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Sette oggetti nei western di Sergio Leone

In 8 Ottobre 2023 da Fabio Muzzio

I sette film girati da Sergio Leone sono entrati nella storia del cinema e non solo italiano, segnando un’epoca e per quattro di essi si può affermare che siano il punto più alto del genere etichettato come spaghetti-western.

Appare curioso rileggere alcuni dei giudizi dei critici per opere che successivamente sono state giudicate immortali, con sequenze frutto di citazioni e, a loro volta, citate successivamente e fonte di ispirazione per grandi cineasti tra cui, per esempio, Quentin Tarantino e Ridley Scott.

Gli appassionati di cinema in generale, del genere western in particolare e di Clint Eastwood conoscono bene le scene girate, le grandi interpretazioni, i primi piani sugli occhi azzurri, le battute più famose, il mitico triello e il grande supporto dato dalle colonne sonore firmate da Ennio Morricone.

Riguardandomi i film ho voluto divertirmi a “pescare” sette oggetti presenti e caratterizzanti i diversi personaggi e la storia nella quale sono inseriti: come premesso altre volte le scelte sono assolutamente personali e ancora di più sono opinabili e scaturite per gioco.

La mia selezione è caduta sulla cosiddetta “Trilogia del dollaro” e C’era una volta il West.


Il Winchester di Ramon

Per un pugno di dollari del 1964 è il primo film dedicato alla “trilogia del dollaro” nel quale Clint Eastwood intepreta il ruolo di Joe, il pistolero solitario che arriva a San Miguel mettendo zizzannia tra due famiglie: i Baxter e i Rojo. La trama è ampiamente nota come pure il fatto che Sergio Leone abbia realizzato in chiave western il remake de La sfida dei samurai di Akira Kurosawa. Pistolero solitario, Joe avrà modo di fare giustizia correndo il rischio anche di morire. A questo film appartiene la celebre battuta

Quando un uomo incontro un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto

Per un pugno di dollari, 1964, Sergio Leone (Fonte YouTube)

che Ramon, un grandissimo Gian Maria Volonté, gli ricorda avendo la possibilità di utilizzare la sua carabina Winchester contro la Colt Single Action Army di Joe. Come andrà a finire lo sappiamo, compresa la sorpresa dei colpi che arrivano

Al cuore, Ramon… per uccidere un uomo lo devi colpire al cuore

ma che non uccideranno Joe, perché protetto da una lastra di ferro.


Il sigaro di Joe

Una caratteristica inconfondibile di Clint Eastwood è il sigaro che nervosamente passa da un lato all’altro della bocca.

Le curiosità legate agli attori e gli aneddoti che escono dai film dicono che l’attore di San Francisco odiasse proprio il sigaro e il fastidio procurato dalle esigenze di sceneggiatura: alla fine è scaturito un gesto non verbale diventato leggenda. Ho scelto proprio per la sua storicità cinematografica il sigaro e non il cappello o il poncho e l’ho ripreso sempre da Per un pugno dollari, pur essendo presente anche negli altri film e in altri firmati negli anni successivi sempre da Eastwood.

In questa porzione di post non aggiungo molto sul film se non ricordando la frase di Leone sull’attore prediletto (ricambiato)

Mi piace perché è un attore che ha solo due espressoni: una con il cappello e l’altra senza cappello

Per qualche dollaro in più, 1965, Sergio Leone (Fonte YouTube)

In questo caso il sigaro accompagna il duello contro gli uomini dei Baxter e serve a Joe per farsi notare da don Benito Rojo. Dopo aver parlato con Silvanito, l’unico amico che trova in paese, informa Piripero, il vecchio becchino, che serviranno tre bare.

Se prima del duello si rivolge agli avversari con:

Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Ha subito l’impressione che si rida di lui. Ma se mi promettete di chiedergli scusa, con un paio di calci in bocca ve la caverete.

una volta uccisi informa Pirirpero che le tre bare non bastano

Ho detto quattro…


Lo specchio a mano di Mary

Il secondo film della trilogia, Per qualche dollaro in più, arriva nel 1965 e torna ancora l’accoppiata Eastwood, questa volta è il Monco, e Volonté nel ruolo di El Indio, per un’altra interpretazione magistrale del nostro attore.

