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Come una Sfinge o un Gamajun
In 14 Dicembre 2020 da Debora BorgognoniThe Crown - Elizabeth calls Edward scene "Like a sphinx or Gamayun"
Un ex re che ha abdicato per amore (il duca di Winsor, qui interpretato da Alex Jennings), una regina (Elisabetta II – Claire Foy) che non sa ancora bene condurre giochi politici. E alle loro spalle, rispettivamente, un fratello e una sorella, il primo diventato re per merito o colpa di chi ne aveva diritto (Re Giorgio VI), e la seconda che sarà a vita principessa e che, a vita, ne soffrirà il complesso di inferiorità (principessa Margaret).
Ex re per volontà, prematura regina per caso. Re fratello per caso, sorella ribelle e ambiziosa senza corona.
La serie tv The Crown, oggi tra le top ten Netflix in Italia, ripercorre la vita della casa reale inglese dalla malattia di Re Giorgio VI, padre dell’attuale Regina Elisabetta II, ai giorni nostri, in una delicata e discreta soggettiva che porta lo spettatore a conoscere, soprattutto, le angosce trasferite con il titolo reale. Il peso della corona.
Sono due anni che Elisabetta è salita al trono. Intorno a sé, le persone che ama non accettano fino in fondo il suo potere. E forse persino lei ne prende coscienza con troppa lentezza. Il marito, il principe Filippo (nelle prime due stagioni interpretato da Matt Smith), teme di essere il burattino del popolo inglese; la madre, Elizabeth Angela Marguerite Bowes-Lyon, non riesce a capire che la contemporaneità imperniata di divismo ha cambiato irrimediabilmente le scelte della monarchia; la sorella, la principessa Margaret, è una giovane donna irrequieta, che non sa stare un passo indietro la regina. E così, uno stuolo di consiglieri cercano di interferire con gli affari di stato, e vecchi e nuovi conti in sospeso si affacciano per aggiungere insicurezza in una ragazza che non ha certo ricevuto la corona dalle mani di dio, come il popolo e la storia della monarchia vogliono credere.
E cos’è una regina, se non è un dono di dio? Un obbligo che sa di vecchio, un affare di tutti fuorché di chi ne fa le spese, un inganno travestito di onore. È essere Sfinge o Gamajun.
Nel monologo dello zio, il duca di Windsor, che nasconde le lacrime per un ruolo che ha rifiutato ma che in fondo ha lasciato in lui un senso di vuoto, c’è tutto il senso del melodramma aristocratico. Vestito di frac nel bel mezzo di una festa nella lussuosa dimora di esule in Francia, e con il tono del perfetto witty man inglese, il dolore viene descritto con metafore antiche, quelle di un tempo che sta sfuggendo, di un mondo che pian piano si sgretola. Dentro e fuori.
Sei metà sorella e metà regina. Una strana creatura ibrida. Come una Sfinge o un Gamajun. Come io sono Ganesha o il Minotauro. Siamo persone spezzate, fuoriuscite dalle pagine di una bizzarra mitologia, con due entità che vivono in noi, l’essere umano e la corona, invischiati in una terribile guerra intestina, che non ha mai fine, e che abbruttisce ogni nostro afflato umano in quanto fratelli, mariti, sorelle, mogli, madri.
Capisco bene l’angoscia che provi ora, e ti posso dire per certo che non ti lascerà mai. Io sarò per sempre un mezzo re; il mio dramma è che non ho un regno.
Tu ce l’hai invece, ed è tuo dovere proteggerlo.
Ora alla quarta stagione, la serie tv diretta da Peter Morgan è stata mandata in onda per la prima volta nel 2016. È un prodotto di Left Bank Pictures e Sony Pictures Tevision per Netflix.
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