IRA . Racconti da Kepler
Toro Seduto
In 15 Dicembre 2017 da Il ViaggiatoreSono in Nord Dakota, a Fort Yale, dove si trova un piccolo accampamento di 372 nativi americani. Sento cantare, vedo ballare alla luce dei fuochi accesi. È il 15 dicembre 1890 e la notte è fredda: siamo sotto zero di qualche grado e l’aria punge. Sono a circa 500 metri sul livello del mare e il Missouri, con l’odore tipico del fiume, è poco più in là. Si sta per compiere un’azione di polizia che porterà all’uccisione di uno tra i grandi capi Indiani: Tatanka Yotanka o Toro Seduto come lo chiameranno i libri di storia. In realtà la traduzione corretta dovrebbe essere Bufalo seduto ma oramai Sitting Bull è conosciuto a voi in questo modo. Alberi spogli, casette in legno, rami e foglie talvolta coperti dalla neve, sono il panorama e ciò che sento sotto i miei stivali. Un grande giubbotto imbottito di visone mi mantiene caldo. Cerco di rimanere un po’ in disparte: inspiro e l’aria gelida sembra tagliarmi i polmoni mentre quando espiro il fiato si condensa subito, scavalca la tesa del mio cappellone: devo dire che la fiaschetta di bourbon si sta rivelando un’ottima compagnia.
Quanta storia c’è in questo luogo, quanta tradizione, quanta civiltà man mano decimata dall’emigrazione europea, dalla voracità del “viso pallido” e dalla sua acqua di fuoco, dal progresso della ferrovia che avanza e dalle malattie, dal bisogno di territori da colonizzare e dalle mandrie da far pascolare, dall’oro delle miniere alle case da costruire in piccole città destinate talvolta a diventare metropoli. Non parteggio da una parte né dall’altra: i Sioux e con loro gli altri pellerossa avranno cacciato altre popolazioni prima di loro, si saranno macchiati di stragi e imboscate, di scalpi e di donne prigioniere: voi direste che è la storia dell’uomo, io aggiungo: la vostra storia.
A Toro Seduto non hanno perdonato tante cose, lo hanno amnistiato i Presidenti e lui ha rifiutato, lo hanno coinvolto nella cultura arrivata qui in nave, cultura vorace di cibo e di ricchezza, e lo hanno pure arruolato per qualche mese nel Circo Barnum di Buffalo Bill dove lui insultava un pubblico convinto di ascoltare semplici discorsi indiani. E molti insultavano lui, colpevole di scorribande, guerre e di quel massacro a Little Big Horn dove il 25 giugno 1876, il Generale di origine tedesche George Armstrong Custer, e con lui ben 267 soldati del suo 7° reggimento di Cavalleria, ci avevano lasciato la vita e i sogni di gloria, soprattutto quelli di un comandante ambizioso e forse troppo sicuro di sé. Ma come poteva resistere, lui, fiero capo che aveva guadagnato molto presto la penna bianca, ad accettare di essere attrazione da tourneé anche per gli europei che venivano ingaggiati dalle gesta e dai racconti leggendari? Un grande capo Sioux non può essere fenomeno da baraccone, lo capisco.
Toro seduto ha 56 anni ed è carismatico, pericoloso, mai domo e sempre pronto a combattere: lo ha fatto tantissime volte e lo fece anche a Julesburg, in Colorado, nel 1865, quando più tribù si unirono dopo il massacro degli Cheyenne a Sand Creeck avvenuto l’anno prima (a proposito adoro la canzone di Fabrizio de Andrè). Il Governo americano lo teme, non si fida e lo tiene d’occhio da oltre un mese. La Guardia indiana interverrà tra poche ore, all’alba e le cose non andranno come previsto, o forse sì. Guardo la nottata, qualche nuvola, tante stelle e una nazione che cresce velocemente tra guerre fratricide e devastanti, schiavitù, regolamenti di conti e con la vita che spesso ha ben poco valore e corre veloce come il bicchierino sul bancone del tavolo di un qualsiasi saloon.
Provengo da un mondo dove la tecnologia risolve tutto e fa viaggiare verso le stelle che desideri e mi chiedo davvero quale vita facessero in questi decenni, sempre a cavallo e a mangiare fagioli e carne secca attorno a un falò, dormendo per terra con il rischio di essere derubati o vittime di animali predatori o velenosi. Mi trovo in una zona dove in estate si raggiungono i 30° e in inverno si scende sotto lo zero; bella da vedersi nei suoi immensi spazi ma davvero così accettabile? Certo, in città la vita, per così dire, è più agevole ma non certo meno rischiosa, almeno per certe fasce di popolazione.
Lui è qui, con i suoi: si era rifugiato ancora più a nord in Canada, non voleva contaminarsi con chi era arrivato, ma alla fine la scarsità di bisonti lo avevano costretto a cedere e ad accasarsi a Fort Yale. Qui era tornato dopo il circo Barnum e il passaggio a Standing Rock, in Dakota. L’Agenzia indiana, che lo tiene maggiormente d’occhio da un mese, ha mandato qui un gruppo di 39 agenti, e quattro volontari nativi, tra cui Aquila grigia, sua cognato: temono che voglia scappare e riprendere le ostilità. I resoconti diranno che aveva già piazzato i cavalli per la fuga, cosa che avrebbe impedito l’inseguimento e giustificato l’azione immediata.
Affascinante la storia dei nativi, per loro natura nomadi e cacciatori, non certo poco crudeli ma con una storia che rischia di essere spazzata via e che finirà per essere relegata in pochi spazi, le cosiddette riserve. Una popolazione fatta di tribù in lotta fra loro e divise, che aveva trovato più o meno l’unità contro il nemico comune abile però ad inglobarne una parte e a trasformarla. Toro Seduto morirà sconfitto ma non domato, magari umiliato, come quando venne costretto a consegnare il suo fucile attraverso le mani del figlio e a recitare una frase di accettazione della cultura bianca, ma sempre in grado di essere guida per il suo popolo.
I 39 uomini si stanno muovendo veloci mentre nell’accampamento c’è una danza propiziatoria e stanno per presentarsi alla sua porta. Busseranno e lui uscirà armato. La reazione dei suoi, che non accetteranno l’arresto, porterà a un conflitto a fuoco: ci saranno morti da una parte e dall’altra, e lui, il grande capo Sioux, verrà freddato con una pallottola alla nuca, al pari di suo figlio Piede di Corvo, qualcuno dirà a sangue freddo, mentre implorava che gli fosse risparmiata la vita.
Mi piace pensare, mentre sento il sibilo delle pallottole e vedo la luce dei falò, che il grande Capo abbia guardato per l’ultima volta le stelle, pensando a Capelli Lucenti, la moglie morta di parto nel 1857 e alle battaglie che lo hanno reso personaggio immortale.
Il bourbon è finito e le gambe mi dicono che ho esagerato. La mente è comunque lucida. Anche questo episodio è rivissuto e da me archiviato.
Alla prossima!
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