale che vola tra le rotaie, le porte che scricchiolano – che guidano il lettore dentro un ritmo, quello della disperazione. Attuale ma delicato, il racconto conserva, pur nella morte, una narrazione che fa pensare a uno spiraglio di speranza. E questa ira non tradisce, non è gratuita, è energia, è umanità.
Biografia dell’Autore in un Tweet:
Originaria della Sardegna, da diversi anni vive a Parigi dove insegna. Ha pubblicato due libri per bambini. Pubblica racconti su vari blog.
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