A completare quella che sarà poi la sfida e la parte importante della storia c’è Lee Van Cleef, Il Colonnello Douglas Mortimer, che, quando venne scelto da Leone, stava attraversando un periodo difficile dal punto di vista personale e della carriera e, grazie al film, ebbe modo di ritrovare un nuovo rilancio.

Nel cast ritroviamo, come nella pellicola precedente, Mario Brega e due altri grandi attori: Luigi Pistilli e Klaus Kinski. In Qualche dollaro in più rientrano elementi classici: il fuorilegge spietato con problemi psicologici, il cacciatore di taglie (in realtà lo sono sia il Monco che il Colonnello (così chiamato perché ex ufficiale sudista), un pistolero che deve vendicarsi di una sorella, la banca da rapinare e il duello finale.

Nel film ci sono sempre citazioni entrate nella storia, come quella del Monco:

Quando devo sparare la sera prima vado a letto presto

e ci sono i due orologi ma aspettate il prossimo oggetto.

Per qualche dollaro in più, 1965, Sergio Leone (Fonte YouTube)

In questo spazio ho scelto lo specchio di Mary, che con il marito porta avanti uno dei due alberghi di El Paso; un ragazzo, Fernando, individua nel Monco un buon straniero da cui ottenere qualche soldo: si prodiga a esaudire la richiesta di fornire informazioni e gli consiglia l’albergo sottolineando che tra gli aspetti più interessanti rispetto all’altro è dato dalla presenza della procace moglie del proprietario: Mary, interpretata da Mara Krupp.

Ha marito?

chiede il Monco

Sì, ma è cornuto

risponde Fernando.

Il Monco pretenderà la stanza migliore cacciando il Signor Martinez dalla stessa ed entrerà subito nelle grazie della donna, che se lo mangia con gli occhi prendendosi della sporcacciona dal marito. In un momento successivo, mentre sta rientrando il fascinoso cliente, si controlla che sia tutto a posto utilizzando uno specchio a mano.

Per qualche dollaro in più, 1965, Sergio Leone (Fonte YouTube)


L’orologio da taschino del Colonnello Douglas Mortimer

Sempre Per qualche dollaro in più diventa protagonista con il secondo oggetto. Posso aggiungere che Eastwood è ancora doppiato, come nel film precedente, da Enrico Maria Salerno, Van Cleef da Emilio Cigoli e Volontè da Nando Gazzolo.

I due cacciatori di taglie hanno lo stesso obiettivo: uccidere El Indio; la rivalità finisce per essere un’alleanza non scritta perché, come accennato poco sopra, per il Colonnello Douglas Mortimer c’è una ragione in più: la morte per mano del fuorilegge della sorella; per questo ruolo breve ma di grande significato e centralità, Leone scelse Rosemarie Dexter, attrice inglese e di origini pakistane poi naturalizzata italiana e protagonista di alcuni film dopo l’esperienza con il Maestro.

Per qualche dollaro in più, 1965, Sergio Leone (Fonte YouTube)

Entrano in gioco due orologi, uno nel taschino del Colonnello e uno che conserva, dopo l’omicidio, Indio. Orologi che vengono guardati, che risuonano con il carillon sotto l’effetto della droga che usa il fuorilegge ricordando nelle sue visioni la donna e che scandirà con la sua musica il tempo del memorabile duello finale.

Quando il Colonnello, fermando con lo stivale il braccio di Indio, gli aprirà la mano per recuperare l’orologio a cipolla si vedrà la foto della sorella e arriverà la battuta del Monco

Beh, c’è aria di famiglia in quella foto

Per qualche dollaro in più, 1965, Sergio Leone (Fonte YouTube)


La bottiglia del Capitano Clinton

Il buono, il brutto, il cattivo  del 1966, che chiude la trilogia del dollaro, è entrato nella storia del cinema per il triello che non mi stanco mai di riguardare sia per il giro della macchina da presa, sia per il montaggio sempre più serrato e ovviamente per la colonna sonora di Ennio Morricone.

