INVIDIA . Lector In Invidia
Miss mia cara miss
In 12 Gennaio 2017 da Attilia Patri DPIn Finlandia il momento doveva essere apparso più che giusto, giustissimo. E in effetti cosa ci poteva essere di meglio, il 7 gennaio, subito dopo la Befana, per convenzione donna brutta e vecchia, che indire il concorso di più bella del reame dove per reame si intende una delle repubbliche più a Nord d’Europa dove tutto, almeno da qui, sembra scorrere perfetto, preordinato, senza grossi scossoni, quasi algido per il clima, tra il chiaro e scuro per le poche ore di luce, con quei suoi confini così simili a sé fatti da Norvegia, Svezia, Russia, ulteriormente protesa in una penisola come un distaccamento verso un ancora più a Nord, più su, lontano, in cerca del Polo più che dell’Equatore, teste bionde, capelli lisci, occhi azzurro verdi immersi in una carnagione candida che il sole può arrossare ma non ambrare.
Un Paese a misura d’uomo ma anche di donna con un tasso di alfabetizzazione pari al 100% e che si colloca come uno degli Stati con il più alto indice di acquisto di libri e di quotidiani pro capite, con Università statali gratuite dove l’accesso degli studenti avviene tramite esame di selezione, alto standard sanitario con un sistema tra i più efficienti al mondo che garantisce un tasso minimo di mortalità infantile e una adeguata e capillare assistenza alle donne in stato interessante, un sistema economico altamente industrializzato e un reddito personale sovrapponibile a quello di Germania, Belgio, Regno Unito che assicura un tenore di vita alto e dove la percentuale di immigrati rappresenta solo il 2,5% della popolazione e per lo più è di origine europea.
Un Paese che, all’apparenza, basta a se stesso e non deve dimostrare niente a nessuno; il Paese del bengodi se si considera anche l’alta libertà di azione e di scelte di vita delle donne considerate da sempre tra le più emancipate ed autonome e da sempre consapevolmente libere da pregiudizi e con un preciso valore del sé. Quel sé legato indissolubilmente a quelle cromie somatiche, a quell’immagine di donna eterea, così simile alla confinante svedese sogno erotico dell’Italiano anni ’70: biondo, libero, bello e senza grosse implicazioni e complicazioni. Cromie somatiche particolari che fanno Popolo se non addirittura razza bianca a parte, al punto che verrebbe da pensare che il Nord Europa abbia una genetica a sé stante: il chiaro dominante. Pensi alla Finlandia e ti viene in mente Pamela Anderson non tanto per i film ma come punto di riferimento di bellezza femminile nell’ottica di Helsinki. Questo fino al 6 gennaio.
Fino al 6 gennaio. Poi un concorso di quelli che potremmo definire antiquati, fuori da un po’ dal valore donna oggi percepito, rimette in discussione canoni e certezze creando caos, opinione, o meglio, polemica in tempi dove ogni pretesto genera attaccabrighe, accapigliati e primordiale occasione del “purché ci sia da dire”, contestare, polemizzare. Concorso Miss Helsinki 2017 ha destabilizzato l’ordine della cosa giusta al posto giusto di Bauman e nello show che, per eccellenza, celebra la bellezza vince l’estetica della tristezza.
Il pomo della discordia, l’andiamo à la guerre, la scintilla scatenante è lei, Sephora Kaleba una ragazzina di diciannove anni per centosessantacinque centimetri di altezza, nera di pelle e di capelli, migrante nigeriana, colpevole involontaria con quella sua tipica fisionomia africana che di vichingo ha ben poco.
Nera (negra nei commenti più dispregiativi letti sul web) ha conquistato la giuria della kermesse finlandese aggiudicandosi l’ambita fascia indipendentemente dai canoni nordici di bellezza. Nera ha sconfitto le rivali bionde, alte, diafane e si è laureata Miss Helsinki dividendo l’opinione pubblica e moltiplicando la polemica e facendo scoppiare un dibattito che, con lo scorrere delle ore, si è incendiato e cosi, se da una parte c’era chi ha applaudito la scelta dei giudici dall’altra qualcuno ha puntato il dito contro la giuria stessa con accuse precise, pesanti e bollando la votazione come scandalosa, non rappresentativa della bellezza tipica del Paese e con valenza più politica che estetica. Sulla ribalta ci si aspettava un viso con occhi dall’aurora boreale ed è salita, invece, un’ondata di indignazione come del resto era avvenuto tre anni fa in occasione di Miss Mondo Italia 2014 quando, tra le finaliste, spuntò Chrisolythe Songo ragazza di colore che, nonostante fosse nata nel nostro Paese, fu vittima di vergognosi insulti sulla sua pagina Facebook. E ancora come nel 1996, sempre in Italia, quando era stata eletta Miss nazionale Denny Mendez nata a Santo Domingo e anche lei nera.
