Appunti di viaggio . IRA
Un Luna Park di emozioni
In 9 Giugno 2023 da Matteo Rosiello - Matt Ross«Sulla strada di casa, non mi sembra vero».
Erano le cinque del pomeriggio e in quel giorno di giugno il cielo era come marezzato. Sprazzi di azzurro in una tela di nuvole multiformi. Afoso quanto bastava da volersi gettare in una fontana o da sognare la riviera e la frescura di un bel bagno in mare.
«Ti ho incontrata per caso, ma nel caso non credo».
Camminavano mano nella mano, ricordando quei primi momenti. L’incontro e Ale a fare da tramite. Lui al tempo portava un paio di bermuda e una camiciona hawaiana a fiori. I capelli erano più lunghi e l’elastico dei boxer era visibile.
«Quante cose da dire, l’importante è capire».
Lei, un jeans a vita bassa e una camicetta di cotone leggero. La coda con l’elastico e la borsetta con dentro l’essenziale. L’aveva comprata in un negozio del quartiere, perché all’epoca non esistevano ancora i grandi centri commerciali.
«Se vieni tu da me o vengo io da te».
Ale era andato a prenderli quasi a sorpresa con la sua Fiat Panda Bianca. Riportava ancora la vecchia tipologia di targa, quella con la provincia come prime lettere, per intendersi.
Si presentò prima da Lui, rigorosamente con i finestrini abbassati a manovella e il braccio “d’ordinanza” fuori. Poi da Lei, percorrendo la strada ombreggiata da altissimi pini e con uno spartitraffico diviso da grandi cespugli di oleandri in fiore. Ale li presentò.
«È solo un gioco che dura troppo poco».
Parcheggiarono in un grande piazzale circondato da uffici, che oltre alle strisce per gli stalli delle auto non aveva nulla, se non grigi pali della luce, che la notte davano un chiarore aranciato grazie alle lampadine a incandescenza.
«È solo un gioco che dura troppo poco».
Entrarono dall’ingresso che dava sul Trenino fantasma. Un piccolo ottovolante per giovani e non, che con le sue ambientazioni faceva comunque divertire. Gli scivoli a onde erano proprio vicini e visti da sotto sembravano infiniti!
«Il tempo di una foto, scherziamo con il fuoco».
Lui tirò fuori dalla tasca la vecchia Kodak, formato 4:3, con rullini da 127 mm, che il papà gli aveva regalato qualche anno prima. Si posizionarono davanti alle vecchie Montagne russe e chiesero a un ragazzo che passava di lì con la comitiva di amici se potesse scattare una foto. L’orario era quello ottimale, il tramonto: luce calda, emozionale, da ricordare. Di sicuro col buio non avrebbero potuto più immortalare la giornata, poiché non c’era un flash integrato nella macchinetta fotografica.
«Bailando el toro loco».
Il ragazzo caricò la pellicola. “Tric”, “track”, “clack”. Tutto pronto. I tre sorrisero: “cheese”! “Click”. Solo in quel momento notarono i jeans a vita bassa, la canottiera e i sandali di Ale. Scoppiarono a ridere fragorosamente. L’ottovolante passò sfrecciando vicino ai tre, ma le risate non vennero coperte dallo sferragliare del convoglio.
Arrivò un odore improvviso. Dolce. Vicino c’era il carretto dello zucchero filato. Ne presero uno a testa, certi che tutto quel volume non li avrebbe mai riempiti. Così, appagati ma non sazi, si diressero verso il Tagadà. Che turbinio di gente! Quando scesero, le gambe sembravano di pastafrolla. Si sedettero su una panchina.
«Chissà se dopo tu vieni qui da me».
Lui era vicino a Lei. Poteva sentirne il profumo, per la prima volta. Lei, un po’ timida, si ritraeva. Ma sapeva benissimo il perché: quel ragazzo conosciuto poche ore prima la imbarazzava per le attenzioni che le dava. E al tempo stesso le faceva molto piacere.
Le scarpe da ginnastica che entrambi indossavano si sfioravano sul pavè del luna park.