Sergio Leone “si tiene” sia Clint Eastwood sia Lee Van Cleef e li fa diventare uno Il Biondo, “il Buono”, giustiziere solitario che tanto piacerà sempre a Eastwood negli anni a venire, quando si metterà anche dietro la macchina da presa per numerose pellicole western, e affida a Van Cleef, il ruolo del sicario Sentenza, “il Cattivo”; Van Cleef ha la particolarità di avere una falange in meno nel dito medio della mano destra, che gli regala un elemento “vissuto” in più in questi film; ma la vera rivelazione è il terzo protagonista, il Brutto: Ely Wallach che con il suo Tuco, vigliacco, traditore ma anche con spunti comici, finisce con l’emergere rispetto agli altri. Non indugio oltre a raccontare il film ricordando solo Rada Rassimov nel ruolo di Maria, la prostituta, e Mario Brega, che nei panni del Sergente cattivo se la cava egregiamente.

Il “tesoro” da ritrovare e sotterrato in una tomba del cimitero è l’obiettivo rincorso da tutti e, giunti finalmente sul luogo la battuta sarà:

gli uomini si dividono in due categorie: quelli con la pistola carica e chi scava. Tu scavi.

Questo dirà Il Biondo a Tuco.

Tra le scene più ricordate vi sono quelle delle impiccagioni del fuorilegge Tuco, salvato all’ultimo dal Winchester del Biondo che taglia la corda del cappio; i due infatti fregano gli Sceriffi con una strategia semplice ma efficace: Il Biondo consegna Tuco, in quanto fuorilegge, i due, essendo complici, si dividono la taglia e poi scappano; il sodalizio non è proprio di grande accordo e non mancano feroci vendette di uno sull’altro.

Questi elementi si inseriscono nel vero evento centrale del film, la Guerra di Secessione, dando una scansione temporale abbastanza precisa alla narrazione: Leone racconta le brutture della guerra civile americana, portatrice di morte, torture dei prigionieri, battaglie sanguinose e si focalizza in particolare su quella per un anonimo ponte; da una parte gli Unionisti che lo vogliono far saltare e dall’altra i Confederali che lo vogliono attraversare.

Il buono, il brutto, il cattivo, 1966, Sergio Leone (Fonte YouTube)

E proprio nella scena del ponte, che Il Biondo e Tuco faranno saltare in aria fingendo di volersi arruolare tra i nordisti, compare il Capitano, Clinton Jackson (Bill Carson sospettato, dopo il cambio di nome, di essere chi ha fatto sparire il baule con i 200mila dollari delle paghe confederali) al comando del battaglione; a interpretarlo c’è Aldo Giuffré, perfetto in un ruolo di ufficiale perennemente ubriaco come unica condizione per sopportare la guerra; a doppiare l’attore c’è Pino Locchi, mentre Enrico Maria Salerno ed Emilio Cigoli vengono confermati per Eastwood e Van Cleef; per Wallach, invece, ci sarà l’indimenticabile voce di Carlo Romano che in quegli anni “era”, tra i tanti, Fernadel nella tonaca di Don Camillo.

E proprio dal Capitano ho recuperato l’oggetto: la bottiglia di whisky che accompagna le giornate che aiutano ad avere i sensi offuscati.

Il buono, il brutto, il cattivo, 1966, Sergio Leone (Fonte YouTube)

Difficile non ricordarsi che il film si chiude sull’urlo di Tuco dopo la frase al Biondo

Ehi, Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima putt…


L’armonica di… Armonica

Come detto nell’introduzione, Sergio Leone ha girato sette pellicole. Tolto il primo, Il colosso di Rodi del 1961, il genere storico/mitologico ribattezzato anche “i ciabattoni” sono seguite le due trilogie: la prima “del dollaro” e la seconda quella definita “della seconda frontiera americana”. In questa il primo è C’era una volta il West, il secondo è Giù la testa del 1971 e l’ultimo, forse quello considerato il capolavoro assoluto, C’era una volta l’America del 1984.