In Finlandia, a dire la verità, molti considerano la neoeletta nemmeno tutta questa gran bellezza e, dando libero sfogo nei forum, hanno sconfinato, come facilmente prevedibile, nel cafone. Basta far scorrere un po’ di commenti e ci si rende conto che Sephora non rientra per niente nelle corde di preferenza e di accettazione tanto che sui Social più di uno l’ha battezzata come “la più brutta Miss degli ultimi anni” e chi ha trovato nei suoi lineamenti marcati una somiglianza imbarazzante addirittura con Barak Obama considerandola come la sua versione femminile e sostenendo che fossero di gran lunga “meglio le altre concorrenti bianche”; chi ha paragonato la ragazza a un scimmia soprattutto per “il naso fuori misura alla Tyson” fino ad arrivare ad azzardare giudizi razzisti del tipo di quelli che Calderoli lanciò in direzione dell’ex ministra Kienge.
La Kaleba, insomma, dai giudizi espressi pare non aver niente in comune con il senso estetico della popolazione finlandese e neanche lontanamente sembra raggiungere il livello di gradimento di altre bellezze esotiche del calibro di Chanel Iman, Brya Myles, Oluchi Onweagba o della più matura ma sempre interessante Naomi Campbell che si sono imposte nelle passerelle internazionali per la loro indiscutibile avvenenza. Utilizzando il metro maschile del materassabile Sephora risulterebbe poco gettonabile.
La polemica tuttavia non si ferma solo sulla questione di scelta somatica ma investe a 360 gradi i giudici accusandoli di “aver dato il premio ad una ragazza oggettivamente meno bella delle altre solo per fare un favore ai benpensanti del buonismo e del multikulti”, quindi una vittoria all’insegna del multiculturalismo, della pace e dei bei nasi più che all’insegna dei tratti somatici tipici di una reginetta di bellezza e la sua elezione è apparsa ai più come un omaggio al politicamente corretto, a quella sorta di razzismo al contrario, a quel farsi prendere la mano da questa volontà di premiare a tutti i costi l’unica finalista con la pelle scura.
Una scelta che sembra più un obiettivo culturale da sbandierare e far passare come normale ma che in realtà è suonato, o sarebbe il caso di dire mondialmente rimbalzato, come forzato, stonato, falso. La baruffa estetica, in realtà, a questo punto, è passata in secondo piano rispetto ad una polemica a più ampio respiro dal momento che, anche in questi tipi di concorso, c’è chi ha visto manovre a fini politici, manipolazioni del pensiero e creazione di consenso generale. Per i commentatori del forum Stormfront a vincere è stato “un complesso di colpa” e ogni giudice che ha votato per lei “merita la punizione tradizionale dei traditori”. Il problema non è più tanto se la nuova Miss Helsinki rappresenti la Bellezza ma se non rappresenti piuttosto la Finlandia e una certa smania di “soddisfare la dittatura terzomondista politically-correct”.
Certo non si può credere che una donna originaria dell’Africa (o della Cina) possa rappresentare la tipica bellezza finnica solo perché ha preso la cittadinanza nel Paese: è questione di logica e non di razzismo o xenofobia. A questo punto, in tempi di globalizzazione, e se proprio si vuole continuare con questi generi di concorsi tanto varrebbe indire solo Miss Mondo oppure a livello locale sarebbe auspicabile, per la prossima volta, attenersi alla regoletta mogli, buoi e miss dei paesi tuoi per evitare complicazioni inutili in già non sempre facili equilibri anche se ci piacerebbe seguire il suggerimento di Zygmunt Bauman quando dice: “Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità”.
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