
IRA . Racconti da Kepler
Il funerale di J.F.K.
In 25 Novembre 2016 da Il Viaggiatore
John Fitzgerald Kennedy
C’è il sole in questa domenica 25 novembre 1963. Tre giorni fa no, pioveva a Washington D.C. quando hanno trasferito la salma. Gli U.S.A. sono sotto choc e il mondo è rimasto attonito dopo quanto accaduto. Oggi si celebra il funerale di John Fitzgerald Kennedy. Il Presidente è alla Casa Bianca e in migliaia gli hanno reso omaggio e in migliaia non ci sono riusciti. C’è una Nazione che si chiede come un uomo, Lee Harvey Oswald, abbia potuto compiere un omicidio così, a Dallas. Il mistero c’è, compreso il fatto che pure lui è morto, a sua volta ucciso da Jack Ruby. Ora è il momento dello sconforto, della paura e della tristezza e dei primi timidi perché, ma tra non molto nasceranno dubbi, punti oscuri, l’idea di complotto, il segreto di Stato e qualche teoria più o meno suggestiva attorno alla morte di J.F.K., che non è ancora chiarita, almeno nel tempo nel quale mi trovo sulla Terra.
Torniamo a oggi, il giorno dell’ultimo saluto al Presidente democratico e amatissimo, il più rappresentativo di una dinastia irlandese talvolta chiacchierata, numerosa e sfortunata per le diverse morti violente, il 35mo della storia di questo Paese, il primo cattolico a guidare quella che viene considerata la prima potenza del mondo. Mentre sono in piedi sul marciapiede, in silenzio, come la maggior parte delle persone, guardo chi mi circonda: una signora con gli occhiali guarda nel vuoto, uno studente tiene tra le mani una sciarpa nera. Un’altra donna ha un impermeabile bianco e una sciarpina nera attorno al collo: sembra una fotografia in bianco e nero in un mondo comunque forzatamente a colori. C’è però il sole in questa mattina di novembre e tra poco arriverà il carro militare, quello che ha già trasportato il Presidente Franklin D.Roosevelt. Gli occhiali scuri servono a tanti per non mostrare le lacrime, qualcuno bisbiglia all’amico, altri alla moglie, qualcuno a uno sconosciuta.
Kennedy è il quarto Presidente ucciso, senza dimenticare gli attentati per gli altri, perché prima di lui sono stati Abraham Lincoln, James Garfield, William McKinley a trovare la morte durante il mandato, segno di una Democrazia talmente conflittuale da arrivare a tragici eccessi.
Ci saranno circa un milione di persone sparse lungo il percorso che porta ad Arlington Road, al cimitero dove verrà deposto J.F.K..
Jacqueline era al suo fianco vestita di rosa quando sulla Limousine non immaginava cosa sarebbe successo al marito; oggi il rosa ha lasciato il posto al nero e a un velo con cui cerca porre una flebile barriera tra il suo dolore e quello altrui. Ci sono poi Caroline che ha sei anni le tiene la mano destra e John John che festeggia oggi tre anni che le tiene la sinistra, entrambi in cappottino azzurro. Proprio John John, che morirà in un incidente aereo a soli 39 anni stupirà e commuoverà il mondo quando, al passaggio del feretro del padre, farà il saluto militare. C’è Bob, il fratello che da Ministro della giustizia era stato un punto di riferimento privilegiato per gestire la crisi cubana, che aveva rischiato di portare il mondo alla Terza guerra mondiale, ora è un passo indietro, vicino all’altro fratello Ted. Ma sono stati ai lati di Jacqueline in un parte del percorso, quello che ha portato J.F.K. alla cattedrale. Bob, poi, non sa che il destino gli riserverà una fine molto simile, prima che potesse, forse, diventare a sua volta Presidente: verrà freddato il 6 giugno 1968 a Los Angeles, dopo un comizio per le primarie.
Non vi racconto gli elogi funebri, oppure la rappresentanza di capi di Stato di tutto il mondo. Vi riporto il silenzio, interrotto dagli zoccoli dei cavalli; l’aria è talmente ferma, quasi essa stessa fosse rispettosa del momento, che si percepisce chiaramente il loro odore. L’incedere lento del feretro è cadenzato dai tamburi desonorizzati che rilasciano un rumore che batte il tempo della storia un po’ di tutti.
Ho intravisto pure Elliott Erwitt: ho scoperto che è il fotografo sempre accreditato alla Casa Bianca. Ad Arlington è riuscito a trovare un punto di vista favorevole per la sua macchina, tanto che ha scattato un primo piano di Jacqueline immortalata con una lacrima che vola dietro la veletta nera. Quella lacrima verrà cancellata domani da diversi quotidiani, come se quel momento così vero non possa appartenere a una First Lady.
La fila di Limousine nere, sfila dietro e attraverserà il fiume Potomac, per dirigersi verso il cimitero di Arlington. Il brillante J.F.K., simbolo di un’era nuova, arruolatosi volontario dopo Pearl Harbour, malgrado i problemi alla colonna vertebrale ed eroe per aver salvato alcuni commilitoni dopo che la motosilurante PT-109 era stata speronata da una nave giapponese, quello del discorso di soli cinque mesi prima a Berlino dove pronunciò il famoso passaggio Ich bin ein Berliner, il conquistatore di donne che il 19 maggio 1962, in occasione dei suoi 45 anni si sentì cantare gli auguri
da Marylin Monroe in quello che sembrò una vera e propria dichiarazione di amore di una coppia più o meno clandestina, riposerà insieme ai tanti veterani di guerra che hanno contribuito a scrivere la storia degli Stati Uniti. Jacqueline Bouvier, che sposerà tra cinque anni Aristotele Onassis, morirà nel 1994 e otterrà di essere sepolta al fianco del marito John sposato nel 1953.
Elliott Erwitt, il fotografo che deteneva un certo potere perché era sempre stato accreditato alla casa bianca, riesce a trovare un punto di vista favorevole ad Arlington, durante il funerale. Ne esce un ritratto in primo piano, di Jacqueline, che immortala una lacrima che vola dietro la veletta nera. La cosa curiosa è che molti quotidiani l’indomani fanno uscire lo scatto cancellando la lacrima, per pudore.
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