Amatorius Secretum . LUSSURIA
Hitler (and Eva) dead
In 30 Aprile 2016 da Debora Borgognoni«Il 30 aprile 1945 il Fürher si è suicidato, abbandonando così nel peggiore dei momenti coloro che credevano in lui». In questo modo ha inizio l’annuncio del generale Helmuth Weidling, fra due giorni, mercoledì 2 maggio 1945, svegliandoci nel cuore della notte attraverso una radio sempre connessa. Annuncio di resa volontaria alle truppe sovietiche, venendo meno alle ultime volontà del Fürher e agli ordini del Cancelliere Goebbels. Ma Weidling annuncia anche in modo freddo e categorico questo definitivo addio al trono di Adolf Hitler.
I fatti parlano di due corpi uno accanto all’altro, bruciati e quindi non riconoscibili, gettati in una buca. I nomi: Adolf Hitler ed Eva Braun Hitler. A contornare questo macabro spettacolo, altri corpi, tutti suicidi, uomini e donne del Fürher con un’unica scelta: decidere la propria morte in un Bunker che è stato fino all’ultimo la loro casa. Tra loro l’appena eletto Cancelliere Goebbels, sua moglie e i sei figli. Hitler ed Eva Braun si sono uniti in matrimonio appena tre giorni fa, forse con l’ultimo disperato tentativo di dare un senso di immortalità a questo amore tormentato e al limite della follia, come lo può essere solo un amore in cui il potere è l’amante incontrastato.
C’è molta confusione oggi. Confusione nel deserto. In questa città che avrebbe dovuto conoscere nuovi splendori, essere «uno scrigno per l’arte e la cultura», come aveva promesso il suo ultimo padrone. Perché chi è tedesco oggi sa, seppur con una certa riluttanza, di aver perso un padrone. Oggi rimangono domande solo per chi ha ancora la forza di porsele. La guerra le genera e poi le disperde. Non può farne a meno se il suo unico fine è la sopravvivenza. Ma Hitler invece ha preferito morire. E allora chi era questo uomo che si sentiva Napoleone, gentile e premuroso nel suo privato e poi capace di crudeltà spaventose? E cos’era questo potere con cui aveva un conto sempre aperto?
Ralph Waldo Emerson, Friedrich Nietzsche. Due nomi che hanno catturato un’idea: l’uomo oltre l’uomo. E il superuomo con la sua smania di individualismo cosmico misto a potere ha ispirato il personaggio di un recente fumetto: Superman. La razza perfetta perché extraterreste, i poteri sovrannaturali, l’invulnerabilità. Il superuomo è pronto, eccolo, nel suo vaneggiamento di conquista del mondo. Eppure a un’attenta analisi Superman non è il vero superuomo. Lo è come Emerson ci insegna: un eroe che mette la propria forza al servizio della debolezza umana.
Hitler non concepiva la pietà, perché «chi mostra pietà verso i deboli, tradisce le leggi della natura».
Hitler è Lex Luthor. In questa Metropolis che non ha più splendore ma solo rovine, il folle e geniale Presidente con manie di grandezza e un’indole morbosa e accentratrice giace carbonizzato in una buca qualsiasi insieme a Eva, la donna che ha accettato quella follia. Come le buche scavate apposta per ripulire il mondo, in un delirio di onnipotenza che forse non si estirperà mai, nemmeno domani, nemmeno dopo la pace.
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