IRA . Racconti da Kepler
In compagnia di Pierre-François Xavier Bouchard
In 15 Luglio 2016 da Il ViaggiatoreUn spedizione storica in un momento altrettanto storico. Si combatte dallo scorso anno e lo si farà per altri due. Sono in Egitto in mezzo ai francesi impegnati contro l’esercito Mammelucco e aquello inglese durante la campagna dal 1798 al 1801. Qui si gioca una parte dell’assetto politico strategico del nuovo secolo in Europa e l’equilibrio nei vari imperi coloniali. Napoleone Bonaporte tra poco ripartirà per la Francia, perché chiamato a risolvere la situazione delicata del potere a Parigi e cederà il comando al Generale Jean-Baptiste Kléber. Alla fine sarà una disfatta ma questo 15 luglio 1799 per la cultura sarà invece un evento fondamentale.
Napoleone è risaputo, figura interessante lo ammetto e di cui ho letto molto, ha sempre pensato in grande e anche questa volta non era stato da meno: come aveva confidato al suo Segretario Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne «L’Europa non è altro che una trappola per topi. Qui tutto si logora. Bisogna andare in Oriente: tutte le grandi glorie provengono da là». E così ai 40.000 uomini e alle navi aveva pensato anche di portarsi al seguito scienziati e archeologi per studiare e se possibile prelevare reperti storici da portare in Patria, con una pratica molto diffusa e che, se non erro, finisce sotto l’espressione di bottino di guerra.
Non sono molto lontano dal delta del Nilo. Il fiume è davvero imponente e lo vedo scorrere alla mia destra. Il mar Mediterraneo disterà una trentina di chilometri. Il sole picchia forte, direi che i 30 gradi sono ampiamente superati. I soldati stanno lavorando alla fortificazione della città e del porto: Rashid è da secoli fiorente e al centro dei commerci. Rashid ho scritto, in realtà la città in Occidente è più conosciuta come Rosetta: questa città ha più o meno mille anni ed è stato ricostruita sulle rovine di un’altra più antica. Si respira culla di civiltà, che forse non vuole forse riposare in pace ma che in questi anni si vuole conoscere: sapere da dove si arriva è sempre un modo per conoscersi.
L’accampamento che fa da quartier generale è sotto il comando del generale Jacques de Menou. Pierre-François Xavier Bouchard è uno degli ufficiali che ne fanno le veci. Bouchard è di Orgelet, un piccolo paese della Franche-Comté. Ha ventotto anni e indossa i gradi di Capitano. Non arriva al metro e ottanta e ha occhi e capelli scuri. So che si è sposato con Marie Élisabeth Bergere prima di partire e con cui avrà due figli. Ogni tanto parla di lei al suo aiutante. Lo trovo sicuro di sè, impartisce ordini guardando spesso la cartina malgrado la sensazione di immobilità sia più di una percezione: il suo compito è importante quanto la sua ambizione. Si è distinto nella campagna del Belgio ed è qui sotto il comando del generale Jacques de Menou. Napoleone ha ordinato il compito di rafforzare le difese del vecchio Borg di Rashid (ma lo hanno ribattezzato Fort Julien) ed è tra gli ufficiali determinatissimi a obbedire: non sa cosa sta per vivere e di quale compito verrà investito. In Egitto ci rimarrà fino al 1801 e avrà una vita avventurosa sempre tra le fila dell’esercito: andrà a Santo Domingo e nelle Antille francesi; combatterà in Portogallo e sarà fatto prigioniero dagli inglesi. Sarà a Waterloo e per le sue posizioni filo napoleoniche si vedrà persino ridotta la paga per essere poi riabilitato. Morirà nel 1832 nella sua città natale con il vitalizio spettante ai militari che hanno raggiunto i trentanni di carriera. La sua biografia è rintracciabile più che altro per la scoperta di oggi, perché altrimenti sarebbe stato uno dei tanti ufficiali dimenticati dalla storia pur essendone stato un attivo protagonista.
Io sono qui mescolato tra gli uomini dell’accampamento che si dividono tra la guardia e gli altri compiti dei soldati: ho una divisa blu scuro a code lunghe. Il colletto è rosso con risvolti bianchi. I bottoni hanno il fascio con la scritta Republique Française. I pantaloni e il panciotto sono bianchi. Il cappello è il bicorno con la coccarda tricolore e il pompom bianco e rosso. Sul fianco sinistro ho il briquet, una splendente sciabola corta. Gli stivali neri arrivano fino al ginocchio. Non posso dire che un abbigliamento così sia confortevole ma il buon cronista si deve adeguare. La vita è dura per tutti.
Un urlo si alza tra chi scava e un soldato corre proprio verso il Capitano Bouchard: afferma che si sono dovuti bloccare perché si sono trovati sotto i piedi del basalto. Hanno spostato la sabbia e sembrano esserci delle incisioni. Il Capitano corre e qualche uomo lo accompagna e io non posso non esserci. L’emozione è tanta: Bouchard ferma gli scavi: è stata ritrovata la stele di Rosetta.
Bouchard avvertirà de Menou e Napoleone deciderà che sarà proprio il Capitano a occuparsi del recupero di questa stele o di quello che è rimasto che pesa ben 760 chilogrammi con una dimensione di 114 cm di altezza, 72 di larghezza e 27 di profondità. Una volta ripulita verrà spedita ad Alessandria d’Egitto che dista da
qui oltre sessanta chilometri e lì cominceranno gli studi. La stele sarà oggetto del contendere tra inglesi e francesi proprio al termine della campagna d’Egitto persa dai secondi e malgrado il tentativo di occultarla. Sarà Jean François Champollion, considerato il padre dell’egittologia a dare il primo grande contributo alla decifrazione e alla ricostruzione dei tre alfabeti incisi. Non aggiungo molto e mi defilo guardando ancora una volta Bouchard emozionato e stupito di quanto sta intuebdo sotto ai suoi piedi. Sulla stele non aggiungo altro, so che è nella sala 4 del British Museum di Londra: ci andrò molto presto: prima volevo vederla sul luogo originale.
Alla prossima!
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