Gli ultimi due oggetti li ho scelti da C’era una volta il West: il cavaliere solitario è Charles Bronson, Armonica che torna per vendicarsi di Frank, interpretato da Henry Fonda, che è al soldo di di Morton, imprenditore che costruisce ferrovie e lo ingaggia per eliminare tutti gli ostacoli, soprattutto i proprietari dei terreni dove si posano i binari, che impediscono quindi la velocità dell’opera. Il cast è davvero stellare, perché oltre, per esempio, a Lionel Stander e Jason Robards, il fuorilegge Cheyenne, pesca a mani basse dagli attori taliani: Gabriele Ferzetti è Morton di cui parlerò dopo, Paolo Stoppa è un vecchio che guida un carro e Claudia Cardinale è Jill, l’unica donna rilevante nei western firmati da Leone; Cardinale aggiunge un’altra perla a un decennio straodinario dove, dal 1959, è stata in pellicole come I soliti ignoti, Audace colpo dei soliti ignoti, 8 1/2, Rocco e i suoi fratelli, La pantera rosa e Il Gattopardo.

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)

L’oggetto è l’armonica con la sua storia, che dal proprietario finisce nella bocca di un ragazzo che tiene sulle spalle un fratello appeso all’arco di mattoni e che risuonerà più volte nel film e finirà ancora nella bocca di Frank alla fine del duello finale, anche questo momento culminante e rivelatore del film che aggiunge la suggestione sempre della musica di Morricone.

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)


Le stampelle di Morton

Chiudo con il settimo e ultimo oggetto, come anticipato sempre da C’era una volta il West e che ci porta al sogno della frontiera da ragiungere e da unire, in questo caso con il treno che attraversa, da una costa all’altra, un Paese che nascendo. Il film ha avuto due aiuti registi e collaboratori alle sceneggiature che negli anni a venire sarebbero diventati dei grandissimi Maestri: Bernardo Bertolucci e Dario Argento, quest’ultimo ideatore e autore della scena iniziale della mosca che apre la pellicola scandita dal cigolio dell’insegna e dal ronzio dell’insetto in attesa dell’arrivo di Armonica.

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)

Se Armonica è il cavaliere solitario che arriva, raggiunge il proprio obiettivo/vendetta, potrebbe avere l’occasione di trovare un luogo dove fermarsi anche per una una donna di cui si è innamorato e che aiuta prima di ripartire; quella donna è Jill, che esce dal bordello di New Orleans e non sa di essere già vedova quando scende dal treno; ma è anche una donna forte, che resisterà alle minacce e anche a uno stupro e porterà avanti il progetto del marito McBain proprietario del piccolo appezzamento di Sweetwater; è la visione lungimirante di un uomo ucciso, insieme ai figli del precedente matrimonio, da Frank, il sicario ingaggiato da Morton, il magnate che sta costruendo la ferrovia. La fattoria e quel pezzo di terra da ottenere saranno destinati a diventare una stazione e una città in mezzo al deserto ma nel frattempo sarà luogo della resa dei conti tra Armonica e chi aveva ucciso il fratello.

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)

Morton, interpretato da Gabriele Ferzetti, ribatezzato da Cheyenne “Mister ciuff ciuff” guarda nel vagone/casa un quadro dell’oceano e ha paura di non riuscire ad arrivarci con il suo treno che percorre le rotaie man mano posate, perché l’invalidità che lo affligge lo sta uccidendo.

Il serrato confronto con Frank, uomo senza scrupoli, che cercherà di prenderne il posto, rappresenta uno dei momenti più intensi del film, come il momento del conflitto a fuoco nel vagone e nel quale il pistolero Cheyenne viene ferito da una pallottola che lentamente non gli concederà scampo.

C’era una volta il West, 1968, Sergio Leone (Fonte YouTube)

Morton si muove con un tutore che gli mantiene rigido il collo e due stampelle, che sono l’unico modo per muoversi con molta fatica: e sono proprio queste ultime che ho scelto come oggetti che chiudono il piccolo viaggio nei film di Leone.


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Tags: C'era una volta in America, Claudia Cardinale, Clint Eastwood, Ely Wallach, Film Wester, Gabriele Ferzetti, Gian Maria Volontè, il buono il brutto e il cattivo, Lee Van Cleef, orologio da tasca, Per qualche dollaro in più, Per un pugno di dollari, Sergio Leone, sigaro, specchio da mano, stampelle, Winchester

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