DiarioXY . LUSSURIA
Caro fratello con la coda
In 18 Marzo 2017 da Chiara MenardoGuardali un po’, e guardali bene. Tre umani con le ghette e le pance tutte a posto; tre umani con il banjo, le padelle e i remi in mano; tre buffi bipedi carichi di oggettini tintinnanti e rumorosi.
Osservali con attenzione, fratello con la coda. Osservali e, se non riesci a ridere delle pose, i grugniti, le suppellettili inutili che si trascinano appresso, dei latrati stonati e del modo bizzarro che hanno di coprire quel buffo corpo glabro con strati di tessuti, avvolgendo piedi, gambe, busto, mani e perfino le teste – unico punto dove possiedono un po’ di pelo decente – beh, se riesci a star lì seduto sulla soglia delle loro grandi cucce e a non rotolarti dalle risate, allora mi complimento con te. Anzi, no, mi spiace tanto per te: perdi innumerevoli occasioni di divertimento sfrenato e senza sforzo alcuno.
Creature strane, gli umani. Sono dolci, in fondo, e personalmente mi piacciono molto. Mi piacciono così tanto che li porto quasi sempre con me.
Qualche inevitabile difetto c’è: la tolleranza intollerabile per i gatti che manifestano regalando loro aringhe e carezze, ad esempio.
Il mio umano, poi, ogni tanto mi tira dei sassi senza ragione. Se vedo un topo, lo uccido. Punto. Se vedo un pulcino, idem. Punto. Se vedo un gatto, lo massacro senza pietà, è un gatto. Punto. Perché cercare di centrarmi con una pietra ringhiando come se gli avessero pizzicato la coda in una porta? Che ragione c’è?
I sassi non si tirano. I sassi sono belli, li lasci lì a terra così quando passo alzo la gamba e li annaffio come tu annaffi le petunie. Tutto chiaro, bipede?
Bisogna educarli, fratello con la coda. Educarli per bene, con severità e giustizia. Occorre protestare e far sentire la propria voce ogni singola volta che sgarrano perché, seppur così carini e premurosi, tendono a prenderci la mano e pensare che le tue quattro zampe debbano fare quel che vogliono loro.
Cioè, io poi alla fine glielo faccio anche credere, al mio bipede. Mi piace vederlo tutto contento quando mi siedo a comando, o gli appoggio un bastoncino insulso e pieno di bava davanti ai piedi. Lui sorride e fa dei versi strani. Poi mi riempie il piatto di carne arrosto e io non sono certo così matto da rinunciare. Mi appoggio quando dice “seduto”, mi godo i grattini dietro le orecchie, ho un cuscino morbido sul quale dormire e vado a spasso al suo fianco impettito e orgoglioso.
A meno che non veda un topo o un gatto. In quel caso, non c’è avanzo di stufato che tenga. Ho una missione da compiere e nessuno, nemmeno un umano con una ciotola piena può intromettersi.
Umano, il mio umano… mi accoccolo la sera e lo guardo, aspetto che allunghi una mano e mi accarezzi piano, mi ribalto sulla schiena e lascio che mi gratti la pancia. Il mio umano… sento quando è allegro o quando qualcosa non va: non se ne rende conto ma gli vibra l’aria intorno, e io lo vedo. Lui, no.
Il mio umano… le sue fissazioni e i suoi sassi, gli strilli che lui chiama canto, e gli strilli che rivolge a me quando sono io a cantare nelle notti di luna, in coro insieme agli altri fratelli con la coda sparsi per le strade e le grandi cucce. Non credo che apprezzi, ma tant’è: lo supplico di smettere quando canta lui, e lui persevera. Mi supplica di smettere quando canto io, con la voce e le ciabatte, e io persevero: questa è giustizia.
Il mio umano, le sue cose, le sue fissazioni e i suoi tic. Il mio umano che crede di essere misterioso e complicato, che si circonda di cose dall’aspetto strano, che brucia e taglia invece di mordere e leccare. Il mio umano con due zampe lunghe che possono prendere i sassi e lanciarmeli addosso o grattarmi la pancia.
Il mio umano. Si vede lontano un miglio che pensa di essere così complicato, annodato nella sua evoluzione. Eppure, è talmente scemo che è convinto che non potrò mai capirlo. Se mai ce ne fosse stato bisogno, caro fratello con la coda, è la dimostrazione cristallina e lampante di quanto in fondo il mio umano, come qualsiasi altro umano, ancorché adorabile, non abbia mai capito niente su come va il mondo.
Il libro…
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Titolo: Tre uomini in barca (per non parlar del cane) – Three men in a boat
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Autore: Jerome K. Jerome
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Editore italiano: Rizzoli, 1978
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Prima edizione: 1886
L’immagine di copertina rappresenta l’opera di Franz Marc (1880 -1916), Un cane.
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