Ripresero il cammino, direzione Casa dei fantasmi. I carrelli potevano portare fino a tre persone, così salirono tutti insieme. Tra un lampo, un tuono, grida improvvise, clangore di catene e fiamme infernali il giro durò pochi minuti. Una volta finito, si accorsero che si erano stretti, quasi abbracciati, per farsi coraggio. Stavolta risero, ma per alleggerire la tensione.
«Vedrai che il cielo non ci trova».
Osservavano divertiti le persone che si sedevano su una specie di fionda umana. Dalla forma di un enorme rasoio, stavano sedute e si facevano rivoltare come in un enorme girarrosto. Destra, sinistra, in alto, in basso, a testa in giù. No, non faceva per loro! Ripiegarono sul più tranquillo Brucomela, più a ricordare l’infanzia che per altro, accompagnando il giro con la solita frase che poi, altro che per bambini! A un certo punto, fa quella curva veloce… Un disperato tentativo di sentirsi più coraggiosi di quanto non fossero davvero!
«Facciamo tardi questa sera».
Un’ultima giostra prima di cena, concordarono. Quindi qualcosa di movimentato prima di riempire lo stomaco a forza di panini, chips e bevande gassate. E vada per il Galeone dei Pirati! Si sedettero sempre in fila. Ale, Lui, Lei. La musica da discoteca proveniente da ogni direzione. Poi una sirena e si sentirono trascinati verso l’alto, col viso in giù. Poi verso il basso. Poi ancora più in alto, ma stavolta guardando verso il cielo. Le prime stelle cominciavano a fare capolino e man mano che il tempo passava, il galeone dondolava sempre di più e loro avevano l’impressione di poterle toccare con un dito. Il cuore batteva forte.
«Siamo soltanto noi due».
La pausa per la cena arrivava proprio nel momento in cui gli stomaci dovevano riprendere il loro posto nell’addome. Così un po’ di peso e di gravità poteva di sicuro aiutarli. Lui prese un cheeseburger, Ale un hamburger, Lei un hot dog. Tutti accompagnarono con abbondanti e oleose patatine fritte, annaffiando di gusto con bevande zuccherine. Coca Cola, Fanta e Sprite andavano per la maggiore.
Qualche chiacchiera e… via!
«Perché ogni notte inizia con te».
Il labirinto degli specchi sembrava fatto apposta per… incontrarsi! Lei ne approfittò per mettere da parte un po’ di riservatezza. Con la sua solita eleganza e un finto candore, ormai palese anche a Lui, cercava scontri fortuiti, dando la colpa a vetri, cristalli e riflessi. E ad ogni incrocio, ridevano come matti.
«Non riesco a nasconderti che».
Le Macchine a scontro proseguirono quanto iniziato nell’attrazione precedente. Sembravano non esserci più dubbi. Così, mentre Ale era alla ricerca del colpo perfetto, il vero colpo lo mettevano a segno i suoi due amici, con sguardi divertiti che ricercavano attenzioni… ogni qualvolta un ragazzino combinaguai li faceva allontanare a forza di urti e tamponamenti conditi da rigorose rincorse di metri e metri.
«Quando ci penso poi mi manca l’aria».
La serata sembrava volgere al termine. I tre si fermarono a comprare una busta enorme di caramelle, che sgranocchiarono lungo il percorso di ritorno verso la macchina. Stavano per uscire dal Parco, quando una voce all’altoparlante annunciò: Ultimo giro per la ruota panoramica. Si guardarono. Ale soffriva di vertigini e con un sonoro No continuò il percorso verso la macchina. Gli altri due “amici” fecero una corsa a perdifiato per arrivare in tempo all’ultima partenza della giostra. Presero i ticket e l’ultimissima cabina disponibile.
«È caramello, non è cioccolata».
Da lassù il mondo sembrava fermarsi. Si udiva appena in lontananza la musica in basso e la città regalava una vista unica, con migliaia di lucine a fare da tappeto all’amore appena sbocciato. Stretti nel fresco della notte, il tempo era immobile. E dalla loro. Avevano tempo, amore e la città. Avevano l’eternità.
P.s.: avete capito di quale Luna Park si parla nel racconto?
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