IRA . Lettere dall'Ira
Decisioni sulla tazza del cesso
In 1 Luglio 2022 da Chiara MenardoSto seduta sulla tazza del cesso. La tendina a fiori si muove appena, è una bella giornata, lì fuori.
Accendo una sigaretta, aspiro, mi guardo le punte dei piedi, le unghie dipinte di rosso, il tatuaggio scuro del colibrì sulla caviglia sinistra.
Lo so che non dovrei fumare, ma non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. Il linoleum verde è così liso che si vede il pavimento di legno di sotto. È liso anche il legno.
Aspiro un’altra boccata, mi guardo le dita mangiate della mano sinistra.
Lo so che è brutto che una ragazza si morda le unghie e le pellicine fino a farsi sanguinare, ma non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. Poso la sigaretta, prendo la lattina di birra, bevo. La tendina continua a muoversi, ci sono gli uccellini che cantano come se fossero un coro gospel. Che cazzo avranno da cantare, mi chiedo.
Lo so che non dovrei bere, che a sedici anni non ho l’età per comprare la birra, che sono solo le dieci di mattina, ma non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. Quella specie di matita di plastica bianca appoggiata sul bordo del lavandino no, non riesco a guardarla una seconda volta. Meglio concentrarmi sul linoleum pieno di buchi, sulla tenda a fiori, sulla polvere del cortile sul retro, sulle buste del seven eleven piene di pinzette, nastri, dentifrici usati a metà, ombretti sbriciolati, boccette di smalto, robacce varie ed eventuali.
Lo so che dovrei fare ordine, ma non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. Sbircio quella specie di matita di plastica bianca e i due segni rosa nel quadratino lì in mezzo. Rosa, capito? Che presa per i fondelli, usare il rosa. Il colore delle bambine: dal numero di quelle righette, passi in un istante da bimba ad adulta con un bimbo o una bimba dentro la pancia. Come le bambole russe.
Lo so che non si deve dire così, lo so che Dio, il pastore, il mondo non vuole, che non sta bene, che è brutto, ma non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. Io non lo voglio, quel coso che cresce qui dentro, io sono giovane, piccola, ho scuola. Come lo dico ai miei, che mio padre mi ammazza e mia madre comincia a piangere e urlare ed entro mezz’ora lo sa tutto il paese? Io non lo voglio, ho quindici anni e non sono pronta.
Lo so che il pastore dice che i figli sono un dono di Dio ma io questo regalo proprio non lo voglio, e non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso. E ora, che faccio? Lo dico a lui, che so già che se ne laverà le mani piagnucolando perché, hey, io a settembre devo tornare al college, che credi, che rinunci alla mia vita per te, per una sveltina sul sedile posteriore della macchina una sera di giugno?
Lo so che avremmo dovuto fare attenzione ma lui il gommino dice che non lo vuole, non rompetemi il cazzo, va bene?
Sto seduta sulla tazza del cesso, fumo e bevo birra mentre il coso dorme e mangia e fuma dentro di me, gli uccellini non la smettono di fare casino e le tende a fiori si muovono, mosse dal vento. Sto qui, seduta sulla tazza del cesso e mi chiedo come la risolvo, questa situazione.
Il pastore dice che le donne devono stare al loro posto, a gambe chiuse, ed essere umili, obbedire ai mariti. Dice che dio stesso glielo ha detto, alleluja il suo nome benedetto sempre sia lodato.
Mamma lo guarda sognante e annuisce, Amen, Sia fatta la volontà del Signore. E qui non parlo, non ne voglio parlare, non ci voglio nemmeno pensare. Papà in chiesa manco ci va, ma so che la pensa come il pastore, anche se a lui di Dio poco importa. Ma le ragazze devono tenere bassa la testa e chiuse le gambe, e se non lo accettano, beh… due sberloni, e poi altri due, e due ancora finché non perde il conto, rimetteranno a posto le cose.
Papà, tanto, non c’è mai, non è un gran problema. Tranne quando ritorna prima di litigare con mamma, pestarci come dei sacchi e andar via di nuovo per poi ritornare quando ha finito i soldi.
Seduta sulla tazza del cesso, scaccio la mamma e la sua canotta sformata, il culo a due piazze e le tette cadenti. Dice che prima di me era molto bella, che sono stata io a farla diventare un copertone molliccio.
Io non voglio finire così, con un moccioso attaccato alle tette a sedici anni. Ci è già passata lei e no, grazie mille. Io voglio qualcosa di più di un pavimento in linoleum scrostato che nasconde un pavimento di legno ancora più scrostato.
Ma ora che faccio? Un parassita, un incidente, un coso che mangia e beve e fuma quello che io mangio, e bevo, e fumo. Non è me, non è mio, è solo successo. E se guardo avanti, a cinque anni da ora, mi vedo al college, col culo che mi sto facendo per tirare a una borsa di studio. E se guardo ancora più avanti, a dieci anni, mi vedo con il tocco e la toga alla laurea, con mamma in prima fila, sformata ma bella, vestita da festa che applaude sua figlia che stringe quel pezzo di carta che lei non ha potuto prendere per…
Me.
E se guardo avanti di certo non mi vedo sformata, arrabbiata e piena di amarezza per aver messo al mondo una figlia che non ho mai voluto ma che mi sono trovata tra le braccia a sedici anni. Non mi vedo a servire clienti in una puzzolente tavola calda o a inscatolare gamberetti per tirare avanti una vita scrostata e diversa da tutto quello che ho progettato perché nessuno ti aiuta. Nessuno.
Io non sono mia madre, non sono lei, e non la ringrazio per avermi messo al mondo. Non la ringrazio per essersi rovinata la vita, come ripete ogni singolo giorno che arriva a casa e appoggia due buste di spesa sul bancone macchiato passato sotto chissà quante mani. Lei non la voleva, questa vita. Amen, sorella, sia benedetto il nome del Signore.
Di ospedale nemmeno a parlarne. Non è possibile, non si può più: mi hanno tolto il mio corpo, non è mio ma non è neanche di dio o di chi non ha messo il gommino perché ehi, che vuoi che succeda? Mi levo in tempo, sto stronzo.
Mi hanno tolto il mio corpo. Non è più mio, ma non so di chi sia. Bell’affare.
Pastiglie sul web? Quanto costa? Quanti soldi ho da parte? Dicono che la vecchia giù al lago una volta risolvesse i problemi con il prezzemolo e un attaccapanni. Magari lo fa ancora, devo informarmi.
Sto seduta sulla tazza del cesso. E non rompetemi il cazzo, va bene?
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