Le opinioni superbe . SUPERBIA
La bellezza: l’opinione superba di Avedon
In 9 Agosto 2015 da Debora BorgognoniBellezza o espressività? Questo è il dilemma. Entrambi sarebbe troppo, la perfezione non esiste e probabilmente per raggiungerla non si può essere fotografi. Forse per questo motivo sognava di fare il poeta, chissà. Eppure la visione per lui andava oltre; oltre quel vetro smerigliato, al di là dell’obiettivo, dentro il contesto di ogni singolo volto immortalato. E ancora oltre.
Nome: Richard Avedon.
Professione: fotografo.
Maggior talento: dare voce a un volto, e poi volto a un’anima.
Ma la bellezza con questo c’entra poco. La bellezza è qualcosa che non ha forma, evanescente e sfuggevole, non dice nulla di sé. Richard Avedon sembra raccontarci questo.
Anche nelle opere divideva i significati. Da un lato c’era la moda, effervescente e desiderosa di innovazione: per Avedon non c’era nemmeno da dirlo, nessuno stereotipo, e così le modelle posavano in contesti paradossali: caffè, strade, tende da circo.
C’era il reportage dove amava applicare alla lettera il suo aforisma più celebre: “Un ritratto è l’immagine di qualcuno che sa di essere fotografato: il suo uso di questa consapevolezza fa parte dell’immagine finale quanto i suoi abiti o la sua espressione”. La strada diventava un teatro, e comuni persone diventavano attori.
Poi c’erano i ritratti. Allora si tornava in sala di pose, davanti a un fondale bianco, niente a parte il soggetto. E il fotografo. Qui si capiva se era necessario far emergere la bellezza o l’uomo. Chi è bello non può essere espressivo, era quasi un messaggio subliminale, una sorta di filigrana nascosta dall’inchiostro: la vera bellezza è inespressiva, la bellezza è la prigione delle emozioni. Se Maya Plistetskaya avesse fatto una boccaccia, avrebbe perso tutto il suo fascino e la sua evanescenza. E d’altra parte cosa interessava a Andy Wharol di apparire bello?
Ci possiamo chiedere se davvero Richard Avedon volesse condurci a queste riflessioni. Oppure, se nascosto in quei bianchi e neri straordinari, c’era un amaro e doloroso conto in sospeso con la bellezza, c’era il bisogno di stravolgerla o demonizzarla.
Louise è stata il mio prototipo di bellezza nei primi anni in cui mi sono dedicato alla fotografia di moda. Dorian Leight, Marella Agnelli, Audrey Hepburn, rappresentavano tante effigi di mia sorella. […] La sua bellezza era il perno della nostra famiglia, ma ha rappresentato la sua rovina. (R. Avedon)
Foto © tratte da Richard Avedon Foundation
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