IRA . Lettere dall'Ira
Contare
In 20 Gennaio 2023 da Chiara MenardoConta le stelle, una per una. Quando le hai finite tutte, ricomincia da capo.
E, quando non hai più stelle, conta i granelli di sabbia sulla sterrata. Ogni volta che passa una moto, una bicicletta, una macchina, un paio di sandali, aspetta che si posi la polvere e riprendi da uno. Due. Tre. Fino all’infinito, per poi ricominciare.
Conta le dita delle mani, dei piedi, conta quelle di chi ti passa accanto e non perdere il filo. Tieni gli occhi giù, conta: per uno, per due, per tre. Arriva fino a mille e torna indietro scalando di due. Continua a contare, senza pensare ad altro: gli angoli delle piastrelle del negozio del fornaio, mentre sei lì seduta davanti ad aspettare che qualcuno si chini e ti allunghi una briciola, mosso da qualche remoto senso di umana pietà. Conta le formiche che passano, i moscerini che ti volano intorno, conta le gambe e non parlare.
Tieni la mano tesa davanti a te e conta. Conta anche le volte in cui arrivano e ti scacciano via come un cane rognoso. Conta i calci, i pugni, le lettere delle parole che ti sputano addosso, conta ogni singola cosa.
Conta quante volte in un giorno ti beccano, seduta davanti al fornaio, al venditore di frutta, seduta sul retro del macellaio in attesa che butti ai cani i pezzi guasti di carne. Conta quanti cani ci sono con te, e quante altre donne come te. Conta le dita, i gemiti, le zuffe feroci per una zampa di pollo secca e maleodorante.
Conta le maledizioni che ti hanno lanciato perché sei sola, non hai padri o figli o fratelli. Conta quanto tempo ci vuole prima che ti prendano insieme alle altre e ti scaraventino, come uno straccio strizzato e pieno di buchi, in una stanza fetida insieme ad altre come te, senza figli, mariti, padri o fratelli.
Conta quante siete lì dentro, e quando hai finito, ricomincia. Saranno aumentate, ce ne sono sempre di nuove. Poche escono sui loro piedi. Tante, semplicemente, si arrendono e stramazzano a terra senza muoversi più. Tante vengono prese e portate per un po’ in un altro posto, e quando ritornano piangono, oppure si arrendono e stramazzano a terra senza muoversi più.
Le portano via, si fa spazio per le nuove arrivate. Conta, non muoverti, tieni il tuo pezzo di spazio, il tuo angolo sporco di pavimento. Conta gli insetti, conta i piedi. Non guardare su, non parlare, non gemere anche se ti fa male tutto. È semplice: uno, due, tre…
Conta gli strattoni, le spinte, i rumori e, se ce la fai, conta gli odori. Classificali, contali, schedali in testa. Urina, uno; alito, due; sudore, tre; denti marci, tre; sangue, quattro… e così via, fino al prossimo elenco, al prossimo giro di numeri vuoti che ti danno qualcosa da fare, qualcosa da ricordare, qualcosa per non pensare.
Quando ti hanno obbligata a rimetterti addosso quel sacco forato, hai iniziato a contare i nodi sulla griglia di filo davanti al tuo volto. Poi, i giri di trama e di ordito, e i punti delle cuciture. È stato più semplice che ricordare com’era e pensare com’è. Così è un poco più facile. Uno, due, tre… conta i libri che ti hanno proibito di leggere, tutti quelli che mancavano ancora alla tua lista infinita: non hai mai letto le mille e una notte, ti sei detta c’è tempo, e invece a un certo punto non ce n’è stato più. Conta i passi che hai fatto senza quel sacco azzurro addosso, ricorda contando per rendere meno amara la memoria di quando non era così, di quando ti pensavano ancora una donna anziché una specie di bestia. Conta la semola che non hai più in casa. Conta le sere che riesci a tornare e a stenderti sul letto ruvido e duro, conta quello che hai avuto e che ti hanno tolto. Conta la polvere, è tutto quello che hai.
Conta le donne come te che camminano urlando in mezzo alla strada, con le mascherine e il velo. Conta quante hanno ancora la forza. Contale, sei una di loro. Conta quante volte ti hanno accolta, quante scacciata. Conta le grida e il dolore.
Conta ogni cosa, non pensare ad altro che a tenere a mente ogni cosa, ogni numero che ti è capitato.
E, quando andrai davanti a quel dio che dicono ti voglia ridotta così, sbattigli in faccia ogni tua lista. Di stelle, di granelli di polvere, di libri non letti e risate non fatte. Che sappia, se c’è. Che si vergogni, se c’è. Che implori il tuo perdono, se c’è.
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