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La ricotta
In 24 Aprile 2016 da Redazione Seven BlogIl racconto vincitore di StorieSuperbe – La Gola
di Luana Guinicelli
«Padre! Ma quella cesta è enorme!», esclamò Rita da dietro al bancone.
«È l’unica che ho trovato stamane, cara», sorrise don Luigi «mi raccomando, metti dentro solo roba buona, sì. Come fai sempre, del resto».
Le si fece incontro porgendole la cesta e approfittò per dare una sbirciata a quello che stava facendo.
«Uh, ma che bella ricottina hai lì. E che profumo… scommetto che è ancora calda» disse umettandosi le grosse labbra.
«Sì, è appena arrivata», rispose con poca grazia la giovane e lasciò scivolare il formaggio dalla fuscella su un foglio di carta oleato.
Il parroco teneva le mani grasse sul ventre enorme e le sfregava smaniose l’una contro l’altra pronte ad accogliere quel boccone goloso che già gustava col pensiero.
«La sto incartando per il maresciallo Bordoni» si affrettò a dire Rita accennando col capo alla destra del prete.
«Buongiorno, padre». Il militare fece capolino da dietro uno scaffale di biscotti.
«Oh, maresciallo! Buongiorno a lei» sorrise «vedo che è un buongustaio, sì. Eh, ma la ricotta della signorina Rita è una prelibatezza. In bocca è soda quel tanto che basta prima di sciogliersi in tutta la sua fragranza».
Don Luigi deglutì vorace e tornò con lo sguardo all’oggetto del suo desiderio. Ma il formaggio non c’era più, occultato dall’incarto bianco. Rita vide, con intima soddisfazione, la delusione sfigurargli il volto e non poté trattenersi dal sorridere.
«Non è che per caso la mia cara Rita ne ha un’altra, sì?», farfugliò don Luigi cercando di nascondere il suo disappunto.
«No, padre. Oggi è l’unica, è arrivato tardi».
«Eh, ma non sono neanche le otto e ho appena finito di celebrare la messa del mattino. Non ho neppure fatto colazione, sì».
Il parroco parlava e deglutiva, come se stesse realmente mandando giù quella bontà che ormai era già pronta nella busta per il maresciallo. La voglia di assaporarla era tanta che continuava ad ammiccare sornione verso il contendente nella speranza di vedersela cedere.
«Cari i miei figliuoli, quella ricotta con una spolverata di zucchero e una di caffè macinato è davvero un dono del Signore, sì».
Il prelato accompagnò le parole con gesti delicati e leggeri, quasi come se stesse dirigendo una sinfonia d’archi. Stava sognando la scena, non c’era dubbio.
E intanto che lui sognava, la ragazza provava un moto di repulsione verso quell’uomo così smanioso di cibo e se lo rivedeva, ogni lunedì, nella sua bottega a scegliere tra salumi e formaggi con un’avidità che non meritava assoluzione.
Il maresciallo Bordoni, invece, era ipnotizzato da quelle labbra mostruose, così grosse e turgide. Violacee e sempre lucide di saliva, si muovevano appena facendo uscire un terribile rantolo dalle profondità di quel ventre gonfio. In quella fredda mattina, il maresciallo continuava a fissarle in un misto di disgusto e curiosità, incurante di quello che il prete stesse dicendo. Almeno, fino a quando non si rese conto che stava parlando proprio con lui.
«Allora, Bordoni, possiamo farlo questo scambio?».
«Sì… sì, certamente padre».
Impacciato il militare, che non aveva capito quale patto avesse concluso, si rivolse verso la ragazza nella speranza che lo tirasse fuori dall’impasse. E la ragazza, nonostante la rabbia le fosse ormai montata dentro, davanti a quegli occhi neri e intensi capitolò.
«Allora, la ricotta va a don Luigi e la coroncina benedetta della Divina Misericordia alla mamma lontana del maresciallo. Eccola qui, padre».
Rita porse malvolentieri il pacchetto al parroco che si avvicinò soddisfatto e schiacciò quella sua pancia grassa sul vetro del bancone. Quasi rimase senza respiro mentre tendeva le mani verso l’incarto come a volerlo benedire. Rita, dal canto suo, non si sforzò minimamente di rendergli il gesto più agevole e rimase rigida, tendendo appena la mano. Il prete, in evidente difficoltà, si girò sorridendo imbarazzato al maresciallo e si umettò nuovamente le labbra congestionate per lo sforzo e la bramosia di mangiare finalmente quella ricotta. Si rigirò verso il bancone e si sporse ancora un po’. Non appena riuscì a sfiorare con le dita il pacchetto iniziò a muoverle veloci per afferrarlo meglio. E quando l’ebbe infine accolto nel palmo della mano sinistra, si appoggiò con l’altro sul vetro per tirarsi indietro e riprendere l’equilibrio. Ma lo fece forse con troppo ardore, perché indietreggiò di scatto e malamente, incespicando nell’orlo della veste. Il maresciallo, temendo il peggio, si sporse subito per sostenerlo da dietro, ma il peso li fece rovinare tutt’e due a terra.
«Guardate che avete combinato!», sbottò stizzita la giovane.
Il prete, rosso in viso, seguì lo sguardo della ragazza e vide la ricotta rotolare fuori dal foglio e spappolarsi lungo il pavimento.
Il rantolo affannoso del prete era l’unico suono, adesso.
Don Luigi si liberò dalla stretta del maresciallo e, strisciando verso il formaggio, iniziò a salvare la parte ancora intatta mettendola nell’incarto.
«I bisognosi mangiano i nostri avanzi, sì», sentenziò «e chi siamo noi per sprecare il cibo solo perché è caduto a terra? Bisogna essere d’esempio, ricordatevelo sempre, sì. Soprattutto lei, maresciallo che come me indossa una divisa per servire il prossimo».
E sotto lo sguardo disgustato dei due, portò le dita grassocce alla bocca addentando infine quella deliziosa squisitezza.
VINCITRICE
Luana Guinicelli
TITOLO
La ricotta
La motivazione della Giuria è la seguente:
Gola come atto sessuale mai del tutto appagato: il racconto ne è colmo. Quel “sì” sempre ripetuto, quelle labbra grosse e turgide, quella cupidigia ossessiva ben orchestrata dalla scrittrice. E quindi gola come oggetto di desiderio, che lascia sempre un po’ frustrati. Gola come peccato capitale che induce all’egoismo: il prete, simbolo contraddittorio di una élite al servizio del popolo (non è forse un ossimoro?) mangia il cibo rimasto a terra per irrazionale ingordigia, dimenticandosi degli altri due attori. Nulla è stereotipato, tutto fluisce naturalmente mostrando pian piano i simboli di una cultura del consumismo dove le “cose” diventano totem.
Biografia dell’Autore in un Tweet:
Scrivo perché l’analista iniziava a costarmi troppo.
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