DiarioXY . LUSSURIA
Il davanzale di Lydia Bennet
In 31 Dicembre 2016 da Chiara Menardo
Dai e dai e dai, che noia mortale quella lì, tutta buonsenso e carattere.
E dai, la vita è fatta per danzare e ascoltare i tacchi che battono sul pavimento di legno lucido e brillante, tac e tatac e poi tac! Come la grandine sulle tegole del tetto, mentre le gonne frusciano e le mani si toccano, mentre nella frenesia delle giravolte le labbra si sfiorano furtive, nascoste in mezzo alla folla del salone del ballo.
Dai, e dai e dai, non sono nata per restare affacciata alla finestra a guardare i reggimenti che passano sulla strada, ad ammirare i giovani ufficiali da lontano, con i loro stivali neri e le giubbe scintillanti di bottoni d’oro, in sella a cavalli alti e fieri. Io sono nata per tuffarmi ridendo con la bocca spalancata – come non si conviene a una signorina per bene – tra quelle giubbe rosse e quegli stivali neri, rigidi e splendenti!
Dai, e dai e dai, ho “un bel personale”, come dice la mamma, e un bel viso e la vita strizzata nel corpetto: pensate che il figlio del vicino, una sera di maggio, mentre eravamo nascosti tra gli alberi, mi ha detto che “Ho un bel davanzale”: ha provato a infilarci dentro le mani per accarezzare i miei fiori ed è stato divertente. Lo sapesse mamma, lo sapesse quella bigotta di Lizzy, lo sapesse papà… sarebbero ore seduta impettita nel salottino, isolata dal mondo che conta, niente passeggiate al villaggio a lustrarsi gli occhi, e poi quanti libri da leggere, solo per espiare il loro peccato mortale, dieci semplici dita nella scollatura? Il vicino è un fattore mezzadro, suo figlio non sarebbe in effetti proprio quello giusto per sfiorare i miei petali, ma suvvia! È stato così divertente: rilassatevi, suvvia, che sarà mai una carezza impudica?
Ma tanto non lo sanno, quindi che importa!
Non sanno che passeggio tra i ragazzi del reggimento con il posteriore e il personale che sporgono fieri come le polene delle navi, e spargo per terra i fazzoletti profumati così posso chinarmi insieme ai giovani galanti, e godo nell’osservarli occhieggiare mentre raccolgono i miei “ops, mi è sfuggito!”.
Mi ammirano tutta, sfacciati e arroganti, con la voglia negli occhi, mentre un brivido di piacere mi percorre la schiena, da sotto in su fino alla nuca, e poi scende di nuovo. È un’altalena di pelle d’oca meravigliosa: non starà bene per una signorina, ma che importa? Io non ci rinuncio, per tutto l’oro del mondo.
Mi ammirano! Mi ammirano tutti, e io ammiro loro con gioia e brama: i capelli rossi, biondi o corvini, e gli occhi di ogni colore, le labbra sottili o carnose, i muscoli temprati dalle esercitazioni con il moschetto e dalle cavalcate: hanno le spalle larghe e le cosce possenti, a forza di stringerle intorno ai fianchi delle cavalcature.
Li guardo e volo insieme a loro sui pagliai, nei prati e dentro ai letti di seta; volteggio tra le loro braccia fino ad arrivare alle nuvole su, vicino al sole; mi riempio la bocca dei loro baci, mi abbevero dei momenti in cui stringono me allo stesso modo in cui stringono i loro cavalli.
Poi mi sveglio e trovo Catherine che russa nel letto a destra e Mary col filo di bava che cola dalle labbra socchiuse a sinistra. Oh, accidenti ai sogni, accidenti ai risvegli.
E c’è lui, che guarda Elizabeth anziché me. Lui, il più bello di tutti. Che occhi, che spalle, che statura notevole. Entra in una stanza e il mondo scompare, ma lui guarda Elizabeth, e lei guarda lui e io adesso sono stufa e stanca che tutti pensino a Lizzy come quella intelligente e a me come alla piccola stupida con un bel davanzale.
Allora!
Mi piace il mio davanzale, mi piacciono i nastri colorati e i vestiti con il corpetto stretto e la gonna larga, larghissima come la cupola di quella chiesa in Italia che ho visto sul libro una volta. Lo avevo aperto perché costretta, di solito non viene nulla di buono dai libri. Dalle riviste, sì, ci sono gli abiti e i corsetti e le acconciature… Ma voglio una gonna di mussola, larga come quella cupola lì, dove abita il Papa.
A cosa servono i libri, mi dico, se il mio destino è scritto in un fusto di cannone possente, in quadriglie e contraddanze sfrenate seguite da pause nelle quali rifiatare sventolando un ventaglio di seta dal quale spunteranno solo i miei occhi, colmi di innocente malizia, che faranno strisciare ai miei piedi interi reggimenti?
E questa parata strisciante alla fine porterà lui ai miei piedi, supplice: quello bello, il più bello di tutti, quel Wickham che un giorno sarà colonnello, generale, capo di stato maggiore, e io sarò lì, al suo fianco, con la gonna di seta e un cappellino ornato di trine e da una cascata di lillà. Sarò appesa al suo braccio come una borsetta mentre Lizzy, zitella, mi guarderà con invidia. Sarò capace di essere buona e magnanima?
Certo che no, Santi Numi, ma neanche per sogno. La inviterò nel nostro palazzo e le servirò il tè nelle tazze d’argento, le mostrerò la mia felicità sfacciata, i vestiti appesi ai loro mille colori, le mostrerò la nostra camera da letto, il disordine dell’ammirazione tra le lenzuola, l’odore maschio di reggimento e cavalli mescolato al profumo del mio davanzale.
Scenderà dal piedistallo, gradino dopo gradino, fino ad inciampare rotolando nei lacci del suo buonsenso così signorile da mantenerla, a vita, zitella.
Non è bellissima la vita, dall’alto del mio meraviglioso davanzale?
Il libro…
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Titolo: Orgoglio e pregiudizio
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Autrice: Jane Austen
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Prima edizione: 1